Paolo Panerai, MilanoFinanza 2/11/2013, 2 novembre 2013
ORSI &TORI– Mi diceva Guido Carli quando parlavamo del miracolo economico degli anni 60 e dell’Oscar assegnato alla lira dal Financial Times: «La ricostruzione industriale post-bellica è stata poderosa, grazie alla spinta del piano Marshall e all’intraprendenza degli italiani, ma il boom non sarebbe stato tanto forte senza la straordinaria crescita del turismo
ORSI &TORI– Mi diceva Guido Carli quando parlavamo del miracolo economico degli anni 60 e dell’Oscar assegnato alla lira dal Financial Times: «La ricostruzione industriale post-bellica è stata poderosa, grazie alla spinta del piano Marshall e all’intraprendenza degli italiani, ma il boom non sarebbe stato tanto forte senza la straordinaria crescita del turismo. Del resto, l’Italia non è stata chiamata il Belpaese anche da grandi scrittori e grandi viaggiatori come Johann Wolfgang von Goethe?». Quando si trattava della cultura tedesca, Carli aveva sempre un sentimento di ammirazione avendo vissuto gli anni d’oro della Germania prima del nazismo. Ma al di là dell’enfasi con cui pronunciava il nome completo del grande scrittore, badava al sodo segnalando con le sue parole che l’Italia, non solo quella della grande ricostruzione post-bellica, non può crescere adeguatamente se non sfrutta il patrimonio enorme del Belpaese per attrarre turisti da tutto il mondo. Ho citato Carli per la sua sapienza economica e per ricordare agli economisti e ai politici di oggi che senza un forte recupero del turismo l’Italia non può crescere e quindi uscire dalla crisi profonda in cui si trova. E invece non c’è economista o politico che dedichi al tema del turismo l’attenzione fondamentale di cui c’è bisogno per recuperare il terreno perduto e per valorizzare tutta la parte di patrimonio che non è stato ancora valorizzato e che rappresenta la maggioranza di esso. Si pensi solo al Colosseo, che pure è il monumento più conosciuto al mondo. In pratica è ammirabile solo dall’esterno. Diego e Andrea Della Valle ci hanno messo tre anni per poter finanziare il suo restauro e ora si tratterà di vedere quanti ne passeranno perché il restauro venga compiuto. Inutile parlare del disastro di Pompei, perché viene da piangere. Ma il mondo intero vuole vedere, scoprire, ammirare ciò che solo l’Italia può offrire. I cinesi, che rappresenteranno la maggioranza assoluta dei turisti di tutto il mondo nei prossimi anni, arrivano in Italia e vogliono andare a vedere la Torre di Pisa che pende, ma se poi li si porta a Piazza Armerina, in Sicilia, per visitare la Villa romana del Casale, non credono ai loro occhi che già nel IV secolo dopo Cristo i romani avessero raggiunto il grado di civiltà e di raffinatezza che la villa dimostra: tre piscine, una per nuotare, una per raffreddare la temperatura del corpo, l’altra per riscaldarsi; la stanza dell’amore e tutte le altre sale e saloni ricoperti di straordinari mosaici da cui si capisce, per esempio, come arrivavano a Roma gli animali africani per gli spettacoli del circo; o come avvenisse la caccia ai cinghiali o ai cervi... Racconta Diego Della Valle da New York: «Ho incontrato il ceo della banca Allen & Company, quella che organizza la conference di Sun Valley dove ogni luglio arrivano i maggiori investitori al mondo. L’Italia non ha le condizioni per ora per attrarre investimenti consistenti, ma il banchiere mi ha confidato di voler venire in vacanza in Italia a Natale...». Il ceo di Allen & Company probabilmente arriverà con un volo privato, ma tutti gli altri milioni e milioni di cittadini del mondo che desiderano venire in Italia con quali compagnie possono arrivare direttamente nel nostro Paese, senza dover fare cambi massacranti in hub europei? Da quando è passata ai privati e Air France è diventato l’azionista al 25% con molti poteri di veto, il numero dei voli di Alitalia a medio e