Raffaella Troili; Paola Vuolo, il Messaggero 31/10/2013, 31 ottobre 2013
«VOLEVAMO SMETTERE MA ORMAI ERA TARDI»
LA CONFESSIONE
Pur sempre piccole, sotto un doppio strato di rossetto e il corpo esploso in fretta. Le bocche a cuore, gli occhi sgranati, le pose eccessive che fanno tante altre, basta spiare la bacheca di una qualsiasi adolescente. Tatuaggi, abiti sexy, sguardi languidi: devono esser rimaste inebriate anche loro, Titti e Lucia, quando hanno capito l’effetto che fa, mostrarsi in foto e poi, alzare il tiro, vendersi. «Abbiamo cominciato per gioco, era bello avere soldi e vestiti», forse anche droga, ha raccontato la più piccola agli investigatori. «Ho sbagliato, volevo uscire dal giro, tornare a scuola, ma ormai eravamo troppo coinvolte». A chiudere definitivamente la gabbia, già fatta di ricatti, pressioni e falsi miti ci si è messa proprio la mamma: «Avevamo bisogno di soldi, è lei che mi ha spinto a continuare: un giorno stavo male, lei mi ha fatto andare ugualmente in quell’appartamento ai Parioli. Però si raccomandava che studiassi, andassi anche bene a scuola».
Eccole Titti e Lucia, abbracciate, sorridenti, supertatuate (una spada con scritto intorno disperato amore sulla spalla; un cuore e dentro un together che chissà se ha ancora senso; sui fianchi, in latino: «si vis pacem para bellum»). E poi armi, frasi cattive, sullo sfondo pacchetti di sigarette e rabbia. Strette come a farsi forza, «fino a che non fottiamo il mondo», con un segreto da custodire, uno dei tanti che si dividono a quell’età, solo più brutto e squallido. «Fate l’amore non fate il liceo classico», scrivono su Facebook, «Tutte cagne» c’è sul muro della cameretta; una corte di migliaia di amici le osanna con apprezzamenti e commenti, loro si rimirano: «siamo le più belle. ti amo». Sono assieme, strette strette, il 16 agosto; «l’amore spesso prende ma poi non restituisce, cerco il sollievo in una dose di veleno», è sempre lei, la quattordicenne a mandare messaggi, raccontarsi un minimo. L’altra, no: solo foto sfacciate, a volte sguaiate, gli occhi furbi e strafottenti, gli abiti da prostituta di lusso, il corpo come una bandiera.
IL MAGNACCIA
Ed è lei, la bandiera di Mirko Ieni, autista, organizzatore di feste notturne e procacciatore di clienti per le due lolite. «Ciò casetta a viale Parioli 190, insomma la classe non è acqua... povero sì, ma con classe» scherza con gli amici su Fb, dubita riuscirà a tenerla ancora per molto, del resto le ragazzine che sfrutta negli ultimi tempi si fanno pregare, non rispondono alle chiamate, danno buca ai clienti.
Giocano, le rimprovera. Lui no. Posta messaggi che parlano di delusione, dolore, disillusione. «Volevo una vita perfetta fatta d’amore e non c’è... Volevo che non accadesse mai nulla a chi amo e non è successo... be ho smesso di volere e sono qui in balia di te!!!! Destino di merda». E indietro, a maggio: «Voglia di andar lontano... scappare da me stesso... e paura di ciò che posso diventare... Siamo la continua evoluzione di noi stessi!». Il 29 ottobre cambia casa, lo annuncia così: «Buon giorno amisciiiii... Quante cose cambiano... Oggi nuova vita... Cambiamo casa e seguiamo i sogni e i desideri del nostro cuore... Evviva l’irrazionalità...». Va a viale Parioli, la sorella scrive, come avesse un presagio: «Ti auguro tutta la fortuna possibile e come faccio sempre ti esorto a pensare sempre con molta attenzione alle tue azioni ... stai attento e con gli occhi aperti perché dietro la porta c’è sempre qualcuno pronto a portare guai... tvb fratellino e comportati bene!». E’ a Sperlonga il 16 agosto, quando loro due, le lolite che fa prostituire in casa sua, posano languide, un po’ più anonime e libere, stringendosi al tramonto, in una sera d’estate. Quel giorno forse hanno solo fatto le vamp.
Raffaella Troili; Paola Vuolo