Varie, 29 ottobre 2013
Maratona per Sette – Il 3 novembre si corre la quarantaquattresima edizione della Maratona di New York
Maratona per Sette – Il 3 novembre si corre la quarantaquattresima edizione della Maratona di New York. Iscritti: 48.000. Gli ultimi pettorali a disposizione per i podisti sono stati assegnati con la classica lotteria che si è conclusa a fine giugno. L’edizione del 2012 fu annullata all’ultimo momento a causa dell’uragano Sandy. Per iscriversi alla Maratona di New York quest’anno bisogna versare circa 400 euro. La prima edizione della Maratona di New York si corse il 13 settembre 1970. Percorso: più giri dentro Central Park. Numero concorrenti: 127 (arrivarono al traguardo in 55). Spettatori: poco più di un centinaio. Vincitore: Gary Muhrcke (Stati Uniti). Tempo: 2:31:38. «Il percorso della maratona di New York è quasi tutto in pianura, ma bisogna passare su sette grandi ponti e, dal momento che sono tutti ponti sospesi, la parte centrale resta più alta. Ho già corso tre volte a New York, ma quel leggero salire e scendere l’ho sentito nelle gambe più di quanto mi aspettassi» (Haruki Murakami). La maratona si compie in 42,195 chilometri. Ma non è sempre stato così. Dalla prima edizione di Atene del 1896 fino a quella del 1920 la distanza da percorrere non aveva un valore prestabilito, variò infatti tra i 40 e i 42 chilometri circa, l’importante era che tutti gli atleti gareggiassero alla pari. La distanza che oggi è ufficiale è da attribuirsi alla famiglia reale britannica. Il percorso di 42,195 chilometri fu utilizzato per la prima volta, e poi abbandonato fino al 1924, quando le Olimpiadi si tennero a Londra nel 1908. La famiglia reale chiese e ottenne che la maratona partisse di fronte alle porte del castello di Winsor e che terminasse sulla pista del White City Stadium, dove era stato collocato il palco reale dove sedeva re Edoardo VII. Il più celebre hemerodromos, «uomo capace di correre per un giorno intero»: Fidippide. Corse duecento chilometri in due giorni, da Atene a Sparta, per chiedere l’aiuto degli Spartani nella guerra contro i Persiani. Nel 490 a. C. corse per 42,120 chilometri, da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria dei Greci su Dario, dopodiché morì. Di Agea si dice che nell’Olimpiade del 328 a.C. dopo aver vinto la gara di resistenza continuò a correre per altri 100 chilometri, fino ad Argo, ma nessuno sa quando arrivò. Robert Carey nel 1603 impiegò 60 ore a portare da Londra a Edimburgo, 640 chilometri, la notizia che Elisabetta I era morta. Un’altra volta impiegò 12 giorni per arrivare a piedi in Portogallo e omaggiare lord Essex. Prese anche uno dei primi premi in denaro della storia: 2.000 sterline, quasi un vitalizio per i tempi. Le prime corse organizzate furono affare da servi. I valletti correvano davanti e accanto alle carrozze dei nobili, sgombravano le strade da ostacoli imprevisti, impedivano all’abitacolo di inclinarsi troppo nei tratti accidentati. I ricchi si contendevano i più veloci e robusti. La distanza standard fu fissata in 16 chilometri. Un certo Langham, irlandese, riuscì a coprire 237 chilometri in 42 ore concedendosi anche un paio di pisolini. Nel 1709 un tedesco di 64 anni vinse 100 sterline giurando che avrebbe camminato per 480 chilometri in sei giorni, dentro Hyde Park. Vent’anni dopo un pollivendolo scommise 50 sterline che avrebbe percorso un tratto fissato a Moorfield per almeno 200 volte in 27 ore, e così fece. Michel Bréal, storico e linguista francese, convinse Pierre de Coubertin a inserire nel programma della prima Olimpiade dell’era moderna (1896 ad Atene) anche la maratona, non prima di aver allestito due test di collaudo: il primo il 10 marzo, con 12 atleti al via; il secondo, il 24 marzo, con 38 partecipanti. La gara olimpica parte dal ponte di Maratona alle 14 del 10 aprile 1896; la corrono in 18. Escluso l’italiano Carletto Airoldi, arrivato ad Atene a piedi (dal 28 febbraio al 31 marzo), sull’itinerario Milano, Verona, Trieste, Fiume, Zara, Spalato, Ragusa, poi fino a Patrasso in piroscafo e da lì di nuovo a piedi fino ad Atene (in tutto 1.338 chilometri). Non lo fecero correre perché accusato di professionismo: ha preso soldi alla Milano-Barcellona. Scriverà Airoldi sulla Gazzetta: «Per un giovane che nulla possiede come me, all’infuori del coraggio e che ha quasi la certezza di arrivare primo è un bel dispiacere. Al Comitato feci valere le mie ragioni, dicendo che in Italia lo sport pedestre non è sviluppato abbastanza per poterlo fare di mestiere, e che il denaro che presi a Barcellona fu una regalìa del Municipio». La prima maratona olimpica vinta da Spiridon Louis, 23 anni, greco, portatore d’acqua di professione. Per celebrarlo, un barbiere