Lavinia Farnese, Vanity Fair 30/10/2013, 30 ottobre 2013
PIERO NON TRADISCE PIU’
«Ho avuto paura. Che non avrei più potuto dare niente a una donna, che non avrei potuto innamorarmi di nuovo. Invece una stagione ha ceduto il passo a un’altra». Di «quel Piero Marrazzo lì», il presidente della Regione Lazio che, prima di rincasare da moglie e figlie, trovava occasionale piacere nei trans di via Gradoli, a Roma, non resta che una traccia. Nei suoi occhi segnati da un dolore che non ha alternative: resta. E nella gamba inquieta se si va a parlare di quell’ottobre 2009. Al ricatto di quattro carabinieri in possesso di un video compromettente (c’è un processo ancora in corso in cui lui è parte lesa), seguirono le sue dimissioni da governatore. Non bastarono. «La stampa fu violenta», racconta ora che, a 55 anni, dopo quattro di silenzio, torna in Tv dal 13 novembre, come conduttore di una trasmissione di documentari su Raidue, Razza umana. In quel seminterrato, più di sesso e cocaina, si consumava, dice, «un errore»: «Perché ci andava il capo di un’istituzione importante, un marito, un padre. Quella libertà non te la puoi conquistare tacendola. L’ho capito dopo».
Come?
«Con un mese di monastero, dimostrando anche che non avevo alcuna dipendenza. Poi con due anni di analisi. Partendo da una domanda: “Perché, da eterosessuale, con il successo e una famiglia felice, sono finito lì?”».
Risposta?
«È intima, e non ce n’è una sola. Pensavo che il problema fosse il rapporto con mio padre: un’ombra lunga, personalità imponente, famoso in Rai. L’irrisolto, invece, mi diranno, era con mia madre: donna bellissima, riservata ma vicina. Morta di tumore nel 1985, lo stesso anno di papà Joe: per questo sono giornalista».
Che effetto fa tornare a farlo?
«Di giustizia. La stessa che deve avere provato Albert Einstein quando a Ellis Island sulla casella della razza scrisse: “Appartengo all’unica che conosco, quella umana”».
Ingrassò, le si imbiancarono i capelli.
«Mi hanno trattato da appestato, sono ripartito piano: dalle mie ex mogli Isolina e Roberta, madri di Giulia, Diletta e Chiara, dal barista, dagli amici, dal maestro di tennis, dai miei suoceri, Nanda e Giorgio, come genitori, dalle suore della scuola di mia figlia. Che un giorno mi fa: “Papà, stai tranquillo, non potrai mai essere ricordato solo per uno scandalo, hai fatto tanto di più”».
Nel 2012 ha conosciuto Patrizia Mancini, la sua nuova compagna: 42 anni, coreografa, insegnante di danza, ex ballerina Tv.
«Sono rimasto stupito. Non pensavo proprio a fidanzarmi. È successo al Circeo, dove passavo le estati da ragazzo: corsa al mare, cappuccino in paese, in gommone a Ponza. È apparsa una mattina in spiaggia: “Mamma mia”. Ci presentano amici comuni. “Piacere, Patrizia”. “Piacere, Piero”. Pensavo: “Mo’ ricominciamo: Marrazzo, lo scandalo, i trans, la cocaina”. Ma la grandezza di una donna è che quando le piace un uomo non ha pregiudizi: il sentimento è più forte».
Su Facebook lei però si definisce ancora single.
«Lo fa per proteggerci».
Ha definito i trans «donne all’ennesima potenza». Ci è più tornato?
«No, ho detto basta e mi sono dedicato a recuperare cose importanti della mia vita, che ho rischiato di perdere per sempre. In quel mondo, mi ci calavo estemporaneamente, per riparo, e con umanità. In alcuni anni, neanche ci sono stato. Solo a un certo punto, poi, c’è stata una ripresa, ma fu breve».
Ha mai pensato a uccidersi, come temevano le persone a lei vicine?
«Mai. Sono stato più forte dell’effetto devastante del giudizio».
Ai morti, invece, di questa vicenda, ci pensa mai?
«Con il rispetto che si deve per ogni persona che manca. Ma è una vicenda corsa lontana da me».
L’amore si è aggiustato, torna in video. La politica la tenta ancora?
«Se fai politica, non vivi. Mi basta tornare in quella Rai in cui entravo, da bambino, mano nella mano con mio padre, a vedere la partita di calcio in bassa frequenza nello studio di Maurizio Barendson».
La lezione più importante che ha imparato.
«Piero non tradisce più. Non mente più».