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 2013  novembre 04 Lunedì calendario

ALBERGHI E 30 MILA EURO IN CENE SI DIMETTE IL CAPOGRUPPO DEL PD


BOLOGNA — Cade la prima testa in quella da molti già ribattezzata «la grande abbuffata all’emiliana»: girandola di rimborsi, che definire «disinvolti» forse è poco, tra cene, hotel, qualche vestito, libri e perfino un gioiello comprato da Tiffany. Una bufera che squassa una delle Regioni «virtuose» per antonomasia, l’Emilia Romagna, dopo che la Procura della Repubblica ha indagato per peculato tutti i 9 capigruppo (dal Pd al Pdl, da Sel alla Lega, fino ai Cinque Stelle) dell’assemblea regionale.
Ad uscire di scena, rassegnando ieri sera le dimissioni, è Marco Monari, 52 anni, capogruppo in Regione del Pd, di cui è stato uno dei fondatori a livello regionale dopo una lunga militanza ai vertici della Margherita. Monari, che si è sfilato dalla carica di capogruppo, ma non da quella di consigliere regionale, sin dai primi momenti dell’inchiesta condotta dalla Finanza e poi sfociata nell’inchiesta della Procura sulla gestione dei rimborsi in Regione tra il giugno 2010 e il dicembre 2011, si è trovato in prima fila, esposto a tutti gli spifferi. A lui, stando a quanto emerso finora, vengono attribuiti rimborsi pari a 30 mila euro in 19 mesi per cene da 200 euro a testa in lussuosi locali di Bologna, e non solo. Tra i rimborsi chiesti dal capogruppo pd vi sarebbero anche alcuni pranzi per beneficenza. E, dato emerso negli ultimi due giorni, pure un soggiorno a Venezia: 2 notti in hotel per un totale di 1.100 euro (circostanza smentita perentoriamente dall’interessato, che non ha però chiarito chi avrebbe allora presentato il rimborso).
Monari, politico navigato, ha cercato fino all’ultimo di tenere duro, giurando di essere a posto «con la coscienza e con il diritto: non sono uno scialacquatore» e denunciando contro di lui «una gogna mediatica». Poi, incalzato dalla rabbia della base, che ha preso d’assalto a colpi di mail e fax la sede bolognese del Pd, ha cominciato a vacillare, prima dicendosi «pronto a un passo indietro», poi facendo slittare la decisione in un tempo indefinito («Prima voglio capire quali eventuali addebiti mi vengono contestati dai magistrati»).
Ieri sera invece, dopo che lo stesso sindaco di Bologna, Virginio Merola, lo aveva di fatto scaricato («Bisogna tener conto dello sdegno della base pd» le parole del primo cittadino), la resa: «In questa situazione — ha scritto Monari —, il rispetto che devo a me stesso, unito all’affetto per il Partito (la maiuscola è del capogruppo, ndr ) che ho contribuito a fondare, mi impone di lasciare immediatamente la guida del gruppo regionale». Un gesto, ha tenuto a sottolineare, che non intacca minimamente la sua linea difensiva: «Troppe dichiarazioni disinformate su indiscrezioni incontrollate mi convincono che il mio senso di responsabilità viene perfino interpretato come un tentativo di nascondere mie responsabilità personali che rivendico insussistenti».
Inchiesta in bilico tra indiscrezioni e sdegno popolare. I magistrati per ora non hanno notificato formalmente ai 9 capigruppo eventuali contestazioni sulla regolarità o meno dei rimborsi. Monari non è comunque solo in questa storia di spese «creative». Cene per circa 43 mila euro, con la carta di credito del gruppo, risultano rimborsate al capogruppo pdl Luigi Giuseppe Villani (arrestato nel 2013 a Parma per corruzione). E se si allarga il tiro a tutti i consiglieri regionali, si supera il mezzo milione di euro. Solo di cene.