Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano 1/11/2013, 1 novembre 2013
PIERGIORGIO, IL FIGLIO CHE HA PRESO 3,6 MILIONI DALL’AZIENDA DEGLI AMICI DI FAMIGLIA
L’intreccio tra le due famiglie, Cancellieri-Peluso e Ligresti, attraversa le generazioni. La frequentazione tra Anna Maria Cancellieri e la dinastia che ha spolpato la Fondiaria Sai si deve a un’amicizia antica. Per il figlio della Cancellieri, Pier Giorgio Peluso, i Ligresti sono stati anche (e soprattutto) lavoro. Peluso, 45 anni, da circa un anno è direttore finanziario di Telecom Italia, indicato da Mediobanca, dove ha lavorato dopo la laurea. Mediobanca, cioè la banca d’affari che ha gestito la regia della fusione-salvataggio tra Unipol e la Fondiaria Sai di cui Peluso è stato direttore generale. L’incastro è complesso: Peluso si laurea in Bocconi nel 1992, poi gira per banche, da Mediobanca a Credit Suisse al Mediocre-dito centrale e Capitalia. Quando l’istituto di Cesare Geronzi si fonde con Unicredit, a Peluso viene affidato un compito importante: responsabile della parte corporate, cioè i rapporti con le imprese.
E tra le imprese con cui Unicredit ha i guai maggiori c’è la Fondiaria Sai degli amici di famiglia di Peluso, cioè i Ligresti. Da banchiere, il figlio di Anna Maria Cancellieri è uno dei protagonisti dell’ultimo tentativo di salvare la Fon-sai, nel 2011: Unicredit strapaga (alla holding Premafin dei Ligresti) i diritti per un aumento di capitale in Fonsai e la banca si trova ad avere il 6,6 per cento della compagnia assicurativa. “Ai Ligresti le banche applicano il trattamento Zaleski: rinegoziare (non si sa cosa), per tenere in vita una scatola cinese con attività che continuano a perdere di valore. È questo il modo migliore per tutelare i loro crediti?”, scrisse su Repubblica l’economista Alessandro Penati. L’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, impone però una condizione vincolante: i Ligresti mantengono il controllo su Fonsai, tramite Premafin, ma vuole un suo uomo al vertice della gerarchia operativa di Fonsai. Cioè proprio Peluso, il manager che dentro Unicredit conosce meglio i Ligresti, per lavoro e per amicizie famigliari. Peluso denuncia i guai di Fon-sai, come dichiara a verbale ai pm (che lo ascoltano come persona informata dei fatti): la compagnia non ha abbastanza riserve, soprattutto per i sinistri. Osservazioni che hanno poi spinto il gruppo ad avviare un ulteriore aumento di capitale che i Ligresti non erano in grado di affrontare.
Peluso traghetta quindi la compagnia verso la fusione con Unipol, nonostante abbia seri dubbi sulla solidità del gruppo bolognese delle coop. Il 6 marzo 2012 manda una email ai vertici di Goldman Sachs Italia, agli atti dell’inchiesta di Torino: “Vi allego un memo molto sulle criticità di bilancio di Unipol Assicurazioni. A quanto pare non siamo gli unici ad avere problemi di solvibilità”, poi chiede di programmare “una riunione in settimana” per fare il punto “su quanto stiamo scoprendo”.
Peluso se ne va da Fonsai pochi mesi dopo, in estate. Per 14 mesi di lavoro incassa una buonuscita di 3,6 milioni di euro, pari a tre annualità di stipendio (anche se le dimissioni erano volontarie, grazie a una clausola ben negoziata). Una cifra non scontata per un’azienda che quell’anno ha chiuso il bilancio con una perdita di 800 milioni di euro.