Sergio Romano, Corriere della Sera 31/10/2013, 31 ottobre 2013
I DIFETTI DELLA LEGGE CALDEROLI SISTEMI ELETTORALI A CONFRONTO
Non si parla d’altro che di riforma elettorale. Secondo me, però, si fa confusione. L’attuale «porcellum» è orribile in quanto i parlamentari sono nominati senza possibilità di scelta da parte degli elettori e per la differenza di sistema tra le due Camere. La mancanza della cosiddetta stabilità dipende invece dal fatto che ci sono tre gruppi che si dividono quasi equamente l’elettorato e che, almeno nel passato, tendevano a delegittimarsi reciprocamente. In tali condizioni nessuna legge, probabilmente nemmeno quella francese, può garantire una maggioranza solida a una sola coalizione: se anche lo potesse, servirebbe a poco perché per le riforme di cui si parla da anni sono necessari non solo la maggioranza in parlamento, ma anche un reale consenso.
Mario Pellegatti
mario.pellegatti@libero.it
Caro Pellegatti,
L’aspetto «orribile» della Legge Calderoli non è rappresentato dalle «liste bloccate». Negli scorsi giorni, rispondendo a una lettera sul sistema elettorale tedesco, ho ricordato che le liste in Germania, per la componente proporzionale del Bundestag, sono bloccate. Ma questo non ha impedito che il sistema elettorale della Repubblica federale assicurasse, complessivamente, rappresentanza ed efficacia di governo. Temo che gli italiani abbiano dimenticato il referendum del 9 giugno 1991 quando il 95,6% dei votanti cancellò il sistema delle quattro preferenze e lo sostituì con quello della preferenza unica. I promotori, fra cui in prima fila Mario Segni, erano giunti alla conclusione, con ragione, che le preferenze, grazie ad accorgimenti e manipolazioni, avevano favorito, soprattutto in alcune regioni, i notabili e le loro clientele elettorali. Siamo certi che il ritorno al passato non produrrebbe gli stessi effetti?
Lei ha ragione quando osserva che la presenza di tre forze politiche, più o meno di pari peso, e il diverso criterio con cui le due Camere conferiscono il premio di maggioranza, rendono la legge Calderoli inadatta a garantire il governo del Paese. Nata per assicurare governabilità al vincitore in un contesto in cui esistevano due forze maggiori (Pdl e Pd), la legge ha prodotto, dopo l’entrata in scena del Movimento 5 Stelle, il risultato opposto.
Credo che lei non abbia ragione, tuttavia, quando sostiene che l’esistenza di tre forze renderebbe ingovernabile persino la Francia. La V Repubblica è semipresidenziale, vota con un sistema maggioritario a due turni e avrà sempre, alla fine di ogni elezione, un capo di Stato forte, dotato di poteri indiscutibilmente assicurati dalla Costituzione. Certo, è possibile che i risultati delle elezioni per l’Assemblea nazionale, come è già accaduto in passato, siano diversi. Ma vi sono due considerazioni di cui occorre tenere conto. In primo luogo la «coabitazione» tra un presidente e un governo di colori diversi si è rivelata meno paralizzante di quanto i francesi e gli osservatori stranieri avessero temuto. In secondo luogo, la terza forza, in Francia, è il Fronte nazionale fondato da Jean-Marie Le Pen e diretto ora dalla figlia Marine. È una forza politica che molti francesi, nonostante lo stile della nuova leader, associano ancora con il regime di Pétain, con la xenofobia, con il negazionismo. Gli elettori che la votano al primo turno, lo fanno in generale per lanciare un ammonimento ai due partiti maggiori. Ma in occasione del secondo turno tornano alle loro precedenti preferenze. Questa è la ragione per cui il Fronte nazionale non è rappresentato, almeno per il momento, all’Assemblea nazionale.