Zoe Corbyn, Il Tempo 27/10/2013, 27 ottobre 2013
CRAIG VENTER «LA VITA DIVENTA DIGITALE»
Craig Venter, il pionieristico scienziato americano che ha creato per la prima volta la vita sintetica, sta costruendo un gadget che potrebbe teletrasportare la medicina e i vaccini nelle nostre case o ai coloni nello spazio. Craig Venter reclina la sedia, poggia i piedi sul tavolo e – accarezzando dolcemente il barboncino color cioccolato che dorme tra le sue braccia e che si chiama Darwin – ci parla di questo dispositivo che un giorno potrebbe essere presente in tutte le case.
E’ una scatola collegata ad un computer che tramite Internet riceve le sequenze del DNA e sintetizza proteine, virus e persino cellule viventi. Potrebbe, ad esempio, prescrivere l’insulina, fornire il vaccino anti-influenzale durante una epidemia e persino produrre virus batteriofagi in grado di combattere i batteri resistenti agli antibiotici. Potrebbe aiutare i futuri colonizzatori di Marte mettendo a loro disposizione vaccini, antibiotici o farmaci personalizzati necessari sul Pianeta rosso. E se mai si trovassero su Marte forme di vita basate sul DNA, i coloni potrebbero trasmettere sulla Terra una loro versione digitale consentendo agli scienziati di ricreare in laboratorio un organismo extraterrestre.
LA VITA SINTETICA
“Lo chiamiamo “Convertitore Biologico Digitale” (DBC). E ne abbiamo un prototipo”, dice Venter.
Sono in visita negli uffici e nei laboratori della società di Venter, la Synthetic Genomics Incorporated (SGI) a La Jolla, una ricca enclave a nord di San Diego dove Craig Venter ha anche la sua residenza. Il “ragazzaccio” della biologia ci ha ricevuto perché desidera parlare del suo nuovo libro che è appena uscito. L’ufficio della J Craig Venter Institute (JCVI), l’istituto di Venter che svolge ricerche senza scopo di lucro, si trova a cinque minuti di macchina. Il pavimento dell’ufficio è coperto di giocattolini di Darwin e la moglie di Venter, Heather Kowalski, che è anche la sua addetto stampa e PR, siede poco lontano con le gambe accavallate sul divano.
Le pareti sono piene di premi, compresa la massima onorificenza sin qui ricevuta: la National Medal of Science 2008 (il più prestigioso riconoscimento scientifico americano conferito dal presidente in persona) per il suo lavoro nel campo della genomica (lo studio dei genomi dell’organismo) e delle relative implicazioni. I riconoscimenti scientifici sono mescolati a foto in barca a vela e ricordi di varia natura. Il libro, il secondo di Venter dopo l’autobiografia uscita nel 2007, si intitola “La vita alla velocità della luce: dalla doppia elica all’alba della vita digitale”. Il libro parla del futuro che Venter intende creare grazie alle sue scoperte scientifiche nel campo della biologia sintetica, una sorta di versione turbo dell’ingegneria genetica che consente agli scienziati di progettare nuovi sistemi biologici – persino la vita sintetica – e non solo di limitarsi a manipolare gli organismi esistenti inserendo un gene qui o lì.
Nel 2010 Venter attirò l’attenzione dei giornalisti e degli scienziati di tutto il mondo annunciando quella che egli stesso definì “la prima forma di vita sintetica del mondo”. Prese il genoma di un batterio sintetico ottenuto in laboratorio a partire da sostanze chimiche e, per dirla con le parole di Venter, “lo mise in moto” inserendovi un batterio monocellulare. La cellula si replicò dando vita ad una colonia di organismi che contenevano solamente il DNA sintetico. “E’ una concezione completamente nuova della vita che, fino a prima del nostro esperimento, nessuno aveva”, dice Venter. Il suo lavoro fu successivamente valutato dalla Commissione Presidenziale per lo Studio delle Questioni Bioetiche che approvò il procedimento e invitò i biologi che lavoravano nel campo della biologia sintetica a darsi una autodisciplina.
