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 2013  ottobre 25 Venerdì calendario

OPERAZIONE SAN GENNARO


L’EVENTO
Il blindato ha fatto il suo ingresso in via del Corso alle ore 13.30. Tre gazzelle dei carabinieri a precederlo e tre di scorta. In alto, un elicottero a “controllare” il convoglio. Sistemi di sicurezza altissimi per un trasporto speciale. Una manciata di minuti e il cordone armato di agenti ha consegnato la cassa nel cortile di Palazzo Sciarra. Ed è così che - sorvegliato speciale - ieri è arrivato a Roma l’ultimo preziosissimo pezzo del Tesoro di San Gennaro, uscito eccezionalmente dal caveau del Banco di Napoli: la mitra in argento dorato, 3326 diamanti, 164 rubini, 198 smeraldi e 2 granati, creata da Matteo Treglia nel 1713, di cui quest’anno si celebrano i trecento anni dalla realizzazione. Un gioiello che ha svelato di recente un inaspettato retroscena: alcune delle pietre decorative provengono da antiche cave dell’America Latina, tant’è che gli studiosi la considerano «una delle più belle collezioni di smeraldi degli antichi popoli sudamericani esistenti al mondo».

LE MERAVIGLIE
L’ultima “meraviglia” che si è andata ad aggiungere alle altre 69 opere (manufatti di arte orafa accanto a dipinti, arredi sacri) uscite per la prima volta dalle mura partenopee per la mostra “Il Tesoro di Napoli. I Capolavori del Museo di San Gennaro”, dal 30 ottobre al 16 febbraio al Museo Fondazione Roma, nella sede di Palazzo Sciarra. Un evento reso possibile grazie alla sinergia con il Museo del Tesoro di San Gennaro. «La mostra propone una parte rappresentativa del Tesoro di San Gennaro scelta per far comprendere innanzitutto perché e come si sia formato nel corso di sette secoli uno dei più importanti patrimoni artistici del mondo attraverso donazioni di papi, imperatori, re, ma anche di ex-voto popolari», sottolinea il direttore del Museo Paolo Jorio, che ha curato la mostra insieme a Ciro Paolillo, esperto gemmologo e docente di Storia della gioielleria presso La Sapienza. Un viaggio attraverso sette secoli di storia che prende il via quando venne attribuito a San Gennaro un ruolo preminente nella devozione napoletana nel XIV secolo, insieme alla prima liquefazione del sangue documentata durante la processione del 17 agosto 1389. E “valore” è un concetto chiave per il Tesoro, come ha potuto appurare l’équipe di gemmologi guidata da Paolillo che negli ultimi tre anni ha condotto uno studio ravvicinato sui gioielli donati al Santo: «Il Tesoro di San Gennaro ha un valore storico superiore a quello dei Gioielli della Corona d’Inghilterra e dello Zar di Russia». Un tesoro del Santo martire cristiano del III secolo d.C. che si è conservato intatto nei secoli grazie alla Deputazione, l’antica istituzione laica sorta con il voto della città il 13 gennaio 1527.

I DONI DEI POTENTI
Prova somma ne è la «Collana di San Gennaro», in oro, argento, rubini, smeraldi, brillanti, realizzata da Michele Dato nel 1679 su commissione della Deputazione per il busto reliquiario del Santo. Opera che intreccia virtuosismi orafi con la devozione di illustri regnanti che si sono succeduti sul trono di Napoli e d’Italia. Sì perché la collana ha raccolto nei secoli “gioie” donate da personaggi illustri. Ad iniziare questa tradizione fu Carlo III di Borbone nel 1734: alle 14,30 del 10 maggio il nuovo re delle Due Sicilie si presentò sulla porta del Duomo col suo cavallo bianco, e consegnò al tesoriere della Real Cappella una croce con 130 diamanti e rubini del valore di 6750 ducati.

NAPOLEONE
Persino Napoleone che, come racconta il Louvre, aveva il gusto di depredare l’arte italiana, a Napoli non rimase estraneo alla tradizione di San Gennaro. Consigliò al fratello Giuseppe Bonaparte appena nominato re di Napoli nel 1806 di rendere omaggio al Patrono donando al collare una croce di diamanti e smeraldi. E nel gioiello si vede anche un anello in oro, con un grosso brillante antico al centro. Apparteneva a Maria Josè di Savoia: nel 1933, in visita privata al Tesoro si sfilò l’anello dal dito e lo infilò personalmente in una maglia del collare. L’aura del miracolo di San Gennaro è testimoniata dal Reliquiario del sangue, che custodisce le sacre ampolle. E suggestiva è la parata dei “doni dei potenti”, presentati da quadri-ritratto multimediali. Come l’Ostensorio in oro con due angeli di Gioacchino Murat, e quello in oro, ornato da brillanti, rubini e zaffiri di Maria Teresa d’Austria. Tutto per entrare nelle simpatie dei napoletani.
Laura Larcan