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 2013  novembre 01 Venerdì calendario

SE IL PACHINKO PIACE ALL’ECONOMIA


È un flipper molto diffuso in Giappone, dove il premier Abe vuole legalizzare il gioco d’azzardo. Un settore da cui gli utilizzatori finali hanno solo da perdere: si fa cassa sulla pelle degli elettori

Il pachinko è una sorta di flipper verticale. In Giappone esistono sale giochi dove ci sono centinaia di macchine per giocare a pachinko, una accanto all’altra, con altrettanti giocatori seduti ordinatamente, silenziosi in un ambiente rumorosissimo. Spesso sono uomini in giacca e cravatta a tentare la fortuna. Il gioco consiste nell’inserire nel circuito sfere di metallo che, a seconda dell’intensità della spinta, potranno andare perdute o, entrando nel foro giusto, moltiplicarsi. Capita che il flipper si trasformi in una slot machine e questo è forse l’unico momento di partecipazione emotiva del giocatore/spettatore. È il momento della vincita vera.
IL GIOCATORE che ottiene altre sfere di metallo, al termine della seduta di gioco, potrà cambiare la sua vincita in tessere di plastica e non in denaro. Salvo poi trovare all’esterno delle sale pachinko dei luoghi dove sarà possibile cambiare le tessere in denaro. Tutto avviene senza che nessuno dia spiegazioni, senza parole di troppo. E l’ultimo cambio è affidato a macchinette elettroniche, veri e propri distributori di denaro.
Il pachinko è un gioco che dice molto del Giappone. Pare abbia preso piede immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale grazie alla sua incredibile capacità ipnotica. Il giocatore deve infatti limitarsi a regolare l’intensità della manovella da ruotare per dare impulso alle sfere di metallo che vengono lanciate senza soluzione di continuità e attendere che scendendo traccino i loro percorsi. Spesso ci si dimentica di tutto giocando a pachinko, è quanto dice chiunque abbia provato. A metà del secolo scorso non si vinceva denaro ma beni di consumo. Ci si dimenticava della tragedia e magari si rimediava anche un pacchetto di sigarette. Il pachinko con il tempo diventa il passatempo preferito dei giapponesi e dove ci sono enormi quantità di denaro da gestire arriva la mafia a organizzare, investire, riciclare. E la politica a sfruttare una debolezza per fini elettoriali o magari per arricchimento personale.
Ho visto per la prima volta una sala pachinko, e il suo funzionamento, in "Tokyo-Ga" di Wim Wenders. Era il 1983 e la voce del regista, calma, descriveva scene inaspettate. Un uomo sulla cinquantina, ben vestito, un vistoso tic alla testa e la mano destra sulla manopola che si muoveva senza fermarsi. Nella scena successiva provviste in scatola disponibili su scaffali poco distanti dalle macchinette, per permettere ai giocatori di potersi rifocillare senza dover abbandonare la sala. E poi migliaia di palline.
Wenders dice: «Questo gioco induce uno strano tipo di ipnosi e un senso di benessere. Vincere non è importante, ma il tempo passa e perdi il contatto con te e con la realtà. Per un po’ diventi una sola cosa con la macchina che ti è davanti, e forse dimentichi ciò che avresti sempre voluto dimenticare».
La descrizione di Wenders è desolante. Chi osserva può subire il fascino di un mondo lontano, dove anche le sale giochi sembravano avere una compostezza diversa. Il rumore delle palline, il fumo delle sigarette. Tutto sembrava più serio, sembrava che davvero ci si dovesse ridurre davanti a quelle macchine per dimenticare un trauma collettivo che altrimenti sarebbe rimasto sempre lì, come goccia che scava. Diverso dal frastuono, dalle luci abbaglianti, dal rumore assordante, dal personale troppo premuroso di oggi. E le parole di Wenders hanno tutto un altro sapore rispetto a quanto, lo scorso marzo, durante una seduta parlamentare, ha detto il primo ministro giapponese Abe: «Vorrei che si facesse uno studio sugli effetti positivi dei casinò». Dire che i casinò servano a dimenticare è cosa diversa dall’attribuire loro capacità benefiche sulla psiche di chi li frequenta. Abe pare stia spingendo verso la legalizzazione del gioco d’azzardo per aiutare l’economia giapponese.
Quello del gioco d’azzardo, in un momento di crisi economica come questo, è un settore insidiosissimo da cui gli utilizzatori finali hanno solo da perdere e poco, pochissimo, spesso nulla da guadagnare. Briciole fatte di dipendenza. Di consumo inconsapevole.
IL SETTORE DEL GIOCO d’azzardo, per essere legalizzato, deve necessariamente prevedere da parte dello Stato una programmazione delle attività, deve definire le procedure di autorizzazione in modo che per le organizzazioni criminali sia almeno difficile se non impossibile riuscire a infiltrarsi. E sul piano della prevenzione e della cura, bisogna promuovere campagne di informazione e di educazione al gioco responsabile. Perché non si faccia cassa sulla pelle degli elettori.