Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 29 Martedì calendario

SCRITTE, SANTINI E LEGGENDE: I TIFOSI DI MESSINA DENARO


Trapani Scritte inneggianti a Matteo Messina Denaro, il capomafia latitante da 20 anni, sono comparse lo scorso venerdì mattina su due facciate di un edificio che si trova in aperta campagna, dentro al quale vi è una delle pompe del locale acquedotto, sulla strada statale 115 che collega Campobello di Mazara a Castelvetrano da una parte e Mazara del Vallo dal lato opposto, esattamente al chilometro 65. Non è una novità, ma sono frasi che colpiscono sempre. Messina Denaro sarebbe una persona buona e da rispettare, una persona capace di “dare aiuto”. E così in una scritta compare questa richiesta: “Matteo M. Dena. Se può mi dia una mano il signore la conserva a lungo in salute e con amore”. E infine, per chiudere, “con lei sempre”. Su un’altra facciata dello stesso edificio, “Matte M. D. grande”. Scritte apposta a caratteri maiuscoli perché non passassero inosservate. Scritte che nel tempo sono comparse sempre all’indomani di particolari accadimenti che hanno visto il boss protagonista.
QUESTO ACCADE a pochi giorni dagli ennesimi sequestri di beni che hanno riguardato imprenditori ritenuti dalla magistratura a lui molto vicini, ma anche a ridosso della condanna a 20 anni diventata definitiva per gli affari sporchi compiuti da Messina Denaro e dal suo alter ego Giuseppe Grigoli nella gestione dei supermercati Despar della Sicilia occidentale. Affari che hanno portato a una confisca da 700 milioni di euro. Chissà forse quelle scritte sono anche una risposta al procuratore aggiunto della Dda Teresa Principato che di recente, partecipando a un dibattito a Palermo, ha detto che Messina Denaro non è il numero uno della mafia siciliana. Ecco pronta la reazione di chi, nell’ombra, ha il compito di tutelare immagine e “buon nome” del sanguinario boss: oggi viene definito un “grande”, l’anno scorso a maggio in altre scritte, stavolta sui muri della periferia del suo paese, Castelvetrano, veniva appellato come “uomo coraggioso”. La sostanza non cambia, per i suoi “tifosi” che ne proteggono la latitanza, anche in questa maniera, resta “il numero uno” come fu sentito dire dal fratello del boss, Salvatore Messina Denaro, intercettato dai poliziotti prima del-l’arresto, avvenuto il 15 marzo 2010 a Campobello di Mazara. Nel corso della perquisizione è stata rinvenuta una fotografia a tutt’oggi inedita, datata 24 giugno 1980, del matrimonio di Salvatore (alla sua destra con i consueti Ray Ban proprio Matteo Messina Denaro), che pubblichiamo in questa pagina. Salvatore è finito in manette, quindi, l’eco di quelle parole non si è mai spenta. Matteo Messina Denaro nella sua terra del Belice, ma non solo, anche nelle zone tra Menfi e Santa Margherita Belice, o nel rione Brancaccio di Palermo, dove potrebbe avere trovato il suo nascondiglio, è guardato dagli affiliati alla mafia come un figura mitica, un “soggetto forte”, dinanzi ad uno Stato che solo a parole dice di volere combattere la mafia e poi costringe quasi i suoi uomini a cercare il boss senza dare le attrezzature che servono: mancano i soldi per pagare le missioni degli investigatori, per fortuna resiste la buona volontà e l’impegno di questi nonostante tutto. Ha oggi 51 anni questo “piccolo principe” della mafia trapanese, dopo delitti e stragi ha saputo fare prosperare il suo impero creando una immensa holding imprenditoriale, sapendo mettere insieme mafiosi, imprenditori e uomini politici per mettere le mani sulle gare d’appalto dei grandi cantieri.
IN CASA di un mafioso arrestato, si è trovata una foto alla quale era questi legato come ad una reliquia, intercettato era stato sentito dire “ il nostro dovere è adorarlo”. Oppure ancora: “Lu bene vene di lu Siccu. Lo dobbiamo adorare, è u Diu, è u bene di nuiatri”. “Lu putissi viriri, facitici sapiri che se vuole lo posso portare in giro con la moto, ci mettiamo i caschi, e ci fazzu pigghiari un pocu d’aria”. A parlare così non boss mafiosi “punciuti”, ma insospettabili professionisti, professori, appartenenti alla “Cosa Nostra 2” fondata da Matteo Messina Denaro, la cosidetta “Cosa grigia”. Colletti bianchi e imprenditori. Favoreggiatori se scoperti sono stati puntualmente soppiantati. Nel 2005 Matteo Messina denaro con Provenzano si lamentava di questi arresti, “tra poco – scriveva – arresteranno anche le sedie dove questi erano seduti” stigmatizzando a suo modo l’accelerata che avevano allora le inchieste antimafia. Ma il boss rassicurava don Binnu che bisognava solo attendere che questi uomini tornassero liberi pensando così alla riorganizzazione.