Venter, che ha la reputazione di persona arrogante, nel suo libro racconta quasi 15 anni di ricerca scientifica che hanno portato alla scoperta annunciata nel 2010. Inoltre nel libro colloca la sua scoperta al vertice dell’immaginaria piramide di scoperte da parte dei nomi più eminenti della biologia. Potremmo giustificare il lettore che ritenesse il libro scritto a beneficio della commissione per l’assegnazione del Nobel, ma Venter sostiene che il suo scopo e solo quello di far capire il suo lavoro al maggior numero di persone possibile.
“Una delle motivazioni del libro va individuata nel mio desiderio di collocare la mia ricerca in un contesto storico per fare chiarezza su tutte le cose errate che sono state dette”, dice. “Il lavoro che abbiamo fatto con il primo genoma della storia, il genoma umano, e con la prima cellula sintetica è certamente di altissimo livello e ovviamente merita i più importanti riconoscimenti. I Nobel sono premi molto speciali e sarebbe bello ottenere il Nobel. Ma il libro non è una campagna pubblicitaria per farmi dare il Nobel”. Venter vuole anche che la gente sappia cosa ci aspetta: la casa futuristica che sta costruendo e come si potrebbe arrivare a quello che Venter definisce “teletrasporto biologico”.
Secondo Venter dovrebbe essere possibile realizzare una copia digitale del DNA di un organismo in un posto e inviare il file ad un dispositivo che si trovi in un altro posto e che sia in grado di ricreare l’originaria forma di vita. Non siamo lontani dal teletrasporto immaginato dalla fantascienza dove la materia si sposta da un luogo all’altro in un istante. Il fatto è che finora nessuno ci aveva concretamente pensato. Quello di Venter non è il solo libro scritto da uno scienziato che immagina straordinarie scoperte nel campo della biologia sintetica. L’anno scorso George Church di Harvard nel suo libro “Regenesis”, disse che era possibile resuscitare gli uomini di Neanderthal con l’aiuto di “una femmina umana estremamente avventurosa”.
Ma Venter, che nel suo libro liquida l’idea di Church come “fantasiosa”, mi dice che le sue idee audaci sono diverse perchè qui a La Jolla stanno diventando reali. “Il mio futuro non è una fantasia”, dice Venter. “Lo scopo non è immaginare un futuro fantastico. Noi non lo stiamo immaginando, lo stiamo creando”. Patrick McCray, storico della scienza all’Università di California, Santa Barbara, definisce Venter un “visionario”, uno scienziato che ha non solamente una visione chiara, in grande e per qualche verso “supponente” del futuro e del suo ruolo personale in questo futuro, ma possiede anche il know-how tecnico per realizzarla e le capacità necessarie a reperire risorse finanziarie e persone qualificate.
”Non è un futurista della domenica”, spiega McCray. Paul Freemont, dell’Imperial College di Londra, ammette che non conosce nessun altro scienziato altrettanto egocentrico e presuntuoso, ma aggiunge che è importante che ci siano persone come Venter che non si accontentano di fare parte dell’establishment accademico. “Accelera la rapidità dei nostri progressi e fa capire a chi finanzia la ricerca con denaro pubblico cose che altrimenti stenterebbero a comprendere”, spiega Freemont. John Craig Venter è nato nel 1946 a Salt Lake City, Utah, ma è cresciuto nella zona della baia di San Francisco. Dopo il liceo, si è trasferito nella California meridionale per dedicarsi ai piaceri del surfing che dovette interrompere quando fu chiamato sotto le armi durante la guerra del Vietnam. Fu in quegli anni che l’ambizioso Venter prese il posto del surfista Venter.
