Umberto Mancini, Il Messaggero 2/11/2013, 2 novembre 2013
ALITALIA, IN PISTA I CINESI DI HNA
IL CASO
ROMA Come il più classico dei gialli, il destino di Alitalia si deciderà solo all’ultimo istante, ovvero il 16 novembre, data in cui Air France dovrà scoprire la carte per la ricapitalizzazione. Sempre che non si vada ai tempi supplementari, magari con un clamoroso colpo di scena. Perché al momento scommettere su chi la spunterà sarebbe davvero un azzardo. I francesi, come noto, giocano al gatto con il topo. Non solo per mischiare le carte e confondere i potenziali rivali (da Etihad ai cinesi di Hna), ma anche perché c’è una profonda spaccatura nel board e all’interno dello stesso governo francese. Come dire che Alexandre de Juniac, il grande capo di Air France, deve fare i conti con i forti dubbi dell’Eliseo che prima di dare il via libera ha chiesto (e ottenuto) una serie di garanzie e imposto severe condizioni. Dall’azzeramento della quota detenuta in Alitalia, peraltro prevista dopo l’abbattimento dei valori con l’aumento di capitale, alla richiesta della due diligence per valutare i conti fino in fondo, a un piano industriale lacrime e sangue con migliaia di esuberi e l’azzeramento del debito. Tutto finalizzato s’intende a prendere il vettore italiano a prezzi da saldo. Non è detto che la manovra riesca, ma è evidente che i francesi stanno compiendo ogni mossa sulla scacchiere per renderla possibile. Sono consapevoli del resto che il tempo gioca a loro favore, anche se il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha fatto capire che il gioco di Parigi è fin troppo scoperto e che altre strade, qualora Air France mollasse la presa, sono percorribili.
I PRETENDENTI
Se Etihad resta il partner preferito (s’integrerebbe alla perfezione con il network della compagnia italiana e darebbe un grande slancio a Fiumicino), in queste ore sono tornati in pista i cinesi di Hna. A tenere i contatti è la banca d’affari Rothschild che ha intensificato il lavoro, inviando un corposo dossier sulle possibili sinergie. Inutile dire che l’interesse c’è ed è concreto. Prima di avviare un discorso operativo c’è però da superare uno scoglio diplomatico. I cinesi non hanno nessuna intenzione di fare uno sgarbo a Parigi e sono disposti ad entrare in campo solo a patto di diventare il partner industriale di riferimento. «Giudicano di difficile gestione - spiegano gli uomini di Rothschild - un accordo in cui Air France possa avere un ruolo preponderante». Insomma, vogliono avere mani libere. Sulla stessa linea, manco a dirlo, il vettore di Dubai, che ha il vantaggio, almeno sulla carta, di aver già incontrato il management di Alitalia, approfondendo il discorso sia sotto il profilo industriale che per quanto riguarda gli aspetti più operativi. Certo anche qui siano solo a livello di contatti informali, perché in questa fase così caotica nessuno vuole scoprirsi.
L’unica cosa certa è che sia Alitalia sia Poste sono al lavoro. La prima per mettere a punto il piano stand alone, la seconda per definire meglio le sinergie da 100 milioni.