Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 01 Venerdì calendario

DECADENZA, LA BATTAGLIA INFINITA COSÌ PUÒ RIVIVERE IL VOTO SEGRETO


ROMA — Ma alla fine, ‘sto voto in aula al Senato sulla decadenza di Berlusconi da legge Severino sarà segreto o palese? Bella domanda, quella su cui arzigogolano gli uomini del Cavaliere, alfaniani o lealisti che siano, pronti a buttare in campo la palla giusta per salvare il loro comunque leader. Vediamo di addentraci nell’ennesimo labirinto dell’affaire Berlusconi. Una storia semplice (un senatore condannato in via definitiva a 4 anni) con una legge semplice (la Severino, fuori dalle Camere chi è condannato a più di 2 anni) trasformata invece nel peggiore dei guazzabugli.
La giunta per il Regolamento del Senato ha deciso che il voto su Berlusconi dovrà essere segreto. Si è pure votato su questo ed è finita 7 a 6. Ma abbiamo solo scherzato?
Eh, quel voto in parte vale, e in parte no. Per comprenderlo bisogna fare un passo indietro sulla procedura per portare in aula la proposta di decadenza di un senatore. Come ormai è ben noto, la giunta per le Elezioni e le Immunità di palazzo Madama — relazione del presidente Dario Stefàno — propone a maggioranza che Silvio lasci la poltrona. Se in aula nessun senatore dovesse eccepire questa decisione, essa passerebbe così com’è stata fatta. E arrivederci a Silvio. Se invece qualcuno si alza, presenta un ordine del giorno, e dice che non è d’accordo, allora si vota. E qui nasce il busillis.
Che cosa può architettare il Pdl, o Forza Italia che sia, per aggirare la decisione della giunta per il Regolamento?
Tutto dipende dal contenuto degli ordini del giorno. Esattamente così ha risposto Francesco Russo, il senatore Pd relatore in giunta, appena uscito vincitore dalla giunta medesima. Confermando che lo spiraglio esiste per il voto segreto. Anzi, più che uno spiffero parrebbe proprio un forte vento di tramontata. Perché il segreto sta nello scrivere un ordine del giorno che “obblighi” il presidente Grasso a concedere il voto segreto o quanto meno a rivolgersi di nuovo alla giunta per il regolamento.
Che ordine del giorno potrebbe “tradire” il parere votato in giunta?
È ovvio che se l’odg dice solo “siamo contro la proposta di decadenza” in quel caso il voto sarà palese. Perché la giunta per il Regolamento ha deciso espressamente che «nei casi di incandidabilità sopravvenuta, eventuali odg in difformità dalle conclusioni della giunta delle Elezioni devono essere votati in maniera palese». Quindi, odg puntuale su decadenza, voto palese.
E se invece l’odg tira in ballo importanti articoli della Costituzione?
Allora uno spazio per il voto segreto ci potrebbe stare. Il regolamento del Senato è chiaro, gli articoli della Costituzione dal 13 al 32 (escluso il 23) possono richiedere un voto segreto che 20 senatori possono richiedere. Eccoli i famosi 20 senatori. Non a caso, nel Pdl alfaniano, se ne sono già appalesati 22. Questi si rivolgono al presidente dell’aula Pietro Grasso e gli chiedono un voto segreto. Qui potremmo essere già fuori dallo stretto ambito della decadenza e dall’ambito assai circoscritto (troppo?!?!) individuato dalla giunta per il Regolamento.
A questo punto, con gli odg sul tavolo, che fa il presidente Grasso? Decide o rinvia?
Diciamoci la verità, qua nessuno vorrebbe stare nei panni del presidente Grasso e di una decisione a suo modo storica. Egli, assumendosene la piena responsabilità che gli compete, potrà fare due cose. Decidere che il voto è segreto perché l’odg riguarda “comunque” la procedura della decadenza su cui la giunta per il Regolamento si è pronunciata. Oppure potrà convocare di nuovo la giunta e sentire il suo parere.
I precedenti possono dare supporto a Grasso?
Come dice Francesco Russo un dato è «storico», tabelle riassuntive alla mano: «Alla Camera, dal 2007, in casi come quello di Berlusconi si è votato palese. Al Senato si contano ben 25 casi di voti palesi sulle richieste di autorizzazione a procedere, da Andreotti a Lusi». Un dato storico che dovrebbe fare giurisprudenza.