Marco Imarisio, Corriere della Sera 3/11/2013, 3 novembre 2013
MIRACOLO A TORINO, RADDOPPIANO GLI ISCRITTI
Anche nella città di Antonio Gramsci il partito tiene famiglia.
Torino è forse lo snodo più delicato dello psicodramma Pd sull’aumento esponenziale delle iscrizioni, avvenuta proprio a ridosso dei congressi locali. Nel giro di qualche giorno: cinque ricorsi formali, una segnalazione scritta su «anomalie e abnormità gravissime», una denuncia pubblica fatta da un senatore, un commissario inviato da Roma per cercare di capire come sia stato possibile passare dai 12.000 iscritti del 2012 alle 26.000 nuove tessere in circolazione tra nuovi adepti e rinnovi.
Non è solo questione di dimensioni, ma di simboli. Questo è stato a lungo il villaggio di Asterix del centrosinistra nel nord, la città modello rinata dalle sue ceneri post industriali che ha sempre fatto bandiera della sua diversità nel fare politica. Al momento il passato sembra aver lasciato posto a una rissa interna che ha origine soprattutto nella conversione di una parte consistente del Pd locale, fino a pochi mesi fa una specie di monolite bersaniano. Adesso invece quasi tutti renziani sotto la Mole, a cominciare dal sindaco Piero Fassino, ex segretario nazionale del Pd che nel 2011 sconfisse alle amministrative Davide Gariglio, molto vicino al sindaco di Firenze.
Accadono miracoli, in una zona dove negli ultimi anni il Pd ha fatto parlare di sé soprattutto per il calo delle tessere, più che dimezzate rispetto al 2011. Al circolo di Santa Rita-Mirafiori, per dire, la bellezza di 111 iscritti in un sol giorno. Alla Barriera di Milano assistono compiaciuti alla moltiplicazione di pani, pesci e tessere: dai 346 iscritti del 10 ottobre si è passati ai 464 del 16 ottobre per arrivare ai 611 della scorsa settimana, fino agli attuali 745, con quest’ultimo dato ancora ufficioso, ché alla provvidenza non bisogna mai porre limiti.
All’interno del partito le accuse di compravendita, pacchetti di tessere che passano di mano, si sprecano e sono reciproche, perché nessuno ha la prova della colpevolezza altrui. «C’è un clima cupo e pesante. Ne consegue una tensione e un livello di attenzione molto forti, ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio». Giovanni Lunardon, l’osservatore giunto da Roma, si accontenta di aver risolto il mistero delle 26.000 tessere bianche spedite nei circoli, numero davvero abnorme. Errore di invio, e così sia. Resta la marcia trionfale dei nuovi iscritti. «In alcuni circoli ci sono stati incrementi ben superiori alla media. Se scopriremo il dolo, saranno provvedimenti severi. Un congresso regolare è interesse di tutti».
Comunque vada, rimarrà uno sfregio sulla facciata della città modello del centrosinistra. La diatriba sulle tessere fa emergere realtà scomode, che a Torino possono essere tollerate, come lo sono state finora, solo in tempo di pace. La movimentazione massiccia delle tessere è attribuita da tutti i contendenti a Salvatore Gallo. Un uomo solo al comando, nel Pd torinese. A stare bassi, controlla circa il venti per cento delle tessere.
A volte ritornano. Nella Torino degli anni Ottanta, Gallo era il ras di Bettino Craxi. Lui, defilato oggi come allora, controllava il partito dall’interno, nel nome e per conto di Francesco Froio, ex parlamentare Psi e soprattutto primo presidente della Sitaf, la società dell’autostrada Torino-Bardonecchia. Fu consigliere comunale dal 1985 al 1992. Lasciò la scena a causa di una storia di mazzette e ospedali per la quale fu condannato. Era troppo anche per Salvatore detto Sasà, detto «l’uovo» per l’indubbia capacità di galleggiamento. Chiese aiuto a Froio, che gli aprì la porta della Sitaf. Ancora oggi Gallo è presidente di Sitalfa, una controllata che gestisce gli appalti della casa madre, da sempre porto sicuro per i rappresentanti piemontesi del centrosinistra.
La politica ha continuato a rappresentare una passione, sua e della famiglia, sempre in virtù della disponibilità di un notevole pacchetto di voti aumentato durante il transito per la Margherita prima dell’approdo definitivo nel Pd. Con Sergio Chiamparino non è mai stato amore. Gallo gli fece la guerra nei congressi locali, ottenendo consensi talvolta anche superiori al 20 per cento in ogni circolo cittadino. Il suo tesoretto non dispiacque a Piero Fassino quando si trattò di raccogliere firme per le primarie cittadine. Apparvero articoli maliziosi su comitive, di dipendenti Sitaf e non solo, spediti in pullman al seggio.
«Non è da oggi che nel Pd di Torino si è insediato e consolidato un sistema nato nel vecchio Psi. Il metodo è noto: si scala il partito facendo tessere a macchinetta». A parlare è Stefano Esposito, senatore Pd in eterno odor di eresia, autore della denuncia di cui sopra. Il sasso che ha lanciato nello stagno ha fatto emergere nomi di altra epoca. Come quello di Giancarlo Quagliotti, anch’egli ex socialista, condannato per le tangenti Fiat, ex dirigente Sitaf, oggi considerato uno dei massimi consiglieri di Fassino, regista del nuovo avvicinamento di Gallo alla militanza attiva, chiamiamola così.
Non è dato sapere quale sia il rapporto tra causa ed effetto, ma il ritorno di Gallo sul proscenio cittadino si è materializzato per interposta persona. Oggi il figlio Stefano è assessore allo Sport nella giunta cittadina, mentre il secondogenito Raffaele è diventato dirigente della Gtt, l’azienda torinese dei trasporti. A Torino la gara del nuovo che avanza potrebbero essere decisa dai vecchi amici di sempre.
Marco Imarisio