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 2013  ottobre 27 Domenica calendario

SVELATA LA «PAGA» DI VESPA ADESSO TOCCA A TUTTI GLI ALTRI


A chi ha a soltanto occhieggiato l’ufficetto, livido, quasi da frate trappista (quello di viale Mazzini, non di Teulada) di Porta a porta, alla notizia che Bruno Vespa guadagni 6 milioni 320 mila euro lordi nei tre anni la prima impressione è che Bruno -diamine- dovrebbe almeno cambiare l’arredo in formica.
La seconda impressione è che la foga stipendista e l’invocazione di Renato Brunetta al dio radiofonico della trasparenza stia avendo i suoi effetti. Brunetta svela che Fabio Fazio guadagno 5,4 miliardi di euro in tre anni? Eccoti che il quotidiano Repubblica subito ribatte, facendo sgusciare dall’apparente blindato ufficio contratti Rai, il cachet di Vespa. Il quale intasca 6,3 milioni, appunto, negli stessi tre anni, spalmandosi non solo durante tutta la settimana, ma pure adoperandosi in prestazioni straordinarie rappresentate da «puntate di Porta a porta oltre la centesima» pagate ognuna 12 mila euro per un surplus di 901 mila euro; e varie ed eventuali, tipo gli «Speciali Elezioni» siano esse elezioni americane, o italiane (entrambe pagate altri 43mila euro), o il Venerdì santo in prima serata (30mila euro in più). Ed ora Viale Mazzini sta rinnovando il contratto di Vespa per un’altra stagione «alle medesime condizioni economiche e normative» - scrive sempre il capo del Personale incitato da Repubblica - «con l’eccezione di una piccola riduzione del compenso unitario per le puntate di Porta a Porta eccedenti la centesima». Evvabè, a parte l’invidia sociale nel commentare la cosa, si potrebbe rimarcare che Vespa, insomma, lavora un po’di più di Fazio che si presenta in video solo due volte alla settimana. E Vespa, con la sua «terza Camera» fa guadagnare la Rai più di quanto costi. Parimenti, occorre, con onestà, ammettere che Che tempo che fa di Fazio porta nella sua fascia attestata su circa il3%di share, l’ascolto all’11- 12%. Il che significa che l’anno scorso il programma ha avuto circa 8 milioni di guadagno, al netto dei ricavi e dei costi industriali; cifra che è scesa a “soli” 5 milioni quest’anno. Il che significa che, da ben undici anni, il programma di Fazio incapsulato accanto alla Littizzetto in 11 anni di programmazione non solo ha salvato Raitre parecchie volte, ma è un valore aggiunto per l’azienda stessa. Piaccia o non piaccia.
La qual cosa - sottolinea la stessa Repubblica - non è però comprovabile con Crozza: «L’artista avrebbe condotto 53 puntate su RaiUno, in prima serata, ognuna di 70 minuti. E produrre ogni singola trasmissione sarebbe costato 475 mila euro, per un esborso totale di 25 milioni 175 mila euro». Il direttore Rai Gubitosi ha affermato che, attraverso specifiche previsioni algoritmiche, con Crozza ci avrebbe guadagnato. Il che non è detto (specie su Raiuno che ha un pubblico non «crozziano»); ma comunque sarebbe sempre buona regola che il cittadino sappia che fine facciano i suoi soldi.
Brunetta, nonostante la ferocia degli attacchi, ha assai ragione nell’evocare contro i diktat alla riservatezza della direzione generale (che invoca la normativa sulle S.p.a.) l’ormai arcinota legge del 2009 e l’attuale Contratto di Servizio che obbligano, sempre, la Rai a rendere pubbliche le entrate di tutti i collaboratori. Ci mancherebbe. Perfino le obiezioni sollevate dalle Autorità garanti della Privacy e dell’Antitrust risultano superate dalla suddetta legge. E, seppur pittoresca e provocatoria, l’idea della Lega - perché, bisogna ammetterlo: da lì nasce - sulla pubblicazione dei compensi nei titoli di coda ha molto di congruo.
Tant’è che, mentre il ministro Saccomanni apre a una possibile privatizzazione, almeno parziale, dell’azienda di Viale Mazzini, la settimana prossima le truppe parlamentari del Carroccio attendono con ansia la nuova formulazione dell’articolo 2 del decreto legge sulla Pubblica amministrazione e il via libera definitivo alla definitiva trasparenza dei compensi, «in linea con le lamentele delle associazioni dei consumatori, riprende il filone del contratto di servizio 2010-2012, rimasto di fatto, finora, lettera morta», spiega il padano Davide Caparini. Insomma, viva Fazio, viva Vespa, viva Brunetta. Viva noi tutti, che potremo sapere in tempo reale quanti soldi mettiamo loro in tasca...