Umberto Gentiloni, La Stampa 31/10/2013, 31 ottobre 2013
L’ITALIANO CHE CAMBIÒ IL CIELO DI MANHATTAN
Si muove a sette anni da un piccolo paesino della Basilicata per raggiungere il padre da tempo emigrato nella Grande Mela. In un freddo gennaio del 1885 Canio Paternò da Castelmezzano diventa Charles Paterno da New York City; nuove generalità e presto una nuova vita. Viaggio lungo e faticoso: un giorno fino a Napoli e poi l’attraversamento dell’Atlantico in tempesta, l’approdo all’«immigration Center» di Battery Park. La storia fortunata di un emigrante di successo alla ricerca dell’America.
Charles segue le orme del padre muratore, capomastro e proprietario di una piccola ditta di costruzioni; lavora sodo e parallelamente sperimenta il suo ingegno: vende una piccola magic box con un magnete nascosto e inventa un meccanismo che curvando il beccuccio delle lampade a gas riesce a far risparmiare fino al 10% dell’energia aumentando la luminosità. Uno spirito inquieto che ben si addice alle dinamiche del nuovo mondo. Il volume di Renato Cantore, Il castello sull’Hudson. Charles Paterno e il sogno americano (Rubbettino) segue l’itinerario di un sogno possibile.
Con un gruzzoletto di risparmi Charles s’iscrive al Medical College della Cornell University, ottiene il diploma e indossa il camice bianco con l’orgoglio del neolaureato. L’improvvisa morte del padre lo spinge verso un tornante di vita: deve prendersi cura della costruzione di alcuni palazzi sulla 112a, il suo futuro è al timone della Paterno Brothers. Diventa in pochi anni uno dei maggiori costruttori di Manhattan, lo fa con passione e professionalità, resta medico per i suoi dipendenti e i loro figli, si dedica a progettare il futuro di uno spazio urbano che lo attrae e lo interessa. Offre lavoro a molti puntando alla qualità dei progetti da realizzare. Si muove secondo due direttrici: andare in alto verso il cielo per ottimizzare lo spazio; investire nelle zone ancora disabitate. Il cuore pulsante diventa l’Upper West Side, presto inserito nella rete della metropolitana, appetibile e richiesto da una nuova classe emergente. Si specializza nel tirar su grattacieli a uso abitativo, «palazzi alti fino a dieci, dodici piani con appartamenti grandi e confortevoli», segue le innovazioni dei nuovi materiali (il ferro nelle costruzioni), degli ascensori più veloci e sicuri, del confort nelle cucine e negli spazi comuni. Si vantò di aver dato un tetto a 28 mila persone in 75 palazzi concentrati nel West Side e di aver così plasmato lo skyline più celebre del mondo.
Alla donna della sua vita regalò un castello sul fiume Hudson nel punto più alto di Manhattan, con una vista mozzafiato. Fu poi demolito per far posto a una città giardino: Castle Village, cinque torri di dodici piani con seicento appartamenti promossi con una coraggiosa campagna pubblicitaria: «Per offrire la luce, il panorama e il confort di una residenza da milionari a gente che non ha redditi milionari». Rimase legato alle sue radici, e, amico di Giuseppe Prezzolini, nel 1927 decise di sostenere l’acquisto di 20 mila volumi della biblioteca della Casa Italiana della Columbia University che porta il suo nome. Il modo migliore per essere ricordato.