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 2013  novembre 04 Lunedì calendario

FESTA PER 50 MILA NELLA CITTÀ BLINDATA NEW YORK RITROVA LA SUA MARATONA


DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — «La maratona di New York è tornata», urlano nei microfoni i cronisti televisivi nell’istante in cui il kenyano Geoffrey Mutai taglia in 2.08’24 il traguardo di Central park. Cancellata l’edizione dello scorso anno per i danni provocati dalla supertempesta Sandy, la gran fondo più famosa del mondo percorre di nuovo le strade della grande mela, ma le ritrova blindate dalla Polizia dopo l’attentato che il 15 aprile 2013 uccise tre persone ferendone oltre 260 nella maratona di Boston.
Alla vigilia gli organizzatori prevedevano 45/48mila atleti, qualcuno meno a poche ore dallo start quando la temperatura crolla di una decina di gradi rispetto a sabato e un vento gelido da nord spazza la città. Invece tutti vogliono esserci nella corsa della speranza e della rivincita contro il terrorismo, interno o internazionale che sia: un record di 50.740 atleti fremono di fronte al cannone che dà lo start.
Quella che attraversa i cinque quartieri di New York è la maratona con le misure di sicurezza più imponenti della storia. La polizia ha schierato migliaia di agenti e telecamere in ogni angolo del percorso. Alcuni, in assetto di guerra con fucili automatici, scrutano i passanti mentre gli elicotteri volteggiano in cielo e decine di imbarcazioni e sommozzatori setacciano le acque dell’isola di Manhattan. Gli spettatori che vogliono assistere dietro le transenne vengono invitati ad aprire borse e zaini, sottoposti al metal detector e talvolta perquisiti. A Central Park le misure aumentano. Ogni cento metri un passaggio obbligato dove i controlli vengono ripetuti, fino alla zona del traguardo: qui passa solo chi è in possesso di un pass distribuito dall’organizzazione. Nessuno sbuffa. «Siamo abituati. Ne va della sicurezza del Paese» dice una ragazza sui vent’anni. È della classe agiata, abita in uno dei grattacieli che danno sul parco. «Stamattina per uscire ho dovuto mostrare la carta d’identità», racconta.
Forse per il freddo e la pioggia gelida e intermittente molti dei titolari di pass che avrebbero dovuto applaudire i vincitori, a pochi minuti dall’arrivo dei primi atleti, non si fanno vedere. Quando gli organizzatori si rendono conto che le tribune sono per due terzi vuote e che le riprese tv rischiano di consegnare al mondo l’immagine di una città impaurita o, peggio, disinteressata, si corre ai ripari: quelli che sono rimasti fuori senza pass vengono selezionati a vista, «tu sì, tu no», intruppati in plotoni da dieci, fatti marciare fino alle tribune e quindi agli spalti. Lì possono guardare, applaudire, fare foto, ma nient’altro tranne che uscire da dove sono entrati.
La figura di Mutai, primo al traguardo anche nel 2011, appare sugli schermi giganti mentre percorre il viale di Central park. È il segnale che la gara dei top runner sta per finire e per la polizia è anche il momento che una dozzina di cani antiesplosivo annusino l’intera zona. Perché se qualcuno vuole fare qualcosa, è questo il momento in cui muoversi. Per fortuna tutto fila liscio.
Mutai, che ieri ha vinto 100 mila dollari, è il primo atleta a ripetersi a New York dopo il connazionale John Kagwe, che vinse nel 1997 e ‘98. Tra le donne vince in 2.25’07 la keniana Priscah Jeptoo (terza doppietta del Paese africano), prima azzurra Valeria Straneo 2.28’22, che si piazza quinta. Ma la Jeptoo sul podio porta un pezzo d’Italia. È la decima atleta che vince dopo essere stata preparata dal dottor Gabriele Rosa, che ha seguito anche i 20 ragazzi di San Patrignano che hanno partecipato alla maratona.