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 2013  ottobre 29 Martedì calendario

DIRITTI A ZERO


Ci siamo prostrati davanti alla Cina delle Olimpiadi e, per non offenderla, ci siamo rifiutati di ricevere il Dalai Lama; abbiamo simpatizzato con la Turchia di Erdogan, che ammiccava all’Iran e negava l’esistenza del genocidio armeno; abbiamo flirtato con la Russia di Putin e minimizzato sulla guerra in Cecenia; abbiamo accolto Gheddafi e il suo circo, salvo, dopo il golpe, uscire penalizzati dalla spartizione del petrolio libico; siamo riusciti persino a rendere omaggio al dittatore bielorusso Lukashenko, isolato dal mondo ma non da noi. Per amore degli affari, insomma, ci siamo ampiamente sputtanati. Mancava il capolavoro finale: l’europarlamentare Pino Arlacchi, eletto con Di Pietro, ha definito «libera, giusta e trasparente» la democrazia dell’Azerbaijan, la stessa che gli osservatori internazionali sanno corrispondere a un regime fatto di violazioni dei più elementari diritti civili. Interrogato da un Parlamento europeo rimasto attonito, Arlacchi ha risposto che voleva difendere gli interessi italiani: l’Azerbaijan è zeppo di petrolio e l’Eni è decisamente presente. Morale, l’uscita di Arlacchi ci ha gettato nel ridicolo ma, soprattutto, era superflua: i rapporti tra Italia e Azerbaijan erano già ottimi, come suggellato dalla visita di Enrico Letta nello stato azero l’11 agosto scorso: un altro premier «de sinistra» che problemi non se ne fa. Questo per la politica estera. Poi c’è quella interna.