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 2013  ottobre 30 Mercoledì calendario

MIA MADRE MI OBBLIGAVA A CONTINUARE PERCHÉ AVEVAMO BISOGNO DI SOLDI MA IO SOGNAVO SOLO DI TORNARE A SCUOLA


La prima a crollare, a gridare «non ce la faccio più, sono loro che mi obbligano, voglio soltanto tornare a scuola» è stata Emanuela, 14 anni, un pianto di lacrime e accuse contro gli affetti più cari: la madre, che guadagnava sul suo corpo violato, e Serena, l’amica del cuore, che per mano l’aveva portata nell’abisso dei corpi venduti. Serena no, lei è la dura, per quattro ore resiste ai magistrati che l’interrogano, non piange mai, solo alla fine si piega, capisce cosa ha fatto, anzi che cosa le hanno fatto. Eccolo il giorno dopo delle due baby-prostitute della Roma bene, le due ragazzine che ricevevano nell’appartamento con le tende di broccato e i mobili finto antichi di un brutto palazzo dei Parioli. Una storia nera e torbida, fatta di sfruttatori, di clienti senza scrupoli, di una madre che finisce in carcere perché spinge la sua bambina adolescente a prostituirsi, e di un’altra madre che per fortuna tesse la tela della salvezza.
Inizia sui banchi di scuola, in un liceo classico della capitale, l’amicizia spericolata di Emanuela, 14 anni, la famiglia che tira a campare con un bar sulla via Prenestina, e di Serena (così le abbiamo chiamate), 15 anni, orfana di padre, una rabbia che le devasta vita e la porta più volte a scappare di casa. Su Facebook si fotografano insieme, trucco pesante, pose sexy e broncio sensuale, tatuaggi che parlano di “disperati amori”, ma anche cuoricini e ogni tanto immagini di giovinezza normale con i compagni di classe. Insieme hanno oltre quattromila amici, condividono il motto “freghiamo il mondo”, ma anche “vita ti odio”, e poi “scopate, non studiate”. L’estremo dell’età incerta, il buio e la luce dell’adolescenza. Ogni tanto spacciano. «Mai senza di te», si scrivono l’una all’altra.
È Serena a cominciare: cerca soldi, è in lotta perenne con sua madre, una professionista affermata, le piace sniffare cocaina. E’ ribelle e arrabbiata Serena. A 12 anni ha il primo rapporto sessuale. Più volte aggredisce la madre, la picchia, la minaccia: «Ti mando i miei amici cocainomani a sgozzarti, ti brucio i vestiti, ti sgozzo con le mie mani». Vendersi è facile, la cosa più facile, nell’universo ipersessuato dei ragazzi 2.0. Serena mette le sue foto su “Bakecaincontrii.com”, sito hard, pornografia per tutti, vero e proprio canale di prostituzione online. I clienti arrivano subito, figuriamoci, e così i soldi. Emanuela la segue, lei davvero non ha una lira in tasca, cento euro, duecento, sempre di più. Chissà come si sentivano dopo, e poi a scuola, Emanuela e Serena. Ancora su Fb le due si postano sexy e sicure, seminude spesso, “non lasciarmi mai” si scrivono l’una all’altra, quelle amicizie profonde e terribili dell’adolescenza.
È il maggio della scorsa primavera quando la mamma di Serena, disperata per quella figlia così dura e violenta, che già una volta aveva denunciato ai servizi sociali, decide di farla seguire da un investigatore privato. E la rete si mostra in tutta la sua sordida trama: perché nel “gioco” di Serena ed Emanuela, si sono inseriti due personaggi, entrambi magnaccia di professione, Nunzio Pizzacalla, caporal maggiore dell’esercito, e Mirko Ieni, ambiguo autista- organizzatore di feste notturne. Le intercettano su “Bakecaincontriii. com”, le convincono a lavorare per loro. «Mandami foto a seno nudo», chiedono. E se una delle due si rifiuta Pizzacalla attacca: «Non ti piace andare negli alberghi? Ok, basta che li scopi».
Le Lolite piacciono, i clienti non mancano. Qualcuno si fa chiamare “papy”. Più eccitante. «Tu mi piaci — scrive in un sms il cliente Riccado Sbarra, commercialista, alle ragazze — adoro le lolitine, e rosico che ancora non abbiamo giocato...». È Mirko Ieni ad affittare l’appartamento di viale Parioli 190, quell’appartamento di cui restano le immagini squallide di letti sfatti nel video girato dai carabinieri. Il resto è noto: Serena ed Emanuela diventano baby squillo a tutti gli effetti: «Queste due me fanno guadagnà 600 euro al giorno» dice trionfante Ieni in una intercettazione telefonica. Escono da scuola ed entrano nell’appartamento. E se tardano Ieni, che le chiama “stronze”, le ricatta e le sgrida. Ma la cosa peggiore avviene poche settimane dopo: la madre di Emanuela, la più piccola, scopre che “Manu” si prostituisce. E non la salva, non l’aiuta, non denuncia gli sfruttatori. No, la incita a proseguire, perché in casa non c’è più un soldo, il bar è chiuso, i debiti sono tanti. È l’anima nera di questa storia: finirà arrestata la madre di Manu, insieme a Ieni, Pizzacalla e ad altri due clienti. Cinque invece denunciati a piede libero. Perché Emanuela e Serena non fuggono, non scappano? «Alienazione, depersonalizzazione, non abitare più il proprio corpo» dice provando a decodificare la nebulosa, la psicologa Marilena Mazzolini.
Per fortuna c’è anche un’altra madre in questa storia di abisso e chissà se di resurrezione, adesso che Serena ed Emanuela sono in una comunità protetta. È lei, la genitrice di Serena, ragazza fragile, a denunciare tutto alla polizia, le sue investigazioni private che la portano a scoprire l’abisso in cui vive la figlia. Fino a ieri, quando nell’interrogatorio davanti dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, e al pm Cristiana Macchiusi, Serena ed Emanuela finalmente raccontano: la voglia di denaro facile che diventa un gioco pericoloso, sporco e triste. Gli adulti avidi e corrotti. La loro giovinezza interrotta.