Silvia Bombino, Vanity Fair 30/10/2013, 30 ottobre 2013
Vanno di moda i romanzi che non si sa che genere sono, o comunque che, quando li devi raccontare a qualcuno, ci metti più di cinque minuti
Vanno di moda i romanzi che non si sa che genere sono, o comunque che, quando li devi raccontare a qualcuno, ci metti più di cinque minuti. Il che non è necessariamente un male, anzi. La definizione più facile per questo libro è «autobiografia», anche se Piccolo sostiene che ci sia più che altro «un’intenzione autobiografica» ma che siamo ancora, come con Pascale, nel regno dell’auto-fiction, o non-fiction (che va comunque tanto di moda, vedi Limonov di Carrère). Ecco come è diventato grande (Piccolo). LA TRAMA Tutto inizia, e finisce, alla Reggia di Caserta. Qui Francesco Piccolo, a 9 anni, nel 1973, invece di rapinare il frigorifero di un bar capisce di far parte di un mondo più vasto di quello della sua famiglia e degli amici. Intuisce che esiste una «comunità» con cui relazionarsi. Parte da qui la sua ricerca di un posto nel mondo, che passa varie fasi (il contrasto con il padre, che non lo tollera comunista; il tentativo, al liceo, di essere accettato dai «compagni» del Movimento, che non lo tollerano borghese; il desiderio di divertirsi in discoteca con gli amici; il desiderio di stare solo, a piangere, chiuso nella camera dei genitori, per la morte di Berlinguer) fino all’arrivo di Berlusconi, nel 1994, al potere e alla Reggia di Caserta, in visita durante il G7 di Napoli. Una sua battuta: «Attenzione che sennò questa notte aumentiamo la prole», pronunciata alla stessa fontana dove Piccolo, a 9 anni, si sentiva parte della comunità, ha fatto venire in mente allo scrittore l’idea del libro, ossia che anche cose lontanissime possono avvicinarsi, che gli altri siamo noi, che loro sono anche noi. E quindi il «desiderio di essere come tutti». PERCHE LEGGERLO È un libro che parla di un uomo ma anche dell’Italia degli ultimi cinquant’anni e quindi anche, inevitabilmente, di noi e di quello che abbiamo passato. E poi è un libro scritto dando tutto. Quindi si sente tutto. Sorridiamo quando insieme a lui scopriamo che sua madre mette il Guttalax nel latte, proprio quando a Napoli esplode il colera; sorridiamo - perché lo vediamo come fossimo stati lì – quando con uno sguardo il padre lo gela mentre la Germania Est segna il gol decisivo; sorridiamo quando si domanda se la carta rosa che avvolge uno Snoopy da regalare alla sua ragazza impegnatissima non sia fuori luogo. E sorridiamo molto, in altri momenti. Riflettiamo quando ci ricorda le Brigate Rosse, Moro, Berlinguer, Cossiga, Craxi e la scala mobile. E piangiamo, almeno una volta, quando dice, a pagina 254: «Quel tutti... comprende mio padre: in fondo io e lui ci siamo molto amati e abbiamo vissuto tanto tempo insieme, e senza di lui non mi sarei mai messo a cercare le ragioni del mio istinto all’eguaglianza, né avrei mai avuto percezione della diversità fin dalla mattina a colazione. È con lui che mi sono seduto davanti alla tv a guardare la partita tra le due Germanie. E comprende mia madre, che una volta mi ha detto che forse non era la madre che avrei desiderato avere, e invece non sa quanto la sua superficialità abbia determinato una serenità di base che nemmeno le picconate riescono ad abbattere». PER CHI E’ Per tutti i candidati alle primarie del Pd, per non cadere negli errori del passato. Per quelli che votano a sinistra, perché sapevano già tutto ma nessuno glielo ha mai spiegato così bene. Per quelli che votano a destra, perché è un libro educato e sfacciato insieme. Per mia zia, che vive in Germania dal 1965 e non capisce ancora come è possibile che gli italiani votino Berlusconi e parlino sempre e solo di Berlusconi. Per chi non se ne va dall’Italia, ma continua a restare. E non si salva.