soprattutto a lungo raggio si è ridotto significativamente. La ragione ufficiale è che Alitalia non aveva i capitali per tenere in vita le rotte più lunghe; nella realtà è chiaro che Air France è entrata in Alitalia per cercare di convogliare su Parigi il maggior numero di passeggeri da e per l’Italia. Esattamente l’opposto di quanto serve all’Italia per rilanciare il turismo. E che la compagnia aerea di bandiera sia l’infrastruttura fondamentale per attirare turismo di livello (a quello basso ci pensano ormai le compagnie low cost) lo conferma la stessa pubblicità che Air France fa sui giornali e in televisione; annunci e spot vendono non tanto il volo quanto la meta, naturalmente in primo luogo Parigi, come si può vedere all’interno di questo numero nella pagina della campagna a favore di Alitalia che l’associazione L’Italia c’è regala alla compagnia e quindi al turismo italiano. La rinascita dell’Italia potrebbe partire da diverse decisioni. La prima e la più urgente da prendere è quella di rilanciare il turismo poiché l’investimento di capitale è veramente modesto in relazione al risultato che si può raggiungere ma anche in assoluto. Infatti, gli investimenti fondamentali sono stati fatti dal Padreterno, rendendo così bello il Paese, e dagli antenati per quello che hanno lasciato di monumenti, beni artistici, tradizioni enogastronomiche. Oltre alla cultura, la cortesia, la simpatia degli italiani. Il Paese si trova quindi nella situazione paradossale di avere un debito pubblico stratosferico ma anche un’eredità-patrimonio di valore incommensurabile che non viene sfruttato che in minimissima parte e spesso male. Il primo atto che dovrebbe essere compiuto è quello di cambiare nome al ministero dello Sviluppo economico, ribattezzandolo ministero dello Sviluppo turistico. Secondo atto: si dovrebbe far uscire dalla situazione ridicola in cui si trova l’Enit, l’istituto che dovrebbe promuovere il turismo nel mondo. Pochi mesi fa il presidente Pier Luigi Celli, persona intelligentissima ma che nella sua carriera variegata (da dirigente dell’Eni a direttore generale della Rai, a capo delle relazioni pubbliche e istituzionali di Unicredito e infine a direttore generale dell’Università Luiss) non ha nessuna esperienza nel turismo, denunciava che il budget promozionale a disposizione era di poco più di 3 milioni di euro. Può essere discutibile che sia l’Enit, peraltro nato proprio per questo, a promuovere il turismo italiano; ma certo senza fondi non può fare niente. Peggio, non ha neppure la possibilità di coordinare le azioni che ciascuna regione può svolgere. Basterebbe che ci fosse una legge che impone il coordinamento da parte del ministero (o di qualsiasi altro) dei milioni, quasi miliardi che le regioni spendono in promozione turistica, per avere immediatamente risultati straordinari. Ma non basta: vanno eliminate le mille contraddizioni che affliggono il sistema, in verità non solo quello del turismo. C’era voluto l’arrivo alla presidenza del Consiglio del velista Massimo D’Alema per dare il via alla costruzione di molti porti turistici, considerati appunto strumento essenziale del turismo di livello, tenuto anche conto delle migliaia di km delle coste italiane. Bene, tutti sanno che con un gesto scellerato del governo dei tecnici guidati da Mario Monti sono state fatte fuggire in Francia, in Grecia, in Turchia, in Spagna migliaia e migliaia di imbarcazioni con una perdita economica, in termini turistici, di mille volte quello che è stato il gettito della tassa imposta. Basterebbe questa limitata elencazione di problemi che impediscono il recupero dello sviluppo turistico per spingere il governo (e in primo luogo il presidente Enrico Letta) a dedicare un vasto capitolo nella legge di Stabilità o dei numerosi decreti del Fare alle iniziative da prendere perché il turismo torni a essere la fonte di ricchezza