Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa 30/10/2013, 30 ottobre 2013
SESSANTA VOCI RACCONTANO L’ANNO CHE VERR
L’anno che verrà nelle previsioni di sessanta celebrità, raccolte da Giorgio Dell’Arti in un volume intitolato «Come sarà il 2014», pubblicato da La Stampa con Edizioni Clichy. Scrittori, registi, docenti universitari, paparazzi, filosofi, giornalisti, atleti, imprenditori, artisti, politici (pochi), conduttori radiotelevisivi, magistrati, blogger, manager, librai, chef, generali, dirigenti pubblici, sacerdoti, poeti. Un gioco, quello della profezia, che si risolve in una chiave narrativa, un’analisi della società italiana attraverso lenti diverse e con punti di osservazioni molteplici. Un ritratto del Paese, com’è e come potrebbe cambiare.
E così il sociologo Giuseppe De Rita, dopo aver ripercorso i giorni dell’elezione del presidente della Repubblica, nei quali «girava anche il mio nome», prevede che «nel 2014 pagheremo il conto della nostra immobilità» e spiega anche in che modi; un altro capo dello Stato mancato, il giurista Stefano Rodotà, è certo che il vero presidente, Napolitano, non si dimetterà; la scrittrice Paola Mastrocola vede un trionfo elettorale di Renzi; Massimo Gramellini solo una palude democristiana, elezioni rinviate al 2015 con un incrocio di ruoli tra Letta e Renzi; il sondaggista Nicola Piepoli teme una guerra (forse in America Latina); il generale Fabio Mini ritiene un’ipotesi «sensata» quella di un conflitto tra Usa e Cina, con la Russia in seconda linea, e illustra anche come potrebbe essere, che vittime potrebbe fare, come potrebbe svilupparsi e con quali sorprendenti armi.
Secondo la scrittrice Dacia Maraini ci saranno «grandi disordini nel mondo, cambiamenti in Italia, momenti di pericolo, quasi una voglia di suicidio», e non resta che confidare «nell’indignazione». A tavola il ristoratore Arrigo Cipriani annuncia la liberazione dai letti di lattuga e la disintossicazione televisiva dai cuochi, «star strapagate» di cui bisognerebbe andare a vedere le cucine; lo chef Gualtiero Marchesi ha «poche speranze nella cucina, meno di quante ne abbia negli italiani».
L’iniziale citazione di Gianni Brera («Solo chi non fa pronostici non li sbaglia») suona come assoluzione anche per il lettore, che dopo trecento pagine di profezie non può resistere alla tentazione di aggiungere la propria. Ma non toglie serietà al gioco. Scrutare nell’anno che verrà è un modo per guardarsi attorno, e anche un po’ dentro.