Venter prestò servizio in un ospedale da campo della Marina occupandosi dei soldati feriti prima di fare ritorno negli Stati Uniti dove frequentò il “community college” (NdT. Nel sistema scolastico americano chi si diploma con voti insufficienti ad accedere all’università o con troppi “debiti” può recuperare frequentando il “community college”, sorta di ponte tra la scuola superiore e l’università) per poi iscriversi all’Università di California, San Diego, dove conseguì la laurea breve in biochimica e il dottorato di ricerca di fisiologia e farmacologia. E’ convinto di essere lo studente che ha conseguito il dottorato di ricerca più rapidamente nella storia dell’Università di California: “appena tre anni durante i quali pubblicai 21 lavori scientifici”.
Seguirono i riconoscimenti accademici e professionali. Lavorando per lo US National Institutes of Health, Venter mise a punto una nuova strategia per scoprire rapidamente I geni. Ma essendo solamente la piccola rotella di un ingranaggio più grande, nel 1992 Venter fondò il suo istituto senza scopo di lucro: The Institute for Genomic Research (in seguito assorbito dallo JCVI). Nel 1995 l’equipe di Venter pubblicò la prima sequenza completa del genoma di un organismo vivente, il batterio Haemophilus influenzae. Il risultato fu reso possibile da una tecnica inventata da Venter per leggere rapidamente il codice delle sequenze di DNA. Tale tecnica fu battezzata “shotgun sequencing”(NdT, Sequenziamento a mitraglia).
Venter si guadagnò la reputazione di “ragazzaccio” nel 1998 quando fondò una nuova società, Celera Genomics, nel tentativo di essere il primo ad ottenere la sequenza completa del genoma umano. Il progetto pubblico da 5 miliardi di dollari era già partito da tre anni e si riteneva che dovesse proseguire per altri dieci anni. Venter disse che Celera avrebbe usato la tecnica “shotgun sequencing” e altre tecniche innovative e avrebbe portato a termine il lavoro in tre anni. Nel mondo scientifico ci fu chi temette che Venter avrebbe brevettato le sue scoperte precludendo l’accesso ad informazioni vitali nel campo della biologia umana. I responsabili del progetto finanziato con denaro pubblico corsero ai ripari ed ebbe inizio una vera e propria gara di velocità.
Dopo tre anni di competizione tutt’altro che leale, nel 2000 sia i ricercatori pubblici che Venter annunciarono contemporaneamente di aver completato la mappatura del genoma. “Alcuni di quelli ancora mi odiano”, dice Venter. “Rimescolai completamente le carte e fu un duro colpo per tutti quelli che contavano di vivere a lungo con quei 5 miliardi di dollari di denaro pubblico”. Quel successo, che potrebbe valergli il Nobel, oggi viene liquidato da Venter come un semplice “diversivo di tre anni” rispetto al suo vero lavoro di ricerca che aveva come obiettivo la creazione della vita sintetica. Il primo grosso passo avanti Venter lo fece nel 2003 quando la sua equipe ottenne sinteticamente il virus Phi X 174. Nel 2008 sintetizzò il genoma di un batterio che infetta le vie urinarie, il Mycoplasma genitalium.
Infine nel 2010, Venter annunciò di aver ottenuto la prima cellula batterica sintetica. Venter è ancora infastidito dalle reazioni di alcuni colleghi i quali obiettarono che non aveva creato la vita “dal nulla” in quanto aveva dovuto usare una cellula naturale per “mettere in moto” il genoma artificiale. “Non fanno che ripeterlo, ma cosa significa?”, si chiede Venter che per rispondere ai suoi critici si paragona ad un pasticciere. Il pasticciere che fa una torta con la farina, lo zucchero e le uova viene giudicato dalla bontà del prodotto e non lo si critica perché non è partito dagli atomi e dalle molecole. Inoltre – aggiunge – una volta che la cellula originaria si è riprodotta il discorso dovrebbe finire lì. “Abbiamo utilizzato la vita preesistente solo come ‘messa in moto’ del cromosoma sintetico”, dice. “In quella che chiamiamo cellula sintetica non c’è nemmeno una molecola della originaria forma di vita. Sarebbe come trasformare lei in una rana”.
