Sebastiano Messina, la Repubblica 2/11/2013, 2 novembre 2013
FILE PIENE DI IMMIGRATI E AVVERSARI NELLA GUERRA TRA POTENTATI LOCALI IL PD DIVENTA TERRA DI AVVENTURIERI
DAL NOSTRO INVIATO
FROSINONE — Bisogna venire a Frosinone, nella Ciociaria che fu il granaio elettorale di Giulio Andreotti e prima ancora il palcoscenico del neorealismo di De Sica, per toccare con mano cosa sta succedendo nella pancia del Partito democratico, per vedere cosa sono diventati quei congressi che una volta erano la liturgia laica dei partiti di massa, un ricordo che oggi viene sepolto da tessere fotocopiate, truppe cammellate, cordate di assessori e lunghe code di improbabili iscritti last minute. Scene che qui, in Ciociaria, erano diventate così frequenti e così imbarazzanti che la commissione provinciale del Pd ha deciso ieri la «sospensione cautelativa » di tutti i congressi locali, dopo che tre dei quattro candidati alla segreteria provinciale avevano annunciato di ritirarsi se qualcuno non avesse fermato il circo delle votazioni-beffa.
E non si tratta di una bega dei renziani contro i cuperliani, o dei civatiani contro il resto del mondo, perché i tre candidati che hanno gettato la spugna sono proprio gli alfieri di Renzi, di Cuperlo e di Civati. Uniti contro il quarto, sponsorizzato da una cordata di onorevoli ciociari (la senatrice, il consigliere regionale e l’europarlamentare), che a loro volta accusano i loro accusatori, rinfacciandosi a giorni alterni la colpa infamante di truccare il tesseramento per conquistare una seggiola, una poltroncina, un pezzetto di potere.
Tutto comincia ad Arpino, dove viene convocato il primo congresso della stagione. Il segretario del circolo si mette sulla porta, sperando che arrivino - viste le cifre del tesseramento - almeno la metà dei 70 iscritti dell’anno scorso. E invece viene travolto da una folla inaspettata: 166 nuovi militanti. Troppe facce nuove, mai viste. Il regolamento lo obbliga a far votare chiunque si iscriva anche “il giorno stesso dello svolgimento del congresso di circolo”, purché paghi i 20 euro della tessera. E lui li iscrive tutti. Poi però fa mettere a verbale che è il numero di «migranti, extracomunitari e rifugiati» che reclamano di aderire al Pd è, diciamo così, un po’ troppo sospetto per un comune di 7552 abitanti.
Cosa stia accadendo lo si capisce al congresso di Roccasecca, dove l’elenco dei tesserati si allunga in due ore da 21 a 130. Tra i nuovi iscritti c’è anche il sindaco, Giorgio Giovanni, al quale i consiglieri del Pd hanno fatto fino a ieri l’opposizione. Fino a ieri, perché i 111 nuovi iscritti eleggono segretario del circolo proprio il candidato proposto dal sindaco, che dopo il Comune si prende anche il partito.
Ma è a Isola del Liri che si arriva allo scontro aperto. Qui il garante inviato dal partito porta 200 tessere. Dovrebbero bastare, visto che l’anno scorso c’erano 86 iscritti. E invece no. Ad aspettare il garante c’è una lunga fila davanti alla porta del circolo, ma c’è anche qualcuno, dentro la sala, che intanto ha già preparato delle quasi-tessere: con la fotocopiatrice. Fuori ci sono 250 avversari del sindaco Luciano Duro, dentro i suoi sostenitori. Il consigliere comunale Lucio Marziale accusa: «Centinaia di persone in coda lasciate senza tessera, mentre nella sala congressuale spuntavano tessere irregolari». Replica il sindaco: «Chiedevano la tessera in maniera arrogante e violenta un numero consistente di oppositori della mia maggioranza, tra cui tre rappresentanti provinciali dell’Udc, con l’unico scopo di inquinare e sovvertire un serio, profondo e tranquillo dibattito ». Le tv locali riprendono il pasticcio delle tessere fotocopiate, volano gli insulti e a tutto si assiste tranne che al «serio, profondo e tranquillo dibattito » evocato dal sindaco. Risultato: il congresso è sospeso.
Come quello di Cassino, dove però la scena è diametralmente opposta. Non per l’insolito boom di iscritti che passano da 360 a 450, sfiorando la quota record di un terzo dei 1562 elettori del Pd alle ultime comunali - ma per l’affollamento nell’aula del congresso. Che manca del tutto. Quando arriva il garante trova solo quattro iscritti, nella grande sala vuota. «E gli altri dove sono?», domanda. «Non ci siamo messi d’accordo» spiega sottovoce uno dei quattro. Tutti a casa.
A dire basta è Sara Battisti, giovane e appassionata segretaria provinciale uscente, cuperliana, uno dei quattro candidati, che un pomeriggio va al congresso di Sora per spiegare il suo programma. «Arrivo puntuale - racconta - ma nella sala trovo solo cinque persone. Non c’è neanche il segretario del circolo. La gente è tutta fuori, in fila per fare la tessera. A un certo punto, mentre sto parlando, entrano una cinquantina di persone e si mettono a chiacchierare come se fossero al mercato, del più e del meno. Non ci ho visto più. Ma cosa siete venuti a votare, gli domando, se non state neanche ad ascoltare quello che dico? Poi ho lanciato il microfono sul tavolo e sono andata via. Arrivata fuori, ho pianto. Perché io sono una che ci crede, sono una partitista convinta, ma quello che mi sono trovata davanti non era il mio partito, era qualcos’altro ».
Già, ma cosa? «Siamo diventati un votificio, si pensa solo a conquistare le piccole cariche che poi daranno il potere di scegliere i candidati locali» risponde Alessandro Martini, il candidato renziano. “Qualcuno pensa che il Pd sia diventato un tram per avventurieri » aggiunge il civatiano Mario D’Alessandro. Così tutti e tre convocano una conferenza stampa per chiedere la sospensione dei congressi locali: «Altrimenti ci ritiriamo dalla competizione». L’unico che si oppone è il quarto, Simone Costanzo, finora in netto vantaggio sui concorrenti. Non perché sia convinto che la procedura sia cristallina, anzi è stato lui a parlare di «tesserificio» a Isola del Liri. «E a Sora - aggiunge - nel giro di tre ore sono arrivati duecento nuovi iscritti, capitanati da persone vicine all’area che oggi ci accusa...».
Con questo scenario davanti agli occhi, in Ciociaria era inevitabile fermare tutto. Anche contro il parere del presidente della commissione per il congresso, l’ex segretario regionale Roberto Morassut, la cui diagnosi è però illuminante: «Sembra un’orgia per il potere, un delirio di competizione tra cordate interne per conquistare circoli e federazioni, mettere le mani su pezzi di organizzazioni territoriali... ». E indicava il quadro nazionale: ma forse aveva in mente proprio la sua Ciociaria.