Dario di Vico, Corriere della Sera 2/11/2013, 2 novembre 2013
IL CONFRONTO NELLA COMUNITÀ CINESE IN ITALIA I FIGLI AI PADRI: «QUESTA È LA NOSTRA CASA»
«Mio nonno Giuseppe arrivò in Italia nel 1957 e mio zio Umberto ancora prima, negli anni ‘30...», si apre così un’appassionata lettera «ai genitori cinesi» che è stata pubblicata pochi giorni fa sul sito di Associna da parte di Sun Wen-Long, un giovane laureando in ingegneria informatica di 24 anni che vive a Bologna e ha sentito la necessità di aprire un dibattito dentro la comunità cinese.
Il tema potrebbe essere sintetizzato così: l’Italia è casa nostra, dobbiamo integrarci di più ed è questo il modo più efficace per rispondere alle discriminazioni nei nostri confronti. Tutto parte da un paio di servizi televisivi sui canali Mediaset e Rai che non sono piaciuti ai cinesi e che, come racconta Wen, «hanno spinto alcuni, stufi dei troppi controlli, a proporre una specie di boicottaggio delle merci di lusso italiane, dalle scarpe agli abiti». Ma se la prima generazione di emigrati «mette al primo posto le emozioni e parla prevalentemente di soldi e di famiglia», la seconda, dice Wen, «ha studiato ed è più riflessiva».
Così il giovane incoraggiato dalla coetanea Zhanxing Xu, che vive tra Roma e Firenze, ha pensato che fosse giunta l’ora di aprire una franca discussione con i propri genitori su come vivere in Italia e come sentirsi a tutti gli effetti cittadini di questo Paese. «Mio padre se oggi andasse in Cina sarebbe un pesce fuor d’acqua, non riconoscerebbe niente mentre qui è pienamente integrato. Ha gestito fino al momento della pensione un ristorante e ha potuto farmi studiare. Questa ormai è casa nostra e dobbiamo prendercene cura».
Associna è composta per lo più da giovani italo-cinesi under 30 e la pubblicazione della lettera di Wen dimostra come dentro la comunità sia diventato centrale il dibattito padri-figli. Ed è anche significativo che la discussione verta proprio su cosa riconoscere all’Italia e di conseguenza come comportarsi rispetto alle regole e alla cultura del Paese ospitante. Angela, un’italo-cinese di terza generazione, è intervenuta a commentare la lettera in maniera molto radicale invitando tutti «ad abbattere l’omertà tra cinesi, a non sputare per strada, a essere puntuali nel pagare le tasse e a saper criticare anche la propria comunità».
Il messaggio ha generato reazioni vivaci, alcune scritte per cautela solo in cinese. L’integrazione come la intendono Wen e Angela non trova tutti d’accordo e proprio per questo motivo il giovane ha pensato di ritornare sull’argomento e scrivere un nuovo testo che stavolta parte da una frase-chiave: «Sia chiaro, non rinnego le mie origini». Wen, però, subito dopo si rivolge a un’ipotetica madre e a un ipotetico padre. «Tu mamma, preferisci un figlio monolingue che viva in Italia considerandola solo una terra di passaggio? Tu papà, desideri che tuo figlio faccia la vita che hai fatto tu? Tutti desideriamo di vivere bene in Cina e in Italia ma ora tutti noi siamo in Italia, lavoriamo in Italia, dormiamo in Italia, ci svegliamo sotto il bel cielo azzurro dell’Italia e se non cominciamo a considerarla come la nostra casa ma solo come una terra da sfruttare cosa rischiamo di lasciare ai nostri figli?».
I segnali che qualcosa stia cambiando nei rapporti tra le comunità cinesi e la società italiana si intensificano e ovviamente il veicolo numero uno del cambiamento sono i giovani cinesi di seconda generazione che vivono qui, parlano benissimo la nostra lingua e si vanno inserendo a tutti i livelli. La Fondazione Italia-Cina ogni anno organizza un career day, un appuntamento frequentato da laureati cinesi (circa 250 per volta) che vengono presentati alle grandi aziende del made in Italy alla ricerca di manager globali che conoscano la lingua di Pechino. Una settimana fa a Prato, la più grande Chinatown italiana e in scala una delle più grandi d’Europa, è stato presentato il primo libro che ricostruisce le vicende dell’emigrazione dall’Asia alla Toscana scritto da una cinese, Hong Li Ping. Infine proprio il sito di Associna nei giorni scorsi ha rintracciato nella fiction televisiva su Adriano Olivetti una sorta di icona dell’integrazione cinese in Italia e della collaborazione tra le due culture, il giovane ingegnere Mario Tchou inventore del calcolatore Elea.