Marino Niola, la Repubblica 3/11/2013, 3 novembre 2013
CONDOGLIANZE 2.0
C’era una volta l’anima immortale. Adesso a essere immortale è il profilo Facebook. L’Io immateriale che sopravvive a quello materiale. Così la progressiva digitalizzazione della vita digitalizza anche la morte. Siamo decisamente entrati nell’era del cordoglio 2.0. Cimiteri virtuali, siti per ricordare i propri cari estinti, esequie in rete, funeral home immateriali, blog commemorativi, community del dolore, hashtag in memoriam, video di compianto su You Tube. L’aldilà bussa imperiosamente alla porta del Web e buca con uno spillo quella illusoria bolla di eternità che sembrava avvolgere il giovane mondo di Internet. Che è contagiato dalla morte, ma la contagia a sua volta con la sua viralità incorporea. L’effetto è un folgorante cortocircuito tra l’assenza e la presenza, tra la scomparsa dell’individuo in carne e ossa e la sua sopravvivenza tecnologica. Tra l’altra vita e la second life.
“The mourning becomes electric”, titolava qualche tempo fa il quotidiano Usa Today parafrasando il celebre titolo del dramma di Eugene O’Neill, Mourning becomes Electra, Il lutto si addice a Elettra. Ma ancora di più il lutto si addice all’elettronica. E questa, a sua volta, sembra fatta apposta per tradurre in nuovi riti l’evoluzione dell’homo digitalis. Che ricorre alla tecnologia per trovare forme nuove a bisogni antichi. Come quello di seppellire i propri morti, di ricordarli, di rendere sopportabile il dolore di un vuoto incolmabile. È questo il senso profondamente umano dell’elaborazione culturale del lutto, il più antico e universale dei rituali. Gli uomini si distinguono dai bruti proprio perché assegnano ai defunti uno spazio dove riposare in pace. E ai vivi un luogo fisico, ma anche un tempo interiore, per farli rivivere nel loro cuore.
Oggi l’hi-tech riscrive le cartografie della realtà e cambia profondamente le coordinate della nostra esistenza. Lo spazio diventa più congestionato e il tempo più accelerato. I nostri cimiteri sono sovraffollati. Proprio come le nostre città e le nostre giornate sempre più zippate. È quasi fatale che questa mutazione antropologica che riguarda la vita, si rifletta negli atteggiamenti e comportamenti relativi alla morte. Da un sondaggio del sito commemorativo peoplememory.com risulta che le visite al cimitero sono in netta diminuzione e l’ottantacinque per cento degli intervistati ne attribuisce la causa alla distanza eccessiva e alla mancanza di tempo. E allora la rete viene in soccorso di un’umanità che ha i minuti contati, ma non vuole rinunciare a mantenere un legame con le persone care che non ci sono più.
Così nascono siti web che consentono visite digitali alle tombe dei propri cari. Alcuni lo fanno in termini algidamente burocratici e trattano le persone in lutto come utenti di un servizio come un altro. Altri lo fanno invece con poetica delicatezza. Tra questi il francese comemo.org dove è possibile piantare un albero jpeg da dedicare alla persona cara. E appendere ai rami un pensiero affettuoso, un ricordo emozionante, una foto commovente. O semplicemente un grazie che viene dal profondo del cuore. In questi giardini della memoria si coltiva insomma quella che Ugo Foscolo, nei Sepolcri, chiamava celeste corrispondenza d’amorosi sensi. Ma tradotta in connessione permanente. Al punto da poter partecipare alle esequie in streaming. E nei siti made in China si può noleggiare una barca virtuale per spargere le ceneri nell’oceano. Ma adesso vanno in rete anche i camposanti veri e propri. L’idea è di una websociety di Avellino — puntoceleste.it — che ha messo online la pianta dei cimiteri di molti comuni associati. L’iniziativa è appoggiata dai sindaci dei paesi ad alto tasso di emigrazione — Atripalda, Savignano Irpino, Castelverde e altri — per consentire a cittadini e comunità separate dall’oceano di confortare il riposo di familiari, amici, conoscenti, sepolti a migliaia di chilometri di distanza. Accendendo lumini votivi, postando frasi di compianto, mettendo fiori sulla web-tomba. Ma c’è anche la possibilità di inviare fiori autentici grazie a una convenzione con i fiorai locali. Costo per gli utenti, dai cinque ai quindici euro per accendere una lampada a Long Island e farla brillare a Savignano. E al posto del vecchio registro di condoglianze ci sono gli hashtag organizzati da parenti e amici dove è possibile caricare una biografia dello scomparso, una gallery di immagini, clip audio e video, una sezione di materiali che furono del caro estinto.
Ma la digitalizzazione ormai entra anche nelle tradizionali aree cimiteriali. E inaugura l’era della lapide interattiva. Nel cimitero danese di Roskilde e in quello americano di Seattle le tombe hanno il QR code. Basta inquadrare il codice con lo smartphone per linkare la memoria dello scomparso e accedere alla sintesi Web della sua vita. Le chiamano anche living headstone, lapidi parlanti. Perché raccontano aneddoti bizzarri, episodi tristi, particolari teneri che formano il tessuto vivente del ricordo. Quello che ci lega a chi non è più con noi. E adesso quel legame diventa letteralmente link. E ci apre il cuore come un pop up. Ma qualche volta lo spezza. Quando Facebook ci ricorda il compleanno di una persona cara che non c’è più. E in molti rispondono “buon compleanno in paradiso”. Un’esperienza sempre più comune, visto che nel social network riposano ormai venti milioni di anime. Una community che dialoga coi vivi come in una toccante Spoon River digitale.