Marisa Fumagalli, Corriere della Sera 31/10/2013, 31 ottobre 2013
DOPO PINAULT ARRIVA ARNAULT, DUELLO FRANCESE A VENEZIA
Arte. Cultura. Lusso. Venezia, economicamente agli sgoccioli ormai da tempo, è la preda preferita dai magnati francesi. Così, il Canal Grande, simbolo e vetrina della città lagunare, viene conteso e spartito dai Gruppi solvibili d’Oltralpe. A meno che non si voglia considerare l’incunearsi di un italiano ricco e coraggioso come Renzo Rosso (Diesel) che finanzierà il restauro del Ponte di Rialto, pezzo storico e arcinoto.
I francesi pigliatutto, dunque. La scalata, in due tempi, era cominciata nel 2005 con Francois Pinault e l’acquisizione (in realtà un lunghissimo affitto) e la gestione di Palazzo Grassi, storico polo artistico della città. Lo stesso imprenditore del Lusso, con la passione dell’arte contemporanea, successivamente si è aggiudicato l’area di Punta della Dogana, che si protende nel bacino di San Marco. Qui, ha creato il suo Museo personale. Adesso è la volta di Bernard Arnault, il rivale francese, che ha già acquisito numerosi marchi italiani. Il proprietario del Gruppo del Lusso Lvmh cala in Laguna per gestire il nuovo megastore di proprietà dei Benetton al Fondaco dei Tedeschi (ex Palazzo delle Poste Italiane), nei pressi di Rialto.
La notizia dell’ingresso di Arnault, attraverso Dfs Galleria, un ramo del Gruppo basato a Hong Kong, è certa ma non ancora ufficiale. Tramonta così definitivamente l’ipotesi italiana della Rinascente che sembrava la favorita tra le varie offerte ricevute dal Gruppo di Ponzano Veneto. Il nuovo centro commerciale, progettato dall’archistar Rem Koolhaas , designato direttore della prossima Biennale d’Architettura, non sarà secondo al londinese Harrod’s e al parigino Galerie Lafayette. Il fatto che Dfs Galleria abbia sede a Hong Kong non deve trarre in inganno. Da indiscrezioni si sa che l’imprinting dello store è tutto italiano. Ed anche veneziano. Pur con la presenza di alcuni prestigiosi marchi internazionali, è il made in Italy con le sue eccellenze a trionfare. Perfino il made in Venice , se si considerano anche i prodotti della storica tradizione lagunare, come i vetri di Murano. Del resto, i clienti di Dfs Galleria — così si evince da loro profilo — tendenzialmente acquistano beni di lusso dei marchi del Paese che visitano come turisti. Ma non è tutto. Il nuovo Fondaco dovrà diventare all’occorrenza, in base agli accordi presi con il Comune di Venezia, anche un polo culturale: con eventi che attraggano pubblico selezionato.
Fin qui gli intenti. L’unica cosa certa, al momento, è che Il Fondaco dei Tedeschi, con questo cambio di destinazione d’uso, in realtà torna alle sue origini mercantili. L’edificio Cinquecentesco progettato da Fra Giocondo, importante architetto rinascimentale (ma alcune fonti fanno risalire la costruzione molto prima), fu, infatti, la prima sede dei commercianti tedeschi. In seguito, Ufficio della Dogana e infine Palazzo delle Poste Italiane. Il Gruppo Benetton lo acquistò nel 2008 per poco più di 50 milioni. Da allora, l’idea e il progetto affidato a Koolhaas (presentato alla Biennale nel 2010) hanno diviso i veneziani, scatenato polemiche (con rilievi critici di studiosi come Salvatore Settis), richiesto modifiche sostanziali (si pensi alla terrazza panoramica che è stata cancellata e alla diversa collocazione delle scale mobili), fino al travagliato ok del Comune di Venezia, nel marzo del 2013, a fronte del versamento di 6 milioni di euro. Ma ora siamo giunti alla fase esecutiva. Mancano le ultime autorizzazioni tecniche, che dovrebbero arrivare in tempi brevi. Poi, l’inizio del consistente restauro, che prevede due anni di lavoro. L’apertura, sei i tempi saranno rispettati, nel 2016. L’intera opera (compreso il prezzo d’acquisto) alla fine verrà a costare circa 100 milioni di euro.
Marisa Fumagalli