Enrico Paoli, Libero 30/10/2013, 30 ottobre 2013
IL BLUFF DI MATTEO: PARLA DI TAGLI MA POI SPRECA
«Noi metteremo on line ogni spesa, anche un centesimo visto che non sappiamo dove sono finiti i 2 euro delle scorse primarie ». Ecco, se Matteo Renzi impiegasse questa certosina pignoleria - annunciata per rendere trasparente l’uso dei fondi per le primarie, ma lo stesso si può dire nel denunciare i tagli che dovrebbe fare il governo - anche limare le spese del Comune che amministra, ormai a tempo perso, non farebbe un euro di danno. Anzi, renderebbe un bel servizio al Paese, alla disperata ricerca di soldi da investire e di sprechi da tagliare. Che - strano ma vero - si annidano proprio nelle pieghe dei bilanci delle amministrazioni periferiche, comunali e provinciali nello specifico. Ovvero quegli enti che, da tempo, accusano il governo di affamare sindaci e presidenti di Provincia. E fra questi Renzi recita un ruolo da protagonista.
A scoperchiare il pentolone delle mani bucate da tappare, degli enti spreconi e virtuosi nonostante le accuse all’esecutivo di turno, compreso il Comune di Firenze, è il quotidiano La Stampa che ha pubblicato i risultati della ricerca realizzata dal Copaff, la commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale istituita presso il ministero dell’Economia. Un lavoro certosino, particolarmente accurato e dettagliato, avviato tre anni e che mira ad aggredire 40 miliardi di spesa degli enti locali con l’obiettivo di risparmiarne almeno 4 a partire dal 2015. E fra i comuni passati al setaccio, destinati a grattar via il superfluo o quello che non serve, c’è quello amministrato da Matteo Renzi, anche se il quotidiano torinese diretto da Mario Calabresi evita di sottolineare questo dettaglio. Per questa ragione proviamo a rimediare alla distrazione. Così, per vedere l’effetto che fa, dato che Renzi vuol governare l’Italia ma sembra avere qualche difficoltà con una città come Firenze. Che non è né New York né Roma.
Il comune gigliato, dati alla mano, spende il 14% in più (pari a 14 milioni di euro) di quel che sarebbe necessario. Del resto se vuoi fare parata come fai a badare alle spese. Certo, in termini di valori assoluti il primato spetta a Napoli con 118 milioni e mezzo, seguito dalla Capitale dove si toccano i 64 milioni di euro. Una voragine che il sindaco Ignazio Marino vuole tappare con i soldi del governo. Ovvero di tutti noi. A sinistra, insomma, si predica bene ma si opera male. La parola magica che determina questa speciale classifica si chiama «fabbisogni standard», ossia il parametro che individua per ciascuna funzione amministrativa il giusto livello di spesa, che viene confrontato con quello effettivamente sostenuto. Chi è sopra il fabbisogno standard, come il comune di Firenze, dovrà tagliare. Eccome se dovrà farlo, al di là del proclami fatti in questi giorni. Tanto per avere un’idea l’ex rottamatore, parlando del governo Letta, ha elencato le tre priorità che l’esecutivo deve mettere al centro della sua azione. Fra queste ci sono «un gigantesco impegno sul lavoro, a partire da formazione, semplificazione e digitalizzazione». Ecco, invece d’indicare la strada al governo Renzi saprà trovare il percorso per ridurre le spese del comune che amministra? Facile a dirsi, un po’ più difficile da realizzare se la testa è sempre a Roma e l’unica ricetta rivenduta è quella di aver abbassato le tasse. A parole forse, nei fatti certamente no, come sanno bene i fiorentini.
Nel dettaglio la ricerca effettuata dal Copaff assegna il record del Comune più sprecone ad Ascoli che per la burocrazia spende il 96,5% in più di quel che sarebbe necessario, dilapidando oltre 7 milioni, che per il suo bilancio non sono poca cosa. Poi viene Siena, che per l’amministrazione sperpera 1’82,8% più di quello che al ministero dell’Economia ritengono il giusto livello di spesa. Per le Province, invece, i fabbisogni standard in base ai quali tagliare le spese in eccesso sono già stati individuati per istruzione, gestione del territorio e funzioni amministrative varie, mentre in rampa di lancio ci sono servizi di collocamento, tutela ambientale, trasporti e gestione del territorio. Fuori restano Comuni e Province delle regioni a statuto speciale. Nel 2014 gli esperti del ministero passeranno al setaccio le spese di ministeri e regioni. E c’è da aspettarsi delle belle sorprese. Un piatto ricco che con la mappa delle spese comunali e provinciali fuori controllo potrà essere servito come antipasto al neo-commissario per la spending review, Carlo Cottarelli.
Anche perché il governo non disdegnerebbe iscrivere già qualche somma importante alla voce «tagli di spesa» nel 2015 per disinnescare quella clausola di salvaguardia della legge di stabilità che senza risparmi obbliga ad aumenti di imposta fino a 10 miliardi nel triennio. Ma i fabbisogni standard non serviranno solo a tagliare. Quando si spende meno e i tributi locali non bastano a quel punto si potrebbero vantare diritti in sede di perequazione dei finanziamenti. Insomma, punire chi sperpera ma anche aiutare chi le risorse le impiega bene ma non ce la fa.