Carlo Bertini, La Stampa 31/10/2013, 31 ottobre 2013
LA BINDI E I TANTI DUBBI NEL PD “FORSE ERA MEGLIO NON FORZARE”
Tira un sospiro prima di rispondere, Rosy Bindi, la più anti-berlusconiana tra i dirigenti Pd. La neo presidente dell’Antimafia non riesce a nascondere le sue perplessità e forse spinta dal suo nuovo ruolo istituzionale dice «questa volta non avrei forzato il regolamento». Premette di essere «sempre a favore del voto palese, perché la coscienza dei parlamentari è una coscienza pubblica e non riservata. Ma questo è già di per sè un voto difficile e non lo avrei complicato ulteriormente». Un giudizio accompagnato dalla considerazione finale che «comunque a questo punto va bene così, si andrà con una votazione palese e tutto sarà alla luce del sole».
Però. C’è un però che tra i parlamentari anche di alto rango del Pd costituisce una perplessità diffusa su una scelta, quella di chiedere il voto palese, che sembra quasi aver preso giorni fa Epifani in perfetta solitudine. Non è così ovvio, ma a sentir le considerazioni che si fanno l’impressione è proprio questa.
«Io non ne avrei fatto una bandiera, palese o segreto che sia voglio che si pronuncino al più presto, questo per me è l’importante», dice Pierluigi Bersani. Il quale non ha la sensazione che questa vicenda possa davvero produrre conseguenze determinanti sulla vita dell’esecutivo, «perché quella fiducia del due ottobre ha segnato uno spartiacque...», dice l’ex leader.
Lo stesso Cuperlo dieci giorni fa aveva manifestato pubblicamente le sue perplessità, pur auspicando il voto palese per tenersi in equilibrio, aveva aggiunto che però «c’è un regolamento, non vorrei che precipitassimo nelle regole contra personam. Non sarebbe conveniente». E così la pensano altri «giovani turchi» come Fausto Raciti e perfino dei lettiani convinti come Francesco Boccia. Ecco ora il punto è quanto questa nuova situazione che si è creata possa far precipitare le cose.
In un corridoio della Camera, uno dei lettiani doc, Marco Meloni, soppesa le reazioni degli avversari-alleati alla decisione della Giunta, valutandole come non esasperate e dentro i confini di un prevedibile gioco delle parti. «Del resto sarebbe stato peggio per noi del Pd un voto segreto dagli esiti imprevedibili, così non dovrebbe succedere nulla». Passa di lì Beppe Fioroni infuriato per questo «regalo a Berlusconi» e dunque contro Renzi. «E se questo è cambiare verso...si va tutti a sbattere». E a Meloni, «forse ti sei distratto perché stasera può venir giù tutto. D’altronde se da una parte gli si ficcano due dita negli occhi a Berlusconi e non si dà ad Alfano un po’ di ossigeno per fargli giustificare lo strappo, quelli non reggono». Il riferimento implicito è a Letta, dipinto dai suoi uomini come «tranquillo» e invece secondo molti del Pd ora a rischio.
Uno dei tanti che, come Fioroni, la vede brutta è anche il numero uno dei segretari regionali, il giovane cuperliano Enzo Amendola che teme sia questa la finestra che il Cavaliere potrebbe usare per lo strappo, in quanto tentare la prova di forza dopo la decadenza sarebbe del tutto inutile. Ma c’è anche chi è sulla linea renziana di un voto palese, come il franceschiniano Antonello Giacomelli, convinto che «quando c’è una richiesta dei magistrati, la Giunta istruisce la pratica ed ognuno deve decidere secondo coscienza e in quel caso è giusto il voto segreto, ma con la Severino che fissa i requisiti di legge per la decadenza non c’è bisogno di un giudizio soggettivo».