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 2013  ottobre 30 Mercoledì calendario

PERISCOPIO


Il 13 marzo 1999 al congresso dei Verdi, a proposito del futuro Partito democratico: «Mettiamo un po’ di ambientalismo, perché va di moda. Poi siamo un po’ a sinistra, ma come Tony Blair, che è sufficientemente lontano, diciamo... Poi siamo anche un po’ eredi del cattolicesimo democratico. Poi ci mettiamo un po’ di giustizialismo che va di moda... e abbiamo fatto un nuovo partito, lo chiamiamo in un modo che non dispiace a nessuno, perché Verdi è duro, Sinistra suona male, democratici siamo tutti, ed è fatta. E chi può essere contro un prodotto così straordinariamente perfetto? C’è tutto. Auguri. Però non ci credo. Giuseppe Salvaggiulo, Il Peggiore: Ascesa e caduta di Massimo D’Alema e della sinistra italiana. Chiarelettere.

Quante speranze aveva suscitato la primavera araba! Invece abbiamo una guerra civile in Siria, instabilità politica in Libia e in Tunisia e l’incubo di una guerra civile in Egitto. Non basta rovesciare un tiranno e fare le elezioni per avere la democrazia. L’essenza della democrazia è la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che proibisce di discriminare persone di idee e di fedi diverse e rispettare i diritti politici delle minoranze. Questo principio non c’è tradizionalmente nei paesi islamici in cui il potere politico coincide con quello religioso. E i nostalgici del passato, gli islamisti, che oggi, raggiunto il potere, impongono la legge religiosa, la Sharia, a tutti. Francesco Alberoni. Il Giornale.

La Russia essendo ormai diventata una potenza economica media (ottava, dopo il Brasile, in termini di pil) ed avendo solo nostalgia del suo potenziale militare perduto, non ha, adesso, che una carta da giocare, il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. E qui conta molto il fi uto del ministro degli esteri russo, Serguei Lavrov, abile a sfruttare le esitazioni e le divisioni dei suoi partner occidentali. Marie Jégo. Le Monde.

Quando venne fatta la «costituzione più bella del mondo», i padri costituenti si posero molto seriamente il problema di come evitare che poteri esterni, magistratura inclusa, incidessero sulla composizione delle Camere. Per questo vennero creati una serie di sbarramenti che, negli ultimi decenni, sono stati indeboliti. Aprendo le porte al rischio concreto che sia la magistratura a dire chi va eletto e chi no. Con l’eliminazione, nel 1993, dell’istituto dell’autorizzazione a procedere e (con impatto minore) con la legge Severino del 2012, si chiede, in pratica, alle Camere di prendere atto automaticamente delle conseguenze degli atti giudiziari. A dire il vero la legge Severino è ovviamente prudente e scrive che il Parlamento «delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione», quindi lascia margini alla discrezionalità. Nicolò Zanon, docente di diritto costituzionale all’Università di Milano e componente del Csm. Il Giornale.

Gran parte dei nominati da Berlusconi sono dei travet di periferia miracolati della Provvidenza. Berlusconi li ha messi in lista come tanti Scilipoti in Campania e in Calabria ma mai pensava di vincere. E invece un pugno di senatori si è trovato lo scranno sotto il sedere senza nemmeno alzare un dito. Clemente Mastella. ilvenerdì.

Io, durante Tangentopoli, stavo in Sicilia. Noi vivevamo in hotel bunkerizzati, con sacchi di sabbia, intorno era guerra. E quando arrivavo a Milano, per salutare i colleghi, vedevo le manifestazioni a loro favore. «Forza mani pulite». E non mi piaceva anzi provavo una sensazione terribile quando la folla scandiva i nomi dei magistrati perché, a muoverli, non dev’essere l’approvazione della gente. Ilda Boccassini, pm a Milano. la Repubblica.

Giangiacomo Feltrinelli: De Propaganda Fidel. Marcello Marchesi, Dottor Divago. Bompiani.

Arrivato l’outsider Berlusconi con la sua clamorosa «discesa in campo» non c’è stato più nulla da fare. La sinistra, dopo le molte sconfi tte e alcune vittorie di Pirro, anzi di Prodi, ha capito che se non faceva fuori Berlusconi, l’uomo, non l’idea, non avrebbe vinto mai. Come i pani e i pesci della parabola, i guai giudiziari dell’outsider si moltiplicarono allora per mille, e così i processi. Per la legge detta «dei grandi numeri» prima o poi, lo sconsiderato guastafeste ci avrebbe lasciato le penne e così è stato. Paolo Guzzanti. Il Giornale.

Spiare si è sempre spiato, badando magari a non farsi scoprire. Diverte piuttosto il contorcimento di chi considera Wikileaks una cosa buona e giusta, atteggiandosi a verginella quando i capi di Stato non si fi dano ciecamente l’uno dell’altro. Diverte chi non ha ancora capito (e Jeremy Betham lo aveva già spiegato nel Settecento) che la trasparenza assoluta sta alla base del carcere e degli stati totalitari, mentre la privacy è altamente democratica. Se ne deduce che il grido «intercettateci tutti» è un’idiozia. E francamente: se qualcuno deve ascoltare le nostre conversazioni telefoniche, preferiamo che a farlo siano i servizi segreti americani piuttosto che i magistrati italiani Mariarosa Mancuso. Il Foglio.

Se non vogliono imporsi agli altri, mi sembrano interessanti i vegetariani, i buddisti, i ciclisti, i complottisti, gli scambisti e persino quelli che vanno a vivere in campagna, insomma, chiunque è diverso da me. La castità ottiene il mio rispetto come quelli che fanno il free climbing o non mangiano dolci. I primi danno la misura invalicabile dei miei limiti, i secondi li preferisco perché, se andiamo a cena insieme, so che parte delle loro porzioni potrebbe toccare a me. Francesco Piccolo. La Lettura.

Se esaminiamo al produzione artistica di Nanni Moretti la conclusione è che egli sia un individualista, cultore delle virtù borghesi della responsabilità del merito e della sobrietà, che guarda con diffi denza sia alle masse sia allo Stato e, con benevolenza, alle libere professioni e agli imprenditori e che infi ne affermi il primato della coscienza individuale su quella collettiva. In poche parole Moretti è l’archetipo dell’intelletuale liberale con tendenze anarchiche e gusti conservatori. Oihbò, questa è bella! lo stesso Nanni che implorava D’Alema di «dire qualcosa di sinistra» sarebbe ora una specie di Benedetto Croce dei Parioli? Proprio così. Alessandro De Nicola. la Repubblica.

Per la patria si muore solo quando non se ne può fare a meno. Roberto Gervaso. il Messaggero.