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 2013  novembre 02 Sabato calendario

ALL’ELISEO NON VA PIÙ L’ARAGOSTA LO CHEF E I SEGRETI DEI 6 PRESIDENTI


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Silenzioso per quarant’anni, lo chef Bernard Vaussion lascia l’Eliseo e la riservatezza. Ha servito sei presidenti della Repubblica, «e non era scontato, ognuno avrebbe potuto scegliere un cuoco di fiducia, ma tutti hanno preferito riconfermare me». Da ieri Vaussion è in pensione, e in un documentario racconta i segreti dei 500 metri quadrati più importanti del palazzo della Presidenza: le cucine. Dove maneggiando pentole di rame del 1845, una ventina tra cuochi e aiutanti cercano di non indisporre quel bizzarro monarca repubblicano che è il capo dello Stato francese.
Vaussion è figlio della cuoca del castello di Sologne, «e quando sono entrato all’Eliseo mi è sembrato di passare da uno château all’altro». Diplomato in pasticceria, dopo gli esordi sedicenne all’ambasciata dei Paesi Bassi e poi della Gran Bretagna, lo chef ha cominciato a cucinare all’Eliseo il 2 gennaio 1974, sotto Georges Pompidou. «Gli piacevano piatti sostanziosi come il Gigot de sept heures (l’agnello fatto cuocere per sette ore, ndr )». Il suo successore Valéry Giscard d’Estaing aveva gusti opposti: alto, magro, dai modi aristocratici, «VGE» impose all’Eliseo un’inedita cucina dietetica, «non amava appesantirsi, chiedeva pietanze più succulente solo quando c’era da impressionare gli ospiti stranieri».
Le preferenze gastronomiche, naturalmente, corrispondono a tratti più o meno marcati del carattere e dello stile politico. Per quarant’anni Vaussion ha studiato i piatti che tornavano indietro dalla tavola del presidente: «Controllavo sempre che cosa era piaciuto di più e che cosa avanzava, è così che ho saputo interpretare i loro gusti e conquistare la loro fiducia». Osservando anche il comportamento alimentare è nata negli anni Ottanta la perfida categoria sociopolitica della gauche caviar : il socialista François Mitterrand fu l’unico dei sei presidenti serviti da Vaussion a non essere mai sceso nelle cucine; prediligeva il caviale e le ostriche della Bretagna. Amante del popolo ma ancora di più delle donne e del cibo, il grande Mitterrand era — secondo lo chef — «un buongustaio bisboccione». Il presidente di centrodestra Jacques Chirac aveva gusti meno ricercati: adorava le ricette fondamentali della Francia rurale, quella tête de veau (la testina di vitello) che durante i 12 anni della sua presidenza divenne un simbolo della pretesa vicinanza alla gente comune, alla cosiddetta Francia profonda delle amate terre di Corrèze. «Ma Chirac apprezzava pure la choucroute (piatto tipico alsaziano a base di crauti e salumi, ndr )», abbinata irritualmente con una Corona, la birra messicana. E quanto Mitterrand era distante, tanto Chirac era fedele alla sua immagine pubblica bonaria: si complimentava di persona con lo chef, andando a incontrarlo in cucina, e fu lui a dargli la qualifica ufficiale di capo cuoco.
La rupture di Nicolas Sarkozy, la voglia di rompere con una Francia adagiata su un’abbondanza di altri tempi, si è vista anche in cucina: se Chirac prediligeva la pesante cucina del territorio, uno scattante Sarkozy impose pesce e carne al vapore, bandì formaggi e vino (è completamente astemio) e detestava dedicare troppo tempo a pranzi e cene. Unica debolezza, il cioccolato. L’attuale presidente François Hollande, che non ha mai fatto mistero di detestare Sarkozy e che molti giudicano «uno Chirac di sinistra», ha fatto rientrare nel menu presidenziale l’assiette des fromages . Ma a parte questa impuntatura, più per dispetto a Sarkozy che per altro, Hollande si conferma uomo di compromesso, di vedute (forse troppo) larghe. «Non c’è niente che non gli piaccia, Hollande mangia di tutto — dice Vaussion —. Ma non è più come un tempo, certi cibi di lusso come il tartufo o l’aragosta non sono più abituali». Anche a tavola, il presidente della crisi.