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 2013  novembre 04 Lunedì calendario

L’INCIDENTE STRADALE CHE UCCISE TUTANKHAMON


Il faraone Tutankhamon non è stato avvelenato, non è morto per malaria, né per necrosi dovuta a una frattura nel femore. Non è neppure stato colpito da una mazza alla base del cranio, come si pensava. E’ morto invece per l’equivalente di un incidente d’auto della XVIII dinastia: travolto da un carro, trainato al galoppo da due cavalli, mentre probabilmente si trovava inginocchiato a terra.
La nuova tesi sulle ragioni dell’improvvisa scomparsa, a un’età fra i 16 e i 19 anni, del più famoso dei faraoni, è sostenuta da un consistente gruppo di studiosi inglesi, che hanno applicato ai resti di Tut le moderne tecnologie forensi, le stesse che vengono usate per risolvere i delitti più intricati.
Il dottor Robert Connolly, un antropologo dell’Università di Liverpool che studia Tutankhamon da anni e ha partecipato nel 1968 all’esame ai raggi X della mummia, è l’unico esperto in possesso di un pezzetto della carne del faraone. Dopo averla studiata con un microscopio elettronico e sottoposta a esami chimici, è arrivato alla conclusione, condivisa anche da Chris Naunton della Egypt Exploration Society, che il corpo di Tut è stato bruciato a una temperatura di almeno 200 gradi. Ma questo non avrebbe nulla a che fare con la sua morte. La combustione sarebbe dovuta a un processo di imbalsamazione un po’ pasticciato, nel quale gli oli e le resine usate, miscelati all’ossigeno e al lino delle bende, hanno «cotto» la pelle del faraone dopo la sepoltura. Questo spiegherebbe le difficoltà incontrate da Howard Carter, che scoprì la tomba il 22 novembre del 1922, nell’estrarre il corpo dall’ultimo sarcofago: era così incollato dalle resine alle pareti che nemmeno un improvvisato riscaldamento a temperature molto elevate permise di rimuoverlo. Carter fu costretto a fare ricorso a leve e scalpelli, danneggiando non poco la mummia.
Scartata anche l’ipotesi di un incendio, il Cranfield Forensic Institute ha eseguito una accurata autopsia virtuale, utilizzando tutti gli elementi disponibili già raccolti nelle indagini precedenti. Come farebbe un medico legale agli ordini di un pubblico ministero, gli esperti dell’istituto hanno esaminato ogni centimetro del cadavere, scoprendo numerose lesioni concentrate su un solo lato del corpo, nel bacino e alle costole. I risultati dell’esame sono stati trasmessi a un altro gruppo di specialisti, che indagano un settore molto lontano dall’egittologia: studiano le ferite e i traumi causati dagli scontri automobilistici. Le analogie tra il quadri clinico di Tutankhamon e le conseguenze di un impatto con una massa lanciata a forte velocità sono risultate sorprendenti: il faraone è stato investito da qualcosa.
In tribunale, l’accusa potrebbe dunque sostenere la tesi dell’omicidio premeditato: qualcuno ha ucciso Tut investendolo con un carro. Ma la difesa avrebbe validi argomenti per l’omicidio colposo e potrebbe convincere la giuria che è caduto dal carro sul quale si trovava ed è stato travolto accidentalmente da quello che lo seguiva. Gli studiosi inglesi sembrano propendere per questa tesi, visto che affermano che il faraone è stato investito mentre si trovava inginocchiato e cercava probabilmente di rialzarsi.
Al museo del Cairo, tra i meravigliosi oggetti della tomba di Tut, ci sono due dei suoi carri. Non erano pesanti come quelli degli Ittiti o dei Siriani, ma leggeri e flessibili, in grado di «copiare» il terreno come fanno le auto da rally. Erano trainati da due cavalli, le ruote a quattro raggi avevano il diametro di un metro e su un predellino della stessa larghezza trovavano posto due persone, il conduttore e il combattente. Con i cavalli lanciati al galoppo, il carro egizio era la migliore spider a due posti secchi disponibile all’epoca, buono per combattere, ma anche per divertirsi.
Poiché, nonostante i 6 mila reperti trovati nella sua tomba, sappiamo molto poco di Tutankhamon, diventa ora lecito pensare che non sia morto in complicate congiure di palazzo o trame dei nemici, delle quali alla sua età doveva importargli ben poco. Forse, in quel giorno del 1323 a.C., ha semplicemente preso il carro ed è andato a fare una corsa contro i carri degli amici, come avviene ancora oggi il sabato sera. E spesso, purtroppo, con le stesse tragiche conseguenze.