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 2013  ottobre 27 Domenica calendario

DUE TURNI, SENTIERO STRETTO PER LA GOVERNABILITÀ


Niente proporzionale. Alla Leopolda Renzi non ha ancora affrontato di petto il tema della riforma elettorale. Lo farà oggi nel suo intervento conclusivo. Ma il messaggio atteso è chiaro, come gli umori che circolano in platea. Il passaggio dal cosiddetto porcellum a un sistema proporzionale annacquato non si farà. Quanto meno non si farà con il consenso del sindaco di Firenze. E, visto come stanno le cose, non si vede come si possa fare contro di lui.
Quello che Renzi vuole è noto. La sua preferenza va a quel modello che va sotto il nome di "sindaco d’Italia". Il presidente del Consiglio dovrebbe essere scelto direttamente dagli elettori e dovrebbe avere la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Va da sé che per introdurre a livello nazionale un modello del genere occorre una riforma costituzionale che in tempi brevi non si può fare. E invece il tempo stringe perché il giudizio della Corte costituzionale sul porcellum è alle porte e il presidente della Repubblica preme con insistenza perché una riforma si faccia prima di quel giudizio e comunque prima di tornare a votare.
Una soluzione del problema però esiste ed è il doppio turno di lista di cui si è parlato diverse volte sulle pagine di questo giornale. Il premio di maggioranza verrebbe assegnato in due turni e non in un turno solo come adesso. Chi vince al secondo turno prende il premio e governa con la maggioranza assoluta dei seggi. De facto, anche se non de jure, è come se gli elettori scegliessero direttamente il presidente del Consiglio, senza bisogno di una riforma costituzionale.
Immaginiamo un ballottaggio tra Renzi da una parte e Alfano o Fitto dall’altra. Il vincitore avrebbe una legittimazione popolare diretta e la maggioranza parlamentare con cui governare. Non è proprio il modello del sindaco ma è il sistema che più gli si avvicina.
Ma, ammesso che questa diventi la linea del Pd, non bastano i suoi voti per introdurlo perché al Senato Pd e partiti affini non hanno la maggioranza. Però, lo si potrebbe introdurre alla Camera dove la maggioranza invece c’è. Non a caso questa è una delle richieste di Renzi. La strategia avrebbe senso: approvare una buona riforma elettorale alla Camera, con o senza l’accordo con il Pdl, e poi negoziare al Senato.
Napolitano e la Corte sarebbero messi di fronte a un fatto concreto: una proposta di riforma del porcellum approvata da un ramo del parlamento. Gli italiani sarebbero messi in condizione di valutare quello che propone il Pd. Il Pdl dovrebbe dimostrare perché il doppio turno di lista non va bene e fare una proposta alternativa che garantisca la governabilità del paese.
Sulla carta tutto questo ha un senso. In pratica non avverrà. La riforma elettorale è incardinata al Senato. Se ne sta occupando la commissione Affari costituzionali ed è poco probabile che si riesca a scardinarla da lì per incardinarla alla Camera. Tra l’altro la commissione ha appena prodotto un documento che circola con il termine orrendo di "pillolato". È una sintesi di quello che è stato fatto fino a ora. Un catalogo dei punti su cui c’è accordo e su quelli su cui permangono divergenze. Anche un osservatore inesperto si rende conto che l’accordo verte su questioni marginali mentre sulle questioni essenziali tutto è ancora in alto mare.
In particolare, in questo "pillolato" c’è la conferma che Forza Italia non accetta l’idea di un sistema elettorale veramente maggioritario, cioè un sistema che consenta alla minoranza più ampia di voti di avere la maggioranza assoluta dei seggi. In altre parole, quello che era una volta il partito del maggioritario preferisce ora un sistema che non metta direttamente nelle mani dei cittadini la formazione del governo.
Se questa continuerà ad essere la posizione del partito di Berlusconi sarà impossibile approvare in Senato il doppio turno di lista. Né sarà possibile ripiegare sul doppio turno di collegio (il modello francese), un sistema che pure potrebbe funzionare, perché anche su questo c’è un veto di Forza Italia. Troppi veti per un partito solo. Ma è il Pd che dovrà impedire che questi veti ci portino diritti dritti verso un proporzionale annacquato, mettendo di fatto nelle mani di Berlusconi la riforma elettorale.
Se questi veti persistono, alla fine del tira e molla in Parlamento, e a causa della pressione del Quirinale, il Pd potrebbe essere costretto a scegliere tra il porcellum e un sistema proporzionale peggiore di quello che si vuole riformare. Su questa scelta chi scrive non ha dubbi che sarebbe meglio tenersi il porcellum. Ma è Renzi che dovrà decidere. Auguriamoci che non si arrivi a questa scelta. Auguriamoci che un accordo si trovi. Ma se così non fosse è bene che il sindaco di Firenze si prepari a spiegare agli italiani perché l’attuale sistema elettorale non è ancora da rottamare.