Elena Comelli, Il Sole 24 Ore Nova 27/10/2013, 27 ottobre 2013
LA FORMULA DELLE AUTO VOLANTI
Chi di noi non ha mai sognato, trovandosi prigioniero in un ingorgo, di librarsi a qualche metro d’altezza e volare indisturbato verso casa? Questo sogno è molto più vicino alla realtà di quanto si pensi: esistono studi avanzati sulla regolazione del traffico nell’ambito di un sistema europeo di trasporto aereo per veicoli volanti privati.
«Non è questione di "se", ma di quando le auto volanti cominceranno a diffondersi», commenta Heinrich Bülthoff, direttore del Max Planck Institute for Biological Cybernetics di Tübingen. «Abbiamo veicoli dappertutto e strade sempre più larghe, ma continuiamo a restare incastrati in qualche ingorgo. Non ha senso costruire strade, quando non riusciamo nemmeno a provvedere alla manutenzione di quelle vecchie. Perché, allora, non sfruttare la terza dimensione?». Bülthoff è il coordinatore scientifico di myCopter, consorzio finanziato dalla Commissione Ue con 4,2 milioni di euro per preparare il terreno all’utilizzo di piccoli veicoli privati in grado di muoversi sia su strada sia in volo. Il consorzio è composto da sei partner: oltre al Max Planck c’è il Centro Aerospaziale Tedesco, l’Università di Liverpool, il Karlsruhe Institute of Technology, il Politecnico di Zurigo e quello Losanna.
Prototipi di auto volanti ne esistono già diversi e uno di loro, il Terrafugia Transition, sviluppato da un team di ingegneri del Mit, è in fase avanzata di omologazione per circolare sulle strade e nei cieli americani, ripiegando poi le ali per infilarsi in garage, al prezzo di 279mila dollari. Il Transition è alimentato da un motore a combustione interna e riesce a coprire distanze piuttosto ampie, oltre i 700 chilometri con un pieno, a una velocità di quasi 200 chilometri all’ora (su strada, invece, non supera i 100). Queste macchine, però, non sono in grado di decollare in verticale. Nel caso dell’olandese Pal-V, basta una pista lunga 165 metri. Ma si tratta, in generale, di veicoli più simili a un piccolo aereo tradizionale da turismo che a un’auto, con le problematiche connesse, compresa la necessità di un brevetto di volo.
Carl Dietrich, fondatore di Terrafugia, sta già sviluppando la sua seconda generazione di auto volanti: il Tf-X, un ibrido che dovrebbe riuscire a decollare in verticale, come un elicottero, grazie a un potente motore elettrico e due piccoli rotori laterali, capaci di richiudersi quando il veicolo è arrivato in quota, per lasciare campo libero alle ali.
Un concetto diverso è alla base di Volocopter, il primo multirotore al mondo in grado di trasportare due persone. Sviluppato da un fisico tedesco, Thomas Senkel, il Volocopter decolla in verticale grazie a 16 piccoli rotori e a un motore elettrico, alimentato da una batteria agli ioni di litio, che per ora non gli consente di volare per più di 20 minuti. È una macchina leggera, flessibile e silenziosa, che può essere guidata anche da un bambino e privilegia la sostenibilità rispetto alla portata: assomiglia molto di più a un veicolo da pendolari, capace di coprire al massimo 50 chilometri, che a un aereo da turismo. È questa la direzione in cui si stanno muovendo gli studi di myCopter.
Il problema fondamentale, per il team europeo, non è tanto andare lontano quanto organizzare uno spazio aereo condiviso in aree densamente abitate, affrontando anche aspetti attinenti all’accettabilità sociale di questo nuovo tipo di mobilità, come rumore o sicurezza. Di conseguenza, il consorzio favorisce lo sviluppo di veicoli autonomi, capaci di arrivare a destinazione e di dialogare fra loro senza l’intervento umano. La visione, in prospettiva, è di un pendolare che entra in un’auto volante con il suo tablet sotto il braccio, seleziona il punto d’arrivo sulla mappa, lo collega al veicolo e poi lascia fare a lui. A quel punto starà solo alla macchina capire come inserirsi nel corridoio aereo giusto, senza interferire e senza scontrarsi con le altre sue simili. Per questo, torneranno utili i piccoli droni che Raffaello D’Andrea e Dario Floreano, in Svizzera, fanno "danzare" nell’aria in sintonia, a colpi di algoritmi.
Nella palestra del dipartimento d’Ingegneria meccanica di Zurigo, le macchine volanti del futuro esistono già, anche se in scala ridotta. Droni a quattro rotori, simili al Volocopter, roteano nell’aria e si spostano seguendo i comandi che D’Andrea, un veneziano cresciuto in Canada, impartisce muovendo una mano o alzando un dito. Nella Flying Machine Arena, questi eleganti congegni sembrano falchi che ubbidiscono al loro falconiere, ma il pensiero di D’Andrea va oltre, alle auto volanti da utilizzare nella vita quotidiana. Per evitare il caos nei cieli, il suo collega Dario Floreano, del Politecnico di Losanna, s’ispira al volo degli stormi di uccelli: la sincronizzazione dei loro movimenti si basa su pochi, semplici comandi. È bastato tradurli in chiave matematica, per insegnare ai droni a mantenere la stessa distanza dai vicini e a volare con loro in una sola direzione. Così fra qualche anno, quando migliaia di pendolari s’infileranno assonnati nella loro auto volante per andare al lavoro, non rischieranno di scontrarsi appena usciti di casa.