e di posti di lavoro che è stato in passato. Naturalmente un intervento organico sul turismo deve partire dalle scuole di formazione. Per decenni i direttori e i concierge dei più importanti alberghi al mondo sono stati italiani. Il loro saper fare aveva creato una catena di rapporti e relazioni da cui il turismo italiano si avvantaggia. Molti venivano dalla scuola Ciga, la più bella catena di alberghi, che l’Italia abbia avuto, oggi frazionata fra vari proprietari. Oggi l’Italia non ha più una vera catena di alberghi di grande classe, che possa fungere da spina dorsale del turismo ricco. Finalmente sembra essersene accorto il Fondo strategico italiano guidato da Maurizio Tamagnini, che ha programmato di generare due veicoli, un fondo per comprare una serie di immobili destinati o da destinare ad alberghi; e un altro veicolo dove far entrare gestori riconosciuti capaci di condurre alberghi di livello, perché insieme costituiscano una nuova catena. Sarebbe finalmente una vera scelta strategica: dall’interno del Fondo, che fa capo alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) si sente dire che entro l’anno i due veicoli saranno pronti e operativi. Speriamo, e speriamo che le scelte siano giuste: in Italia esistono migliaia di alberghi ben gestiti da famiglie; in molti casi la loro sapienza e capacità di accoglienza sono di alto livello. Il Fondo guidato da Tamagnini dovrebbe anche prevedere una società per aggregare la fase promozionale e gestionale di questi alberghi, facendoli diventare catena, con tutto ciò che ne consegue, senza disperdere la professionalità di quelle famiglie. Il sistema dei trasporti per i turisti è migliorato enormemente con lo sviluppo dell’alta velocità. Sempre più spesso si vedono singoli turisti o gruppi che si muovono in maniera rapida ed efficiente per l’Italia con l’alta velocità. Itv con i suoi treni Italo è andato oltre, perché ha concluso un accordo operativo treno+aereo+treno con Cathay, una delle migliori compagnie al mondo: chi arriva a Milano o Roma con Cathay può acquistare insieme al biglietto aereo il biglietto per Italo. Al di là delle problematiche di feroce concorrenza (per difendere il monopolio) con il capo delle Ferrovie italiane, Mauro Moretti, non sarebbe male che il bravissimo ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, dopo l’ottimo lavoro in corso sul piano aeroporti, potesse dedicarsi a un piano per la sinergia dei trasporti aerei con quelli su rotaia. È lo Stato che dà le concessioni e può quindi richiedere che chi le vuole ottenere soddisfi determinati obiettivi da cui dipende lo sviluppo del Paese, così eliminando tutti gli ostacoli impropri alla liberalizzazione del mercato. Mercoledì 30 il presidente Letta si è sbilanciato dichiarando alla radio che l’Expo del 2015 a Milano può avere lo stesso valore propulsivo delle Olimpiadi del ’60 a Roma, diventando la vetrina della ripresa italiana. È un’opinione che si basa su valori effettivi, ma perché quanto auspicato avvenga, occorre appunto mettere mano a un programma preciso nel quale le infrastrutture abbiano il primo posto. Come potranno diversamente essere accolti e fatti viaggiare per l’Italia i 20 milioni di visitatori attesi per l’Expo, di cui almeno 1 milione cinesi? La prima mossa decisiva da fare è il riassetto e il rilancio di Alitalia. Come descrive la pagina di pubblicità di L’Italia c’è, sono almeno sette le ragioni per cui Alitalia efficiente e ricca di voli fa bene al Paese. La presenza di Air France in questi cinque anni è stata la coda avvelenata del vecchio progetto di cedere tutto alla compagnia francese da parte del governo di centrosinistra. Il governo di centrodestra scelse la strada di mantenere il controllo in mani italiane con la cordata di imprenditori chiamati a raccolta da Silvio Berlusconi. Non vi fu però la lucidità di capire che sì, Alitalia aveva bisogno