Venter sostiene che con l’annuncio del 2010 ha dato finalmente risposta all’interrogativo posto dal fisico Erwin Schrodinger nel suo libro di divulgazione scientifica del 1994 – di cui Venter possiede una prima edizione – ‘Cosa è la vita?’. “La vita è il sistema software del DNA”, dice Venter. Tutti gli organismi viventi sono riducibili al DNA e all’apparato cellulare utilizzato per gestirlo. Il software del DNA crea e dirige l’“hardware” della vita che è più visibile ed è rappresentato dalle proteine e dalle cellule. Aver dato risposta a quell’interrogativo, dice Venter, vuol dire che fornendo ad un organismo un nuovo software attraverso la riscrittura del suo genoma, riscriviamo anche il software e quindi la vita stessa. Liquida i suoi critici i quali affermano che per ricreare la vita non basta creare molecole di DNA, accusandoli di una sorta di venerazione sorpassata ed arcaica della vita, cioè a dire di una concezione prescientifica secondo cui esisterebbe un qualcosa di intangibile che colloca la vita in una dimensione diversa dalle altre cose fatte di atomi e molecole.
Sebbene Venter lavori su singole cellule, si dice convinto che il suo procedimento è applicabile anche agli organismi più complessi. “Non sono ancora in grado di spiegarlo, ma come per ogni altra cosala si potrà spiegare a livello molecolare, a livello cellulare ed infine a livello di codifica del DNA”. Un’altra critica molto comune riguardo al suo lavoro del 2010, è quella secondo cui si accusa lo scienziato di “giocare a fare Dio”. Questa critica Venter sembra contento di farla sua. “In senso sia pur limitato con questo esperimento abbiamo dimostrato che Dio non è necessario per creare nuova vita; noi invece lo siamo stati”, scrive.
“Disponiamo oggi di una serie di nuovi strumenti mai esistiti prima che ci permettono di giocare al ‘Creatore’”, dice. L’attuale progetto di Venter, il Convertitore Biologico Digitale (DBC), rappresenta il tentativo di mettere quegli strumenti in una scatola adatta. Il prototipo attuale, che si avvale del sostegno della Darpa, un ente di ricerca del ministero della Difesa degli Stati Uniti, è lungo circa due metri e mezzo e alto 1 metro e 80 cm. “Abbiamo equipe di ricercatori che stanno lavorando per ridurne le dimensioni, per velocizzarlo e renderlo più affidabile”, dice Venter, che immagina il dispositivo – che verrà commercializzato dalla Synthetic Genomics – negli ospedali, nei luoghi di lavoro e nelle case. Un importante test per verificare le capacità del DBC è previsto prima della fine dell’anno.
L’attuale prototipo è in grado di produrre solo DNA, non proteine o cellule viventi, ma anche questo sarebbe sufficiente a rendere il dispositivo molto utile. Alcuni vaccini si ottengono usando solamente molecole di DNA, sottolinea Venter. “In caso di pandemia con la gente che muore e uscire di casa è pericoloso per il contagio, si può scaricare il vaccino da Internet in un paio di secondi”, spiega Venter. Il file digitale arrivando nelle case, negli ospedali, negli uffici permetterebbe di “produrre una siringa con all’interno la dose giusta di vaccino”.
I suoi ricercatori sono convinti che l’attuale prototipo sia già in grado di produrre DNA con una precisione sufficiente a realizzare un vaccino. Venter immagina anche una versione simile ad una stampante del DNA che potrebbe essere un valido aiuto medico. Questo dispositivo potrebbe stampare il DNA che racchiude in codice le sequenze dell’insulina indispensabile per i diabetici. Aggiungendo il DNA ad un kit per sintetizzare le proteine, uno strumento diffusissimo nei laboratori di ricerca di tutto il mondo, si otterrebbe tutto quanto serve per la cura del diabetico. Venter prevede anche che in futuro potrebbero sorgere problemi di resistenza agli antibiotici. Prima della penicillina, in Russia e in altri Paesi dell’Europa orientale era comunissimo curare alcune infezioni mediante l’impiego dei cosiddetti virus batteriofagi che uccidevano il batterio responsabile dell’infezione. Il DBC potrebbe riportare in auge la terapia mediante virus batteriofagi rendendola più efficace. “In futuro in caso di infezione batterica si potrebbe ricavare rapidamente la sequenza del suo genoma – operazione questa che richiede pochi minuti – e in pochissimo tempo si potrebbe progettare un virus batteriofago in grado di aggredire quello specifico batterio”, dice Venter.
