Sebastiano Messina, La Repubblica 29/10/2013, 29 ottobre 2013
QUIRINALE “VOSTRAS ECCELLENZA... LA SUPPLICO...” LE LETTERE DEGLI ITALIANI AI PRESIDENTI
ROMA Quasi tutte si concludono con un inchino: «Distintamente ossequio l’eccellenza vostra». Ma è nelle righe precedenti che affiora un Paese intero, in quelle 17 mila missive che il regista Marco Santarelli ha spulciato per realizzare il documentario in programma il 9 novembre al Festival di Roma: Lettera al Presidente.
In quei fascicoli ormai polverosi ci sono tutte le richieste, gli appelli, le suppliche e gli ammonimenti degli italiani a De Nicola, Einaudi, Gronchi, Segni e Saragat, i primi cinque capi dello Stato.
E Santarelli è stato bravo a ricostruire le atmosfere del dopoguerra, della ricostruzione e del boom economico, attingendo ai preziosi filmati della “Settimana Incom”. Così, per esempio, dopo aver visto Luigi Einaudi che tiene la sua ultima lezione da professore a Torino, ascoltiamo quello che gli scriverà qualche mese dopo un detenuto dall’ingegno, diciamo così, fin troppo sospetto: «Eccellenza, voi ed io siamo due creature dotate di meravigliosa intelligenza. La vostra al servizio del bene, la mia al servizio del male...». L’astuto carcerato annuncia al presidente un’invenzione sensazionale, «che permetterà a qualsiasi nave di navigare senza carburante e senza motori, alla velocità doppia di qualunque unità veloce». E offre un patto a Einaudi: gli venga consentito di mettere in mare «un modello sperimentale a Propuexos» (così si sarebbe chiamato il misterioso propulsore) e se l’esperimento fallirà lui accetterà di essere recluso nella fortezza più temuta, quella dell’Elba. Ma se riuscirà, lui dovrà avere un decreto di riabilitazione piena e una laurea in legge. Oggi possiamo immaginare che l’economista Einaudi avrà inarcato un sopracciglio, leggendo queste righe, ma forse bastò — per togliergli ogni dubbio — l’informativa che la questura allegò alla lettera del detenuto, «già oggetto di varie condanne per truffa, falso e furto e con una particolare tendenza all’evasione, riuscitagli per quattro volte».
C’è, in quella ordinatissima montagna di letterine a Sua Eccellenza, il grido di dolore di una professoressa di lettere emigrata in Brasile che prega Einaudi di «comprendere tutta la bile che è costretta a mandar giù» quando vede che tutti gli italiani arrivati in quel paese, compresi i funzionari dei consolati, «sono fascisti, fascisti, fascisti», e che «la propaganda dell’Italia libera non esiste». C’è la bizzarra proposta di un messo comunale di Simbario (Catanzaro) che sottopone «alla gentilissima signora Donna Carla Gronchi, consorte del signor Presidente» l’idea di rivestire i pali delle porte dei campi di calcio «di materiale di gomma dura», in modo da «salvaguardare la vita di uomini che praticano uno sport così nobile », ovvero i portieri, uno dei quali «per parare il tiro cozzò contro il palo e rimase vittima». Il Quirinale, ovviamente, dispose «una opportuna comunicazione declinatoria».
E insieme alle migliaia di domande di lavoro, «qualunque lavoro, Vostra Eccellenza», c’è l’appello di un milanese che propone di collocare accanto al Milite Ignoto «la spoglia di un ignoto lavoratore, per onorare tutti gli emigranti morti lontano dalla Patria». C’è la supplica di cinque madri calabresi, «con 45 bambini a carico», che abitano in campagna e non hanno la luce elettrica. «Ora, Signor Presidente, basta una Sua buona parola e siamo sicuri che avremo la fortuna di vedere brillare nelle nostre case la tanto sospirata luce». C’è la quindicenne di Osimo, suonatrice di chitarra, che «avendo fatto un provino negli studi di Roma della Tv», domanda al Quirinale una telefonata a chi di dovere, «perché una buona spintarella dall’alto è come una goccia di rugiada». E c’è, infine, la tenera letterina scritta da un bambino di otto anni dopo lo sbarco sulla Luna: «Caro Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, io Tartarelli Pierluigi, Francesconi Armando e un nostro amico Salvi Riccardo frequentiamo la III elementare e abbiamo deciso di andare su Marte. È disposto ad aiutarci?». Il Quirinale non rispose, ma i tre bambini — oggi cinquantenni, rintracciati dal regista — ancora ci ridono su.