anche di un socio industriale, ma che il peggiore poteva essere proprio Air France, che fin dall’inizio ha sperato di ripetere con la compagnia italiana l’operazione di acquisizione dell’olandese Klm. Per fare cosa? Per convogliare tutto il traffico ricco da e per l’Italia sull’hub di Parigi, rendendo Alitalia né più né meno che una compagnia regionale. Esattamente lo stesso obiettivo che ha oggi, scrivendo nella sua relazione che Alitalia non vale niente e che per versare la sua quota del 25% di aumento di capitale pretende che Fiumicino e Malpensa diventino una succursale di Parigi. Non hanno nessuna visione strategica, quindi, coloro che da sinistra continuano a ripetere che è stato un errore non vendere ad Air France cinque anni fa. Una bestialità ripetuta anche giovedì 31, a Porta a Porta, dal presidente della commissione per le elezioni, Dario Stefano. Perché l’esponente di punta del partito di Nichi Vendola non si domanda chi al posto di Alitalia garantirebbe i collegamenti fra la sua regione, la Puglia, e il resto d’Italia e del mondo? Se Air France non sottoscrivesse l’aumento di capitale, sarebbe una fortuna; così perderà tutti i suoi poteri di veto e i soci di Alitalia e il governo, con in testa il ministro Lupi e il suo super consulente Giuseppe Bonomi, potranno cercare il partner ideale, che è una compagnia non europea e preferibilmente del mondo orientale. Circolano da tempo i nomi della russa Aeroflot e dell’araba Etihad. Per tutte e due Fiumicino e Malpensa diventano hub strategici, essendo al centro del Mediterraneo e quindi del mondo e del nuovo mondo che sarà l’Africa. Senza contare che tutte e due le compagnie possono portare in Italia passeggeri strategicamente importanti per lo sviluppo del turismo di qualità, di cui l’Italia ha bisogno come il pane. Possibile, tuttavia, che il presidente Letta, giustamente orgoglioso di aver reintrodotto un dialogo costante con il Parlamento, non vada alla Camera o al Senato insieme al ministro Lupi a spiegare il valore strategico di Alitalia? A far sapere al Paese che le accuse di aiuto di Stato lanciate da parte di British Airways, di Lufthansa e perfino di Iberia per l’impegno a entrare nel capitale da parte di Poste italiane sono puramente strumentali? Quali aiuti di Stato dà la Repubblica francese possedendo il 19% e quindi il controllo di Air France? Quali aiuti di Stato ha dato la Gran Bretagna salvando con denaro pubblico almeno tre importanti banche del Paese? Possibile che l’Italia, il Paese più europeista dell’Unione, sia sempre messa sotto accusa e che non ci siano reazioni chiare e dure ad accuse ingiustificate? Nella guerra per conquistare sempre più turisti la denigrazione ha una funzione ben precisa. In primo luogo gli italiani devono smettere di denigrare il loro Paese in un momento nel quale, al contrario, tutti devono vantare le qualità del Belpaese. Ma spetta al governo rispondere per le rime a chi denigra facendo appello alle leggi europee, che per primo non rispetta. Alitalia deve essere l’occasione di rilancio e di reazione anche da questo punto di vista. P.S. Chi avesse dei dubbi su quanto l’Italia e gli italiani possono e sanno fare vada a rivedersi sul sito di Rai 1, se non ha potuto vederlo nei giorni scorsi, la bella storia di Adriano Olivetti. Il grande uomo di Ivrea e suo figlio Roberto avevano battuto qualsiasi altra industria del mondo nella realizzazione del computer. La politica, faziosa e non solidale con l’azienda, oltre che il potere (già allora) di intercettazione degli Stati Uniti, oltre a banche condizionabili dal potere americano, hanno impedito che l’Olivetti diventasse quella che è oggi Ibm, Microsoft e Apple tutte insieme. Naturalmente senza disconoscere alcuni errori di valutazione dello stesso Adriano, senza peraltro che abbia avuto il tempo di correggerli per la sua morte prima dei 60 anni. Paolo Panerai