Paola Vuolo, il Messaggero 31/10/2013, 31 ottobre 2013
BABY PROSTITUTE INCHIESTA CHOC ALTRE ADOLESCENTI COINVOLTE NEL GIRO
L’INDAGINE
Altre liceali coinvolte nel giro delle baby squillo, altre minorenni sfruttate. La storia di Lucia 16 anni appena compiuti e Titti, 14 anni (i nomi sono di fantasia), potrebbe essere solo la punta dell’iceberg, l’inchiesta è ad una svolta e sta svelando contorni allarmanti. Gli investigatori ritengono che nell’appartamento ai Parioli c’era un vero traffico di minorenni che si prostituivano. La nuova pista nasce dall’intercettazione di una telefonata tra Mirko Ieni (arrestato dai carabinieri insieme ad altre quattro persone) e Titti. Lui rimprovera la studentessa perché non ha richiamato un cliente, le dice che questo non è un gioco, lei e la sua amica devono essere più professionali.
LA TELEFONATA
In questa conversazione c’è un passaggio in particolare che ha convinto gli inquirenti a non chiudere l’indagine scattata dalla denuncia della madre di Titti. Ad un certo punto Ieni dice alla sutudentessa: «Nel momento in cui si lavora tu ci stai e non mi fai zompare la giornata, perché se tu mi dici oggi, alle tre devi stare a lavorare. Ancora non avete capito un c... addio a tutte e due è stato un piacere, e non vi preoccupate, è stato un piacere ragazze, veramente un piacere, grazie di tutto, non c’è problema, tranquille, ci sono due più simpatiche e forse più professionali di voi». Alla fine della telefonata Titti promette di chiamare il cliente, anche se il rimprovero non le è piaciuto.
Chi sono le altre due ragazze «forse più professionali» di Lucia e Titti? Il sospetto degli investigatori è che si tratti sempre di minorenni.
GLI INTERROGATORI
Lucia e Titti avevano conosciuto Mirko Ieni, Nuzio Pizzacalla, militare dell’esercito, e Riccardo Sbarra, commercialista, su Facebook. Le amiche avevano inviato le loro foto e alcuni video osé che erano finiti sul sito di «Bakeka incontri». I tre, che non fanno parte di un’organizzazione, ma sono accusati a vario titolo di sfruttamento della prostituzione minorile e diffusione di materiale pedopornografico, sono stati interrogati ieri, nel carcere di Regina Coeli, insieme alla madre di Lucia, la barista arrestata che prendeva i soldi che la figlia guadagnava prostituendosi, e a Mario Michael De Quattro, il commerciante che ricattava una delle due ragazze. Avrebbe fatto girare su internet le riprese dei loro incontri amorosi se non pagava 1.500 euro. Tutti hanno respinto le accuse, il commercialista, che sarebbe stato un cliente, si è avvalso della facoltà di non rispondere e gli avvocati Piergiorgo Micalizzi e Agostino Mazzeo, dicono che lui non ha avuto nessun ruolo in questa vicenda: «Vogliamo precisare fin da subito che il suo ruolo è assolutamente marginale e non corrisponde a quanto riportato dagli organi di stampa». Gli altri arrestati hanno fornito al gip Maddalena Cipriani una ricostruzione dei fatti che puntavano a sminuire le loro responsabilità nella vicenda e la madre di Lucia ha detto che lei non aveva mai incitato la figlia a fare la prostituta. Ma le loro versioni non hanno convinto il magistrato che ha giudicato «non convincente» la linea difensiva. E sembra che gli interrogatori di garanzia abbiano confermato, se non addirittura rafforzato, l’impianto accusatorio.
I CLIENTI
Sale a 10 il numero dei clienti delle baby squillo iscritti nel registro degli indagati che rischiano da uno a sei anni di reclusione. E nei prossimi giorni la lista potrebbe allungarsi. Ieri nella caserma dei carabinieri di via In Selci sono stati ascoltati altri uomini ultratrentenni che hanno avuto rapporti sessuali con le studentesse. Tuti hanno giurato di non sapere che le ragazze erano minorenni, «abbiamo visto le foto e i video - hanno detto- e sapevamo che avevano più di 18 anni». Ma gli investigatori non credono alla loro versione, perché ritengono «improbabile» scambiare una quattordicenne per una maggiorenne, chi indaga ritiene che quando i clienti incontravano le ragazzine si accorgevano sicuramente dell’inganno.
IL DETECTIVE
Nel maggio scorso la madre di Titti, disperata dal comportamento ribelle della figlia dopo avere ricevuto due mail che le dicevano che la figlia si drogava e si prostituiva siè rivolta ad un investigatore privato. Il detective aveva poi consegnato alla donna un piccolo dossier di 20 pagine, che riportava gli sms e i messaggi whatsap che Titti si scambiava con gli sfruttatori e i clienti e che hanno aperto il vaso do Pandora.
Paola Vuolo