Mario Baudino, La Stampa 4/11/2013, 4 novembre 2013
E GIULIO EINAUDI MISE LA FORCHETTA NEL PIATTO DI MANGANELLI
Il sottotitolo suona un po’ nostalgico, ma gli Incontri con uomini di qualità che Guido Davico Bonino manda in libreria per Il Saggiatore (pp. 387, € 23) non sono soltanto un’elegia di un passato perduto. Gli «editori e scrittori di un’epoca che non c’è più» rappresentano semmai delle eredità, dei valori, una ricchezza che non può essere tolta. Sono i maestri, i fratelli maggiori, gli amici conosciuti e frequentati fra il 1961 e il 1977, gli anni einaudiani dell’autore. Si va da Italo Calvino, il primo com’è ovvio, visto che fu lui ad assumere il giovanissimo Davico Bonino all’ufficio stampa della casa editrice, a Federico Zeri, passando per una folla di spiriti magni e talvolta bizzarri come Giorgio Manganelli o Gianfranco Contini.
Sono una folla, non solo italiana: Roland Barthes, Samuel Beckett, Bertolt Brecht, Ennio Flaiano, Oreste del Buono, Luigi Firpo, Elio Vittorini. A tutti un medaglione per fissarne il profilo in poche pagine, senza negarsi l’aneddoto. Delizioso Giorgio Manganelli che fugge dal ritiro montano dell’Einaudi senza dir nulla a nessuno perché l’editore gli ha assaggiato qualcosa dal piatto, a pranzo. O Gianfranco Contini, coltissimo nume del plurilinguismo, che agli esami universitari a Firenze boccia i malcapitati studenti pronunciando una sola parola: «Espungo». E a un cordiale Guido Piovene che lo saluta con un festoso «caro Contini, come sta?», sussurra (o forse sibila?) «trovo la domanda non pertinente».
Non è però questa la chiave di lettura del libro di Davico Bonino (già uscito anni fa per Garzanti, in una edizione che qui viene molto ampliata), benché ne rappresenti il filo di divertimento. I suoi «spiriti magni» grandi sono davvero, e lui ne è ben convinto. Allo stesso tempo, scavando nella memoria per raccontarli e per ricostruire il proprio rapporto con essi, disegna l’orizzonte di una società letteraria profondamente mutata, quella dei professori e degli editor implacabili, delle case editrici di cultura, di un mondo forse elitario fatto di grandi intellettuali e persone colte. Entrambe le categorie esistono anche oggi, ma in un contesto profondamente diverso. Misurare la distanza senza abbandonarsi alla nostalgia, ed è questo uno dei meriti di Davico Bonino, è uno strumento anche per comprendere il presente.