Dina D’Isa, Il Tempo 1/11/2013, 1 novembre 2013
L’ANIMA NERA DI FEDERICO NEL FILM SU «L’ALTRO FELLINI»
Il documentario «L’altro Fellini» di Roberto Naccari e Stefano Bisulli, fuori concorso al Festival di Roma, svela i confilliti tra Federico e Riccardo, fratello del celebre cineasta: personaggio sconosciuto ai più con una storia travagliata anche a causa dei rapporti con il premio Oscar. Una storia riscoperta casualmente dai due registi, che si sono avvicinati ad un uomo destinato a perdere nel confronto con il fratello, ma comunque capace di abitare i suoi incubi e di infiltrarsi nelle sue fragilità. Arrivato a Roma per diventare cantante, Riccardo diventa attore, tra gli altri, anche per suo fratello ne «I vitelloni». Il suo esordio alla regia darà però inizio alla rottura tra i due.
Come avete scoperto questa ombra nella vita felliniana che svela un Federico geloso e minato nella sua interiorità dal fratello Riccardo, al punto da imporgli di non usare più il cognome di famiglia?
«Siamo incappati per caso nel nostro ultimo documentario su "L’isola delle rose", con un testimone tedesco che faceva l’albergatore a Cervia e aveva un filmato di Fellini. Da lì abbiamo approfondito la storia dei due fratelli - ha dichiarato Roberto Naccari -. Sono così emersi aspetti della loro relazione, soprattutto attraverso "Il libro dei sogni" di Federico che svela i rapporti con il fratello: due carriere parallele, Federico a Roma lo affianca lo sostiene fino a dargli un ruolo ne "I vitelloni". Ma quando, nel 1972, Riccardo decide di esordire alla regia con "Storie sulla sabbia", che porta alla Mostra di Venezia, inizia tra i due la rottura, perché Federico chiede al fratello di non usare più il cognome di famiglia. Un’imposizione assurda che Riccardo non accetta. I due si rivedranno solo prima della morte di Riccardo, scomparso qualche anno prima di Federico».
Da quali fonti avete attinto la vostra ricostruzione?
«"Il libro dei sogni" di Federico è ricco di materiale che è stato poco analizzato nella biografia felliniana. Nei suoi sogni Federico viene perseguitato dall’immagine del fratello. Nei suoi racconti e disegni esplode una violenza spropositata nei confronti di Riccardo: paradossalmente, proprio negli anni del suo maggiore successo, nel periodo tra la realizzazione de "La Dolce Vita" e "8 e mezzo" percepisce il fratello come una minaccia. La sua cinematografia, espressa come vanto della menzogna attraverso la sublimazione nell’arte, nasconde tante debolezze e fragilità. Mentre nel suo libro privato dei sogni non c’è trasfigurazione della realtà, ma una diversa percezione del fratello, con il quale ha un rapporto conflittuale risalente all’infanzia e si sente perseguitato da lui proprio a livello artistico».
Di quali testimonianze vi siete avvalsi per il vostro documentario?
«Oltre al libro dei dei sogni, finora poco utilizzato e dato alle stampe solo 6 o 7 anni fa, nel film intervistiamo Francesca Fellini (figlia della sorella Maddalena); Rita Fellini, figlia di Riccardo e morta durante la lavorazione del nostro documentario; Anna Orso, protagonista dell’unico film da regista di Riccardo; Moraldo Rossi, aiuto-regia di Federico fino a prima della "Dolce vita"; Antonello Geleng, lo scenografo; il documentarista Vittorio De Seta; Tullio Kezich, per il quale, alla luce del libro dei sogni l’autobiografia su Fellini andrebbe riscritta e tanti altri. In ognuno c’è un brandello della storia. Quando Federico entrò in crisi, travolto dal successo della "Dolce vita", cominciò ad andare in analisi da Ernst Bernard per 3 o 4 anni, finché non morì lo psicoterapeuta che per Federico era un secondo padre e lo frequentava spesso durante la settimana. Nella terapia Bernard gli faceva trascivere i sogni e Federico li disegnava pure. Sul fratello Riccardo emerge uno spaccato tra il 1961 e il 1968: nei suoi sogni ricorrenti racconta di picchiarlo, maltrattarlo e insultarlo».
Come reagì Riccardo ai maltrattamenti e alle imposizioni di Federico?
«Riccardo era un uomo molto solare, bonario, un grande narratore e visse male le imposizioni di Federico. Dopo il suo primo film da regista che creò la rottura con il fratello, non firmò più pellicole, ma collaborò con la Rai come documentarista e come attore. Nel nostro film mettiamo in risalto sia il dramma di Riccardo, schiacciato dall’ombra enorme del fratello, sia la fragilità del "gigante" Federico che percepisce il fratello come una minaccia per il suo successo, intrappolato com’era dal complesso del primogenito. Non è, comunque, un film per cinefili ma tratta temi universali che riguardano tutti».
Al Festival di Roma vi sarebbe piaciuto arrivare in concorso con un tema così importante e inedito?
«Quando abbiamo proposto il film, c’è stato subito un evidente interessamento. Certo, non ci sarebbe dispiaciuto il concorso, ma so che tra i selezionatori si era creata una divisione per il nostro documentario sul dilemma del concorso o del fuori concorso. Intanto, abbiamo molte richieste dalle telvisioni nord europee, svedesi comprese».