Giordano Bruno Guerri, Il Giornale 27/10/2013, 27 ottobre 2013
TACI, IL NEMICO TI ASCOLTA ( DAI TEMPI DEL FARAONE...)
Oltre agli strumenti - classici quanto efficacissimi - del denaro, del sesso, del traditore, lo spionaggio ha sempre utilizzato gli ultimi ritrovati della tecnologia. Attrezzi che fino a ieri sembravano a disposizione soltanto di 007 nei primi film - dalle microcamere in un anello agli amplificatori di suoni - ora sono a disposizione di tutti, anche a costi accessibili, su internet. Basta andare sul sito www.spionaggio.org per scegliere e acquistare semplici o sofisticatissimi aggeggi atti a scoprire i segreti altrui. A proposito di internet - non a caso creato da, e per, l’esercito americano - sarebbe assurdo pensare che i sistemi spionistici di ogni Paese non se ne valgano per i loro scopi, più o meno nobili, come sarebbe assurdo pensare che non si valgano dei satelliti e di quant’altro per ascoltare le telefonate. I testi di storia fanno risalire ai sumeri, 4000 avanti Cristo, le prime organizzazioni spionistiche statali. Ma possiamo far risalire alla preistoria le prime spiate di tecnologie altrui, quando una tribù voleva sapere come la tribù nemica riuscisse a ottenere armi di pietra così affilate. Il faraone Ramsete II, molti millenni dopo, disponeva di un capo dei servizi di spionaggio e controspionaggio che veniva ufficialmente definito «Gli Occhi e gli Orecchi del Re». Fu uno di loro a inventare i primi rudimentali sistemi di crittografia, ovvero di messaggi in codice. Non riesco a immaginare come fossero, se già i geroglifici sono una bella complicazione. Lo spiega l’ambasciatore Domenico Vecchioni in un libro agile, Spie. Storia degli 007 dall’antichità a oggi , dell’Editoriale Olimpia. (Mentre chi volesse sapere tutto quel che si può sapere sulle spie nostrane, troverà soddisfazione nel saggio di Flavio Vento In silenzio gioite e soffrite. Storia dei servizi segreti italiani dal Risorgimento alla Guerra Fredda , il Saggiatore). L’origine della parola «spia» è controversa: potrebbe derivare dal gotico spahia (esplorazione), ma di certo il termine - così ratto e breve, sibilante e definitivo - rende bene l’idea, come nell’inglese spy.
Spionaggio - o, come dicono quelli che sanno le lingue, Intelligence - è anche far avere al nemico informazioni sbagliate.
Fu così che Temistocle riuscì a sconfiggere per mare i ben più potenti persiani attirandoli negli stretti canali di Salamina. Pure i cartaginesi avevano servizi segreti efficienti, e forse anche per questo i romani avevano una sorta di disprezzo per lo spionaggio, tanto che soltanto con Diocleziano, nel III secolo, venne creato un apposito dipartimento dell’amministrazione imperiale. Caduto l’impero, non per questo cessò lo spionaggio, in Europa, ma lo ritroviamo in grande stile soltanto nella guerra dei Cento anni (di tempo ne avevano) tra Francia e Inghilterra. Il meglio, però, lo dette la Serenissima. Fu esemplare la «guerra degli specchi»: dopo avere sottratto ai lorenesi i segreti di produzione di quel materiale rivoluzionario, i veneziani fecero della fabbricazione di vetri e specchi un’arte e un’industria - da proteggere contro ogni rivale che volesse a sua volta carpirne i segreti.
I veneziani arrivarono a coinvolgere ogni cittadino, di qualsiasi condizione, nella protezione dei segreti della Serenissima (chi sa se lo sapeva chi, durante il fascismo, inventò lo slogan efficace «Taci, il nemico ti ascolta!») e nel carpire quelli degli altri. I veneziani all’estero erano tenuti a informare il governo su quanto di utile avevano visto, o scoperto. La fitta rete di informatori che ne nacque anticipò di secoli l’organizzazione - di funzionari, portinai, cittadini - che il regime fascista avrebbe chiamato Ovra. Tornando indietro, lo spionaggio in senso moderno nasce sotto il regno di Elisabetta la Grande, alla fine del Cinquecento. Era il vero e attuale «secret service», con tanto di maggiore considerazione per la spia.
Scrive Vecchioni, «L’immagine dell’agente segreto (giovani provenienti da prestigiose università, dai migliori ambienti sociali) in Inghilterra continua oggi a essere percepita in maniera molto più positiva che negli altri paesi europei, dove l’agente è visto più come una “spia”, moralmente condannabile, che come un ufficiale al servizio della Patria». James Bond, eroe superpositivo ricompensato dalle donne e dallo Stato, non poteva nascere che lì. Di certo non ha il suo fascino nessuno degli strumenti di cui si lamentano oggi (perché non li hanno loro) tanti leader mondiali. Peccato.