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 2013  ottobre 29 Martedì calendario

MA LEOPOLDO II AVREBBE ZITTITO MATTEO


Il Centro Congressi della Leopolda è stato ricavato nei locali della vecchia stazione ferroviaria fatta costruire negli anni ’30 dell’Ottocento da Leopoldo II di Asburgo-Lorena quale terminale della linea che collegava Firenze a Livorno. Alla fine del Granducato nessuno si è sognato di cambiarne il nome. Leopoldo era un simpatico signore di poche parole, chiamato dai sudditi «Canapone» per i suoi capelli stopposi, e anche «Babbo» o «Babbino» per la bonarietà con cui governava il suo popolo. La Toscana era di gran lunga il paese più avanzato, tranquillo e civile d’Italia e aveva anche una lunga serie di primati europei e mondiali. Era stato il primo al mondo ad abolire nel 1786 la pena di morte, la tortura, la mutilazione e la confisca dei beni; per un certo periodo, dopo il ’48, aveva concesso il voto alle donne, mezzo secolo prima dei piùprogressisti fra i progressisti.La censura era quasi inesistente, la gendarmeria bonaria come il sovrano, la leva non c’era e l’esercito era un piccolo giocattolo da parata. Vi si stampavano più libri che in tutti gli altri Stati preunitari, l’alfabetizzazione era a livelli nord-europei e vigeva un ottimo sistema di scuola laica statale; il reddito pro-capite era inferiore solo a quello lombardo- veneto e piemontese, le tasse bassissime e il suo bilancio era da decenni l’unico della penisola a essere sistematicamente in attivo. Aveva 323 chilometri di ferrovie, più dello Stato della Chiesa e del Regno delle Due Sicilie messi assieme.
Quando han deciso di cacciarlo via, Leopoldo non ha tentato reazioni o resistenze sanguinose: ha fatto i bagagli e se ne è andato in esilio. È sepolto alla Cripta viennese dei Cappuccini, assieme agli imperatori asburgici cui era imparentato. La gente gli voleva bene ed era andata a salutarlo triste per la partenza di «Babbino». Non è neppure un caso che nei vari plebisciti per l’annessione all’Italia in quello toscano i sì siano stati «solo» il 96%: un segnale in un mare di 99% molto sospetti.
In questi giorni alla Leopolda ha imperversato Matteo Renzi frastornando tutti con la sua ininterrotta e ininterrompibile parlantina da eterno concorrente della «Ruota della Fortuna», sempre sospeso a metà fra la cattiva imitazione di Pieraccioni e la reincarnazione di La Pira che si distingueva solo per la verbosità più contenuta e i calzini bianchi. Renzi ha inondato la Leopolda e le televisioni con uno tsunami di parole che ha avvolto e inghiottito l’intero scibile umano. Chissà come l’avrebbe guardato Canapone? Chissà cosa avrebbe detto della sua elegante e dignitosa Leopolda trasformata in una arena di decibel, in un car wash di parole in libertà che avrebbero rintronato anche Marinetti?
Si racconta che quando Peruzzi, Montanelli e gli altri capi patrioti erano andati a comunicargli la formazione del Governo provvisorio e la fine del secolare Granducato, questi li aveva accolti con la solita cortese affabilità, e – senza scomporsi più di tanto - aveva estratto da un cassetto una manciata di sigari toscani della migliore qualità e li aveva porti ai suoi ospiti dicendo: «Prendeteli e usateli con parsimonia perché sigari così voi non li vedrete mai più». Sapeva quel che diceva.
Gli fosse capitato il Renzi, non si sarebbe limitato a porgerli ma glieli avrebbe gentilmente accomodati in bocca per cercare di interrompere l’alluvione di parole. Inutilmente: Renzi appartiene alla straordinaria genia di quelli che riescono a concionare anche con la bocca occupata in altro.