ateniese gli regalò barba e capelli gratis per tutta la vita. Abebe Bikila, che vinse senza scarpe a Roma ’60, non perché fosse povero, ma perché era abituato così. Vince pure a Tokyo nel 1964, ma con le scarpe. Montecitorio Running Club, che riunisce i deputati di ogni partito che partecipano alla Maratona di New York. Tra questi Maurizio Lupi Lupi che, nell’imminenza della gara, corre venti chilometri ogni giorno, partenza all’alba. Fa una dieta a zona: carne e insalata a pranzo, pasta al pomodoro la sera. Fino a due anni fa deteneva il record parlamentare di percorrenza della maratona, 3,48 ore. Dal 2011 l’uomo da battere è invece il più giovane Sandro Gozi del Pd, con 3,38 ore. L’americano Dean Karnhazes, 50 anni, è l’unico uomo della storia ad aver corso 563 chilometri di fila (tempo impiegato 80 ore e 44 minuti). Dice di aver percorso in tutta la vita 162mila chilometri. Dieta senza bianchi: né zucchero raffinato né farina né grassi idrogenati. «In linea di massima il 40% delle mie calorie quotidiane deriva dai carboidrati, il 30% da proteine e il 30% dai grassi buoni. Con questi pochi accorgimenti è cambiata la composizione del mio corpo». Il 24 luglio 1908 il modenese Dorando Pietri concluse barcollando la maratona alle Olimpiadi di Londra. Tagliò il traguardo con il sostegno del direttore di corsa e del responsabile medico. Fu squalificato malgrado avesse dominato la gara e fosse entrato nello stadio con un vantaggio di nove minuti sullo statunitense Hayes. Arthur Conan Doyle, allora giovane cronista del Daily Mail, commentò: «Questa sconfitta darà al piccolo italiano maggior celebrità di mille vittorie». «Per tanto tempo mi sono addormentato sognando di correre la maratona olimpica, e di vincerla. Realizzai che non era una forma cosi rara di follia solo quando vidi, in un vecchio filmato, il grande poeta Eugenio Montale confessare lo stesso sogno impudico. Anche uno scrittore che ho molto amato, Manlio Cancogni, in un’intervista recente raccontava l’identica fantasia» (Enrico Mentana). Kathrine Switzer è stata la prima donna a correre una maratona. Si è iscritta a Boston, nel 1967, con le iniziali K.V. Switzer e quando l’organizzazione si è accorta di lei, era tardi. Il presidente Jock Semple l’ha raggiunta sulla macchina dei fotografi e l’ha spinta via, lei ha retto, gli altri concorrenti hanno protestato e l’hanno fatta arrivare al traguardo: 4 ore e 20 minuti, anche se il risultato è stato omologato solo nel 1996. Ha avuto cronometri migliori, in carriera ha corso 35 di queste gare e vinto a New York nel 1974. «Sfibrarsi nelle ultramaratone estreme (il deserto va per la maggiore, di sale, sabbia, o ghiaccio) non è impresa eroica, ma un surrogato di attività agonistica da grottesco guinness dei primati. Basta un allenamento da mulo, un pacchetto turistico tutto compreso e il capolavoro è fatto. L’inutile gioco al massacro può compiersi» (lo scrittore Saverio Fattori). Esistono maratone da cento chilometri. La più celebre è forse quella che si corre in giugno sul lago Saroma, nell’Hokkaido, in Giappone. «Rileggo la tabella dove ho segnato i chilometri fatti di corsa. Giugno: 260 chilometri. Luglio: 310 chilometri. Agosto: 350 chilometri. Settembre: 300 chilometri» (Haruki Murakami). Alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 Emil Zatopek vinse 5.000, 10.000 e maratona. Durante quest’ultima gara (che non aveva mai corso) fece qualche domanda agli altri concorrenti. Infatti, non potendo contare sulla propria esperienza, aveva deciso di seguire l’inglese Jim Peters, il più veloce. Al quindicesimo chilometro gli chiese: «Scusa, ma io sono nuovo: va bene il ritmo?». Peters voleva far credere di avere ancora molte energie e gli rispose di no, che era troppo lento. Per un po’ rimasero in silenzio, poi Zatopek andò in fuga con lo svedese Jansson. Ma continuava ad aver paura della sua inesperienza: «Vidi Jansson fermarsi a un rifornimento e succhiarsi una fetta di limone. Io non avevo mai preso niente, né in gara né in allenamento, ma mi dissi che se lo faceva lui, forse si doveva, e che al prossimo rifornimento avrei succhiato due limoni». Intanto Jansson perdeva terreno, Peters era in preda ai crampi, e l’inesperto Zatopek correva in testa chiacchierando con poliziotti, spettatori e ciclisti. Quando arrivò il secondo classificato (Reinaldo Gorno, argentino), lui stava firmando autografi da un pezzo, e gli offrì una fetta d’arancia. «Ogni maratona è una gara unica. È la madre delle corse. Da vivere sempre nel dolore, una corsa che ti cambia la faccia. Per me è stato difficile anche imparare a bere. Devi afferrare la bottiglia portarla alla bocca, deglutire, e tutto mentre devi andare forte» (l’ex primatista mondiale Paul Tergat).