Daniela De Crescenzo, Il Messaggero 2/11/2013, 2 novembre 2013
«PER OGNI FUSTO SOTTERRATO 500 MILA LIRE ALLA CAMORRA»
IL DOSSIER
NAPOLI La democrazia secondo Schiavone. In quella famosa audizione del 7 ottobre 1997 davanti alla Commissione ecomafie il collaboratore di giustizia spiegò tutto del clan. E si soffermò anche sui rapporti tra i Casalesi e la politica spiegando che i boss avevano avuto rapporti con diversi big. All’indomani della desecretazione dell’audizione di Schiavone, la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha affermato: «E’ impensabile che cittadini coinvolti come parte lesa in una situazione così grave per il loro futuro non abbiano possibilità di essere informati».
I COMUNI
L’attenzione dei camorristi, sostiene Schiavone nella sua audizione, si appuntava soprattutto sugli amministratori locali: «In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta (in realtà sono 104, ndr) noi facevamo i sindaci. Io, ad esempio, avevo la zona di Villa Literno e sono stato io a fare eleggere il sindaco. Prima il sindaco era socialista e noi eravamo democristiani. Dopo la guerra con i Bardellino.... ci avrebbe fatto piacere anche se fosse rimasto socialista, perché era la stessa cosa. Per esempio, a Frignano avevamo i comunisti. A noi importava non il colore ma solo i soldi». E i soldi, lo dimostrano diverse inchieste giudiziarie, non hanno colore politico. Anni dopo essere stato arrestato ed aver rotto i rapporti con il clan diventando collaboratore di giustizia, Schiavone ancora si diverte a ricordare gli episodi incredibili del passato: «A Villa Literno, che era di mia competenza, ho fatto io stesso l’amministrazione comunale. Abbiamo candidato determinate persone al di fuori di ogni sospetto. La sera li abbiamo riuniti e ne mancava uno. Ho detto loro: “Tu fai il sindaco, tu fai l’assessore” e via di questo passo. Mi hanno detto: “Ma manca un consigliere per avere la maggioranza”. Ho detto: “Andate a prendere Enrico Fabozzo e lo facciamo diventare democristiano”. Infatti lo facemmo assessore al personale. La sera era comunista e la mattina dopo diventò democristiano. È così che si facevano le amministrazioni». Fabozzo sarebbe Enrico Fabozzi il consigliere regionale del Pd accusato di aver fatto affari con i Casalesi. Arrestato, scarcerato, e tornato in consiglio in attesa che nei prossimi giorni il Tribunale della libertà decida se deve tornare in galera o può aspettare la sentenza in aula. Schiavone è stato uno dei testi a suo carico, ma dopo la deposizione l’avvocato di controparte ha depositato una memoria sottolineando quelle che a suo parere sono una serie di incongruenze, a cominciare dell’inesistente passaggio di Fabozzi nelle fila della Dc.
GLI ABUSI
Schiavone descrive una serie incredibile di abusi: dalle vasche destinate al commercio ittico e trasformate in discariche, all’esercito degli incensurati messo a guardia dei traffici, alle 500 mila lire per ogni fusto sotterrato, ai rapporti con Licio Gelli tenuti da Gaetano Cerci, parente di Bidognetti, e organizzatore della società Ecologia ’89 che i Casalesi utilizzavano per gestire le importazioni dei veleni. Ed elenca una serie di impianti gestiti dal clan: impianti che, bisogna ricordarlo, furono utilizzati durante l’emergenza rifiuti, nonostante fossero stati precedentemente dichiarati esauriti e in quell’epoca ci fossero già stati una serie di processi, nei quali aveva deposto anche il pentito. Infine ieri, in un’intervista tv, ha ammesso: «I clan inquinavano allora e lo fanno ancora».