Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 25 Venerdì calendario

PROVE DI RICAMBIO A NORD (DEL CAV)


Il male del Nord si è trasformato in una nebulosa gravida di incognite, malesseri e risentimenti. L’asse che ruotava intorno a Silvio Berlusconi non è più in grado di rappresentare i ceti produttivi che a vent’anni dalla morte della prima repubblica cominciano a sommare i molti padri di cui si sentono orfani. Un brutto segno. Lo spartiacque è sempre lui, Berlusconi, paradossalmente padrone del campo pure in una fase postberlusconiana. Lo dice chiaramente Luigi Amicone, direttore del settimanale Tempi, il giornale di Comunione e Liberazione: «Berlusconi, al netto delle vicende giudiziarie, è ancora l’uomo simbolo del centro-destra: impensabile, almeno per ora, immaginare un nuovo leader».
La difesa del fondatore di Forza Italia è l’unico aspetto conservativo di un’organizzazione che in questi anni ha cercato di affrancarsi dal suo braccio politico. L’ascesa al vertice dello spagnolo Julian Carròn ha accelerato lo smarcamento da Roberto Formigoni, per oltre 17 anni presidente della Regione Lombardia. Conferma Amicone: «Carròn, per sensibilità e cultura, ama lasciare la massima libertà nelle scelte politiche degli suoi seguaci». Ma è come se questa libertà reclamasse nuovi stimoli, manifesti politici, iniziative culturali alle quali lavorano i padri nobili e gli ideologi del movimento, come Giorgio Vittadini e Giancarlo Cesana. Un convegno con il cardinale Camillo Ruini e il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, slittato da ottobre in novembre, dovrebbe gettare le basi di una nuova fase. «L’inizio di una lunga marcia», chiosa il fondatore di Tempi.
Alla ricerca di nuove chiavi interpretative della società italiana sembra anche la Lega Nord, che tallonata dai grillini sulla difesa della Bossi-Fini, cerca di sfondare tra gli elettori delusi da Forza Italia. Il sindaco di Verona Flavio Tosi ha rotto gli indugi e due domeniche fa, a Mantova, ha presentato la fondazione «Ricostruiamo il Paese», con la quale, tra gli applausi di cinquemila fans arrivati da tutto il Nord, ha lanciato la sua corsa alla premiership del centro-destra. Prima tappa del suo tour sarà la Sicilia, dove incontrerà gli imprenditori minacciati dalla mafia. Un leghista che varca il Garigliano non è cosa di tutti i giorni. Tosi minimizza: «Pure i siciliani onesti hanno patito in passato sprechi e malgoverno: la moralizzazione della politica non ha confini geografici. Nord contro Sud è sbagliato». Chiaro il tentativo “pragmatico”, così lo chiama il sindaco, di rubare consensi a Forza Italia e al M5s. Una marcata connotazione territoriale non è più in grado di garantire numeri con i quali si possa aspirare a ruoli di primo piano nella politica nazionale.
Si tratta di slanci che potrebbero far storcere il naso a più di un elettore leghista. Tosi sul post berlusconismo dominato da Berlusconi è scettico. Dice: «Alle prossime politiche i candidati del centro-sinistra a Palazzo Chigi saranno Matteo Renzi o Enrico Letta: il Cavaliere è troppo vecchio per misurarsi con antagonisti tanto più giovani di lui».
Già, le prossime politiche. Per il sindaco di Verona si terranno nel 2015 in coincidenza con le Regionali. Mancano ancora due anni, dilatati a dismisura dai morsi della crisi economica. Ad agitarsi meno di tutti sono i grillini, che tengono le posizioni conquistate in febbraio con il pugno di ferro di Beppe Grillo. La strigliata ai suoi senatori per l’abolizione del reato di clandestinità rende plasticamente quanto la Lega e in centro-destra debbano temere l’avanzata del M5s. I transfughi emiliani, quelli che seguirono Giovanni Favia, il consigliere regionale espulso da Grillo e Casaleggio, citano il libro Il partito di Grillo scritto da Elisabetta Gualmini e Piergiorgio Corbetta: «Prima hanno cannibalizzato l’Idv, poi con la xenofobia hanno dato avvio alle grandi manovre per conquistare l’elettorato leghista». Conferma Ilvo Diamanti, sociologo della politica e studioso della Lega: «Il partito di Bossi e Maroni si è normalizzato. Così la protesta è stata intercettata dai grillini, il primo partito votato dai ceti produttivi e dal quel che è sopravvissuto del popolo delle partite Iva». Ma la protesta grillina sembra la continuazione con altri uomini di una pratica politica a tratti eversiva e a tratti normalizzatrice che dietro di sé ha lasciato non poche macerie.