“Il DNA diventa il farmaco che uccide il batterio”. Guardando ancora più lontano, Venter pensa che un giorno i DBC possano stampare cellule viventi automatizzando e migliorando il procedimento messo a punto nel 2010. Questo genere di ricerca è già in corso allo scopo di creare quella che Venter definisce “cellula ricevente universale”, una sorta di “tabula rasa” biologica in grado di ricevere qualunque genoma sintetico e di metterlo in moto. “Dobbiamo mettere ancora a punto alcune cose, ma è fattibile”, dice Venter. Ciò consentirebbe di produrre nuove cellule in grado di dare una risposta ad esigenze di tipo terapeutico, alimentare, energetico e idrico. I loro genomi potrebbero essere messi a disposizione di tutti, scaricati e stampati sui DBC in tutto il mondo.
Accanto allo sviluppo del DBC, i collaboratori di Venter stanno anche lavorando ad una macchina chiamata “unità digitale per l’invio della vita” il cui scopo è quello di completare la sua visione di un sistema completo di teletrasporto biologico. Compito dell’unità di invio è quello di effettuare una campionatura a mezzo robot, sequenziare un genoma del campione e generare un file digitale del DNA che possa essere inviato ad una DBC che dovrà ricreare la vita originaria in un altro luogo. E’ un progetto che ha attirato l’interesse della NASA che senza dubbio spera che in futuro sulle navicelle dirette su Marte si possa imbarcare un dispositivo del genere in modo che il genoma di qualunque microbo marziano eventualmente rinvenuto possa essere copiato in forma digitale e inviato sulla Terra.
Al momento non esiste un prototipo di questo dispositivo, ma i ricercatori della JCVI che lavorano nel deserto del Mojave, California, stanno cercando di progettare un robot capace di isolare autonomamente microbi dal terreno e sequenziare il loro DNA. Venter è convinto che con un DBC accoppiato alla “cellula ricevente universale” gli scienziati potrebbero ricreare sulla Terra un organismo marziano in laboratorio. “Pensare che dallo spazio ci arrivino in forma digitale forme di vita aliene che noi ricreiamo in laboratorio, sembra fantascienza, ma potenzialmente è possibile”, dice Venter, il quale aggiunge che questa modalità sarebbe oltretutto molto più economica e meno rischiosa che non portare i campioni sulla Terra con il pericolo di contaminare il nostro pianeta. Venter ritiene che in futuro tutti gli esseri umani che si recheranno su Marte porteranno con se un DBC che consentirà loro di ricevere vaccini, antibiotici e cellule trasformabili in prodotti alimentari.
“La distanza è tale che questo è il solo modo pratico”, spiega. “Il mio amico Elon Musk e altri sono decisi a colonizzare Marte in un futuro non troppo remoto”, dice lasciando cadere con nonchalance il nome del miliardario fondatore di PayPal che è alla testa dell’azienda che produce l’auto elettrica Tesla e di un’altra azienda privata, la SpaceX, che produce razzi. Quando gli chiedo se saremo mai in grado di teletrasportare biologicamente degli esseri umani, Venter è costretto a fare una ammissione. “E’ una cosa che al momento non sono assolutamente in grado di prevedere… Sono due mondi diversi e la scienza appoggia una idea del genere tanto quanto appoggia quella di ricreare Neanderthal servendosi di una donna disponibile”.