Paolo Siepi, ItaliaOggi 1/11/2013, 1 novembre 2013
PERISCOPIO
Qualcuno si ricorda la furia della sinistra contro Craxi che sosteneva il voto palese? Jena. La Stampa.
Non c’è bisogno di essere esperti di regolamenti parlamentari per capire che a qualsiasi altro senatore che si fosse trovato nelle condizioni di Berlusconi sarebbe stato concesso il voto segreto. Il voto sulla decadenza di Berlusconi sarà invece palese. Perché mai, allora, cambiare la legge del Senato se si sta solo applicando la legge? Antonio Polito. Corsera.
Leadership non è una parolaccia. Matteo Renzi alla Leopolda. Ansa.
Se fosse un vino, Renzi quale vino sarebbe? «Un Barolo giovane, che è ancora meglio del suo Chianti. È un vino importante, con dei grandi contenuti, ma, allo stesso tempo, è “beverino”, cioè si fa capire, piace a tutti». Lei e Renzi vi siete mai ubriacati insieme? «Ubriacati no, ma allegrotti lo siamo stati spesso. Con la differenza che la sua soglia è molto più rapida della mia». Dopo quanti bicchieri diventa un po’ brillo? «Dopo il terzo, ma sa sempre quando fermarsi». Cosa fa Renzi quando è «allegrotto»? «È ancora più brillante». C’è qualcosa, a tavola, su cui Renzi proprio non riesce a trattenersi? «La cosa in cui è devastante è la carne cruda, riesce a mangiarne un chilo e mezzo». Oscar Farinetti di Eataly a Un Giorno da Pecora, RadioRai.
Renzi si è detto ormai pronto a guidare il Pd. Dopo tantissimi chilometri percorsi in camper, ha acquisito una certa esperienza nel condurre un pesante carrozzone nel quale si passa la maggior parte del tempo a dormire. A sorpresa, il sindaco di Firenze ha ricevuto anche l’appoggio di Dario Franceschini. Di questo passo, ci sono ottime possibilità che il Partito possa addirittura cambiare nome e chiamarsi Pdc: Partito democratico cristiano. Una mossa, questa, che spiazzerebbe Berlusconi, perché diventerebbe obiettivamente difficile, per lui, demonizzare l’avversario dicendo che i democristiani mangiano i bambini. Insomma, sembra proprio che, nel Partito democratico, la componente ex Dc sia destinata a scomparire. Diego Bianchi. il venerdì.
In politica possono esserci i traditori o quelli che fanno un’operazione politica che assume le sembianze di un tradimento, ma in realtà non lo è davvero. Per esempio, quella che si realizzò con Cossiga e che permise a Massimo D’Alema di sostituire Romano Prodi nel ’98. Quello non fu un tradimento ma un’operazione di valenza internazionale. Cossiga aveva parlato con un po’ di gente all’estero e fu chiaro che mandare gli aerei a bombardare Belgrado sarebbe stato più semplice con un governo D’Alema invece che con un governo di destra con i pacifisti in piazza tutti i giorni. Così Cossiga decise di mollare il centrodestra. Clemente Mastella. il venerdì.
Noi cristiani d’Oriente siamo i discepoli di Paolo e Pietro, siamo i figli dei padri della Chiesa, siamo l’essenza della Cristianità, Non abbadonateci, non lasciateci nelle mani dei fanatici di Al Qaida e di chi, oggi in Siria, si batte per reinsediare il califfato e sogna di arrivare a conquistare Roma. Testimonianza raccolta di Gian Micalessin. Il Giornale.
Son orbo dall’occhio sinistro dalla nascita ma non cieco e vedo bene la fogna nella quale stiamo arrancando. Anzi, mi viene in mente che Le quattro stagioni di Vivaldi potrebbero essere la metafora perfetta della nostra decadenza nazionale: dal titolo di quattro concerti barocchi al nome di una pizza. Guglielmo e Vittorio Zucconi, La Scommessa - Cento ragioni per amare l’Italia. Rizzoli, 1993.
L’ingegnere Carlo Emilio Gadda mi regala aggettivi di sorprendente generosità. Mi sembra un intelligente e un geniale, talora un tantino o un tantone surreale. Goffredo Parise. Corsera.
La cengia, nel corso della Prima guerra mondiale, è presa dal battaglione Val Chisone comandato dal senese Ettore Martini. Gli austriaci tentano di stanarlo in tutti i modi, con le pietre, i cannoni, le mine. Ma niente da fare. L’esplosione più forte arriva nel luglio del ’17, nel cuore della notte. Gli austriaci sono sicuri di aver spazzato via gli italiani ma invece sentono, stupefatti, levarsi le note di una fanfara. È il comandante che ha chiamato a raccolta i pochi strumenti del battaglione per intonare: «O tu Austria che scendi dai monti / vieni avanti se hai del coraggio». Ma il bello succede a valle quando gli alpini, svegliati dal concerto, chiedono ai comandanti cosa succede sul Lagozuoi. Viene loro risposto: «Sono i vostri camerati sulla cengia che vi dicono che sono vivi». «Pensavamo di avere a che fare con gente come noi», scrisse un testimone austriaco, «e invece erano più forti». Narrano che quando, a guerra finita, il buon Martini andò a trovare i suoi soldati che spaccavano pietre sulle Apuane, per chieder loro come andava la vita, questi gli dissero: «La va come in cengia, signor maggiore. Si buca la montagna per portare un po’ di pane a casa». Paolo Rumiz. la Repubblica.
Ho ancora nel naso l’odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli sternuti e i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento sulle rive del Don. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.
Anche a me capita, a volte, quando il treno costeggia la periferia della città, di incollarmi al finestrino per individuare, fra quel mare di tetti, casa mia. Cerco i punti di riferimento, quel campanile, quella quinta di pioppi. Ed eccola spuntare per qualche attimo: non più quell’immagine banale che intravedo distrattamente quando rincaso (o che esamino minuziosamente se la riunione condominiale ha deciso qualche lavoro di manutenzione), ma un’apparizione quasi emozionante. E così, sempre dal finestrino, mi sorprendo a riconoscere altri luoghi familiari, il bar dove andavo quando avevo la mania del flipper, il giardinetto dove portavamo nostro figlio piccolo. Tutti luoghi insignificanti se li sfioro in macchina o in filobus e che invece, scoperti in treno, acquistano una misteriosa suggestione. È una prospettiva insolita che rende eccezionali le immagini consuete. Luca Goldoni, Lei mi insegna. Mondadori.
Gli anni scorrono e io li vedo naufragare sugli scogli del passato. Roberto Gervaso. Il Messaggero.