Luisa Grion, la Repubblica 30/10/2013, 30 ottobre 2013
CINQUE MILIONI IN MISERIA COSÌ IL BARATRO DELLA CRISI INGHIOTTE 8 ITALIANI SU 100
Ci si mette un soffio a cadere in miseria, specialmente quando il capofamiglia perde il posto di lavoro. Basta qualche mese senza stipendio e le rate del mutuo o l’affitto che continuano a correre, e quella che era un’esistenza dignitosa si trasforma in un incubo.
Disoccupazione fa rima con povertà: dal 2007 al 2012, gli anni della crisi, le persone che in Italia vivono in grande difficoltà sono esattamente raddoppiate, passando dai 2,4 ai 4,8 milioni. Poveri “assoluti” come li definisce la statistica: impossibi-litati ad assicurarsi un livello minimo di consumi e servizi. Una condizione cui la crisi ha costretto l’8 per cento degli italiani. Nella gran parte delle famiglie che vivono così (quasi un caso su quattro, il 23,6 per cento), il reddito è unico, c’è una sola persona che cinque anni fa lavorava e che ora è in cerca d’occupazione. Molte sono quelle che hanno avuto l’ardire di procreare tre o più figli ancor’oggi minorenni (il 17,1 per cento), quasi il 10 per cento è di matrice operaia, oppure composta da un nucleo con un solo genitore.
Ma la crisi, documenta l’audizione al Senato tenuta ieri dall’Istat, ha fatto lievitare anche il numero degli italiani che vive in condizioni di povertà relativa: per campare campano, ma hanno una capacita di spesa inferiore alla media (calcolata, nel 2012, per una famiglia di due persone, a 990 euro). Qui il tetto sfonda quota 9 milioni e mezzo, il 15,8 per cento della popolazione, e colpisce soprattutto le famiglie più giovani, formate da precari e co.co.pro che proprio nella fase centrale della vita - quella nella quale dovrebbero spendere di più fanno i conti con un reddito che ora c’è e domani non si sa.
Ecco perché i commercianti si lamentano del crollo della domanda interna: la crisi ha tagliato i consumi e si sta avvitando su se stessa. Nei primi sei mesi di quest’anno il 17 per cento delle famiglie ha ammesso di aver ridotto la spesa alimentare e di avere, nello stesso tempo, diminuito la qualità (quasi il 5 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). Il 18,3 per cento ha sacrificato l’acquisto di scarpe e vestiti.
È vero che l’aumento della povertà e il crollo dei consumi hanno coinvolto anche gli altri paesi europei, ma l’Italia - Grecia a parte - è l’unico a non aver messo in atto politiche di sostegno al reddito. Il governo, poche settimane fa, aveva dato incarico ad una commissione ad hoc di elaborare un piano d’intervento. Il progetto elaborato prevedeva, per una copertura del 6 per cento delle famiglie, investimenti a regime per 7 miliardi. Non se n’è fatto nulla.