Luca Telese, Linkiesta 31/10/2013, 31 ottobre 2013
Sembra una disputa tra giornalisti ma non lo è: la presunta polemica contro Giulia Innocenzi, bocciata all’esame di giornalismo e sbeffeggiata ieri su Libero, e oggi sulla prima pagina del Giornale e poi in un coretto turbinoso di siti sciacalleschi e di parassiti dileggiatori contemti di gridare dagli al vip è il simbolo di una follia tutta italiana
Sembra una disputa tra giornalisti ma non lo è: la presunta polemica contro Giulia Innocenzi, bocciata all’esame di giornalismo e sbeffeggiata ieri su Libero, e oggi sulla prima pagina del Giornale e poi in un coretto turbinoso di siti sciacalleschi e di parassiti dileggiatori contemti di gridare dagli al vip è il simbolo di una follia tutta italiana. La prima insensatezza è evidente a chiunque abbia già passato l’esame di giornalismo: ovvero l’assurdo di considerare come un giudizio attendibile un concorsone taroccato per costituzione, in cui puó capitare di andare benissimo o malissimo per puro caso, una lotteria in cui si essere interrogati sullo scibile umano, perché la materia teorica di chi deve fare il giornalismo è appunto pura tuttologia: diritto, codice civile, Costituzione, storia, storia del giornalismo, titolistica, grafica, solo per citare alcuni dei tanti sterminati campi. Ricordo una meravigliosa risposta di Alberto Ronchey: «Lei è un intellettuale, uno studioso, un giornalista, ora anche un ministro: si sente un tuttologo?». E lui, magistralmente aveva risposto: «Anche». Una prova per tuttologi, dunque. L’altro paradosso è che il concorso lo fa sia chi è già giornalista da dieci anni, sia chi non lo farà mai. Lo fanno persone che hanno già un lavoro (da giornalista) e anche persone che hanno un altro lavoro (magari collaterale, o anche diverso, ma vogliono la medaglietta). Quindi la contraddizione di questo concorso è che non garantisce nessun posto, ma al massimo una abilitazione a professionisti che poi il lavoro se lo trovano, o se lo dovrebbero trovare da soli. Per cui la prima domanda da farsi è: ma se uno fa già il giornalista da dieci anni, come può non ottenere l’abilitazione a fare quello che già fa? E se non la ottiene lo ha fatto abusivamente? Come si puó bocciare Giulia Innocenzi nello scritto? Possibile che Giulia improvvisamente non si ricordi più come si scrive? Che abbia fatto proprio all’esame errori di grammatica o di sintassi? Possibile ma improbabile. Vero è, invece, che bocciare uno famoso da sempre soddisfazione ai burocrati designati. In altri casi bocciare dei giovani anonimi da soddisfazione allo stesso modo, perché ti fa pensare di avere un ruolo edificante. Sembra che stia difendendo la Innocenzi, di cui parlerò tra poco, ma in realtà parlo di tante storie che conosco benissimo, compresa la mia. Sono entrato in una redazione nel 1989, ho potuto fare il sospirato concorso - ci si accede in base a requisiti previdenziali - solo nel 2001. Perché all’epoca (con ancora più rigore di oggi) a nulla valeva l’anzianità professionale, era solo quella clausola contributiva che ti abilitava alle prove scritte e orali. Quando dopo dodici anni finalmente ho potuto iscrivermi al corso di preparazione dell’ordine, scrivevo tutti i giorni sul Giornale da due anni. Prima di allora, per altri tre anni avevo lavorato al settimanale del Corriere della sera e al Corriere della sera, firmando articolesse, aperture, prime pagine. Il collega che mi aveva corretto il compito di prova, evidentemente non aveva mai letto il mio nome nemmeno per sbaglio. Meglio così. Era animato da un sano pregiudizio verso i colleghi più giovani e si ritenne libero di esprimerlo. Non dimenticherò mai quel giorno: ci riconsegnarono i compiti e ci umiliarono dicendo che eravamo una generazione che non sarebbe mai arrivata a scrivere sui giornali. Il collega designato dall’ordine mi riconsegnó il mio compito aveva costellato di appunti rossi e blu tutta la pagina. Mi disse, con un accento dialettale marcato: «L’Italiano bisogna saperlo scrivere: soggetto, predicato e complemento oggetto». Era meglio essere mediocri che eleganti, un ammonimento importante. In sostanza andó a finire così: fui bocciato al corso dell’ordine, come un somaro, e promosso con pieni voti all’esame. Se i selezionatori fossero stati invertiti sarei stato bocciato come Giulia, all’esame, perché in due settimane non era certo cambiato il mio modo di scrivere. Se ci fossimo scambiati il compito io e un collega disoccupato che era con me in quel corso preparatorio, sicuramente mi sarei depresso, forse avrei gettato la spugna. Infine l’ultima perla: se ci sono due quotidiani che sparano sull’ordine, in Italia, sono Libero e Giornale. Hanno sparato a palle incatenate contro questa istituzione per motivi spesso sensatissimi, ma improvvisamente se bisogna sbeffeggiare una giornalista che lavora con il "nemico" Santoro, l’Ordine diventa una Cassazione. "La maestrina bocciata", titola soddisfatto Il Giornale. Ma se una giornalista fa delle interviste ed esprime delle opinioni in tv fa il maestrino? Deve essere bocciato perché sembra presuntuoso? Perché è nemico o viene percepito come nemico da qualcuno? Secondo me, la Innocenzi, che paga il prezzo della sua visibilità sul l’altare dove di solito si preferisce la mediocrità operosa al talento, merita una sola cosa, oggi: una medaglia.