Fabio Ferzetti, Il Messaggero 29/10/2013, 29 ottobre 2013
«IO, BOZZETTO UN ITALIANO ALLA DISNEY»
Allegro, anche troppo. Bruno Bozzetto entra da protagonista al Walt Disney Family Museum di San Francisco, che dal 21 novembre gli dedica una mostra curata dallo storico del cinema d’animazione Federico Fiecconi, “Animation, Maestro!”. È la prima vera personale di un artista straniero ospitata dal prestigioso museo californiano, e il grande cartoonist bergamasco non sta nella pelle.
«Essere lì con i miei lavori è un piacere immenso. La mia passione è nata proprio con Walt Disney, è un cerchio che si chiude. Da ragazzo leggevo solo Topolino, non c’era altro» ricorda Bozzetto, che a marzo ha compiuto 75 anni anche se fino a poco tempo fa faceva parapendio e quando può si butta ancora in acqua col windsurf. «Poi, tra la fine degli anni 40 e l’inizio dei 50 vidi i primi film animati, Biancaneve, Bambi, Fantasia... una cosa fuori dal mondo per quei tempi! La mia formazione insomma è tutta sotto il segno di Disney e tornare da chi mi ha fatto scegliere questo lavoro quasi mi commuove».
I padroni di casa ricambiano. Come ha detto John Lasseter, fondatore della Pixar e presidente dei Walt Disney Animation Studios: «I film di Bruno Bozzetto sono stati una delle più grandi ispirazioni per me come animatore e sceneggiatore. Bozzetto ha realizzato alcuni dei film più divertenti che abbia mai visto ed è uno degli sceneggiatori più intelligenti al mondo. I disegni di Bruno sono assolutamente accattivanti e il suo umorismo insuperabile». Ma la consacrazione, vista da qui, non cancella del tutto un retrogusto acidulo. Se la Disney lo accoglie nel club dei grandi, in Italia malgrado il suo genio e la sua versatilità Bozzetto ha sempre navigato fra cinema e tv, sigle e pubblicità. Restando giovane e flessibile, certo, ma realizzando in più di mezzo secolo solo tre lungometraggi animati, gli indimenticabili West and Soda (1965), Vip, mio fratello superuomo (1968) e il più famoso di tutti, Allegro non troppo (1977). Senza mai smettere di lavorare, progettare, sperimentare. Con la rapidità espressa dal suo motto: «Un disegno è un’idea con una linea intorno».
Lavora sempre agli stessi ritmi, Bozzetto?
«Io sono preso tra due fuochi. In ufficio, con i miei figli Fabio e Andrea, e le mie figlie Anita e Irene, guardo i progetti, dò consigli, insomma resto un po’ all’esterno, da pensionato... A casa invece faccio piccole cose per puro divertimento, come il corto da un minuto che ho fatto lo scorso weekend per la candidatura di Bergamo a capitale europea della cultura. Se comincio non mi fermo più, vado avanti fino alle tre di notte. Così ho fatto anche i miei due ultimi corti, Rapsodeus, realizzato con mio figlio Fabio, che riprende la Rapsodia ungherese di Liszt nello spirito di Allegro non troppo. E Vintage or cool, che invece mette a confronto il modo di comportarsi di oggi e di ieri in una serie di situazioni canoniche, il ballo, la musica, le vacanze, l’amore, con risultati buffi e spesso surreali».
Usa ancora la matita o fa tutto al computer con programmi agili come Flash?
«Flash è fantastico, forse un po’ superato, ma non ho voglia di mettermi a ristudiare tutto da zero. Comunque i primi schizzi, le posizioni, i personaggi, li faccio sempre a penna con la mia bella stilografica».
Ma un film vero e proprio lo rifarà? Del preistorico Mammuk, che avrebbe preceduto L’era glaciale, resta solo un episodio pilota. Ora invece ha un altro progetto, Il mistero del ViaVai.
«Mammuk era quasi pronto ma continuavo a sentirmi proporre di trasformarlo in una serie tv. Fra l’altro non era un lavoro facilissimo, era senza dialoghi, tutto parlato in una specie di grammelot. Io sono abituato a fare film personali, non so pensare al pubblico, non ho una mentalità da imprenditore. Ma quando vedo i film della Pixar penso che lo spirito dei miei è lo stesso. Si tratta di fare film d’animazione divertenti e per tutti, non solo per bambini. Questa però è una cosa che in Italia ci si ostina a non capire. Il mistero del ViaVai è una specie di film di fantascienza ambientalista nato sulla scia di Vip e Minivip. C’è un pianeta alieno, un’invasione della Terra, il problema dell’inquinamento, dialoghi molto divertenti. Cose adatte ai più piccoli ma che possono essere lette in chiave più complessa dagli adulti. Chi legge la sceneggiatura si diverte da morire. Poi però...
Però?
«Però non si trovano i finanziamenti. Anche se Il mistero del ViaVai voglio farlo in 2D, non in 3D che costa di più. In Italia si ricomincia sempre da zero. Quello che hai fatto non conta nulla. Ricordo che ai tempi di Ginger e Fred venne da me Fellini per chiedermi di fare i titoli di testa. Il giorno dopo saltò tutto. Non aveva più un produttore. Ci mise un anno a trovarne un altro. Ed era Fellini!».
La cosa più assurda è che oggi i film d’animazione incassano cifre stratosferiche.
«Infatti. Ma noi continuiamo a pensarli come prodotti per bambini, buoni per il pomeriggio o per Pasqua e Natale. Così non ti prendono seriamente. E non capiscono cosa vuoi fare, Siamo abituati ai film dal vero, dicono. Ora abbiamo un finanziamento per fare il trailer. Una cosa semplice, in bianco e nero. Però vedranno i personaggi, sentiranno le voci, avranno un’idea dello stile. Speriamo che stavolta capiscano».