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 2013  ottobre 25 Venerdì calendario

LA PICCOLA DI TRE ANNI CHE HA INGANNATO IL VIRUS DELL’AIDS


Non era un miraggio, dunque. Una bambina di tre anni del Mississippi, che aveva contratto l’Aids dalla madre durante la gravidanza, è davvero guarita e non prende più medicine. O quanto meno è in uno stato di remissione della malattia così profondo che non è più possibile rintracciare la presenza del virus nel suo corpo. Se la guarigione è definitiva, e può essere replicata su altri pazienti, è ancora da vedere, ma secondo il «New England Journal of Medicine» la speranza che questo caso ha acceso è reale.
Nel marzo scorso tutti i media americani aveva riportato con grande attenzione questa storia. Una bambina era nata in Mississippi da una madre che non sapeva di essere sieropositva e, quindi, non aveva preso alcuna precauzione per prevenire il contagio. Da tempo, ormai, in questi casi si somministrano le medicine retrovirali alle donne incinte, perché è provato che evitano la trasmissione della malattia ai figli. La donna del Mississippi, però, aveva scoperto di essere infetta solo dopo il parto, quando ormai era troppo tardi per fare qualunque cosa che evitasse il contagio.
I medici che avevano fatto nascere la bambina avevano giudicato la situazione così grave che non avevano nemmeno aspettato le analisi di conferma, praticate di norma in tutte queste situazioni. La vita della piccola era a rischio, da subito, e quindi bisognava intervenire. Una équipe congiunta dello University of Mississippi Medical Center e della University of Massachusetts si era incaricata di gestire la terapia e, dopo appena 30 ore dalla nascita, aveva cominciato a somministrare dosi molto forti di tre farmaci usati in genere per contrastare lo sviluppo dell’Aids negli adulti.
La piccola per fortuna aveva risposto bene. Aveva sopportato la cura massiccia, e questo era già stato interpretato come un segnale incoraggiante. Nel giro di un mese la presenza del virus si era indebolita al punto che non risultava quasi rintracciabile attraverso le analisi.
La terapia era proseguita per 18 mesi, ma, proprio quando i medici sentivano di essere sul punto di ottenere un risultato importante, era successo un imprevisto grave e sorprendente: la madre era sparita. I dottori avevano perso i contatti con lei e nessuno sapeva dove fosse andata a finire la piccola paziente. Le cure, ovviamente, erano cessate e i sanitari che pensavano di averla salvata si erano trovati a considerare la possibilità di averla persa.
Oltre un anno dopo, così come era scomparsa, la mamma si era ripresentata in ospedale. Senza dare troppe spiegazioni, aveva confermato che aveva portato via la bambina e aveva smesso di darle qualunque tipo di medicina.
Terrorizzati, i dottori erano tornati sul caso, facendo le analisi per vedere cosa era successo nel frattempo alla piccola paziente. I risultati li avevano stupiti, quasi più della fuga improvvisa della madre: nel corpo della bambina non c’era alcuna traccia rinvenibile del virus. Niente. Aveva passato circa 18 mesi senza alcuna terapia e la situazione era rimasta stabile, esattamente come quando era sparita.
La storia era emersa sui media, però diversi specialisti l’avevano commentata con scetticismo. Il dubbio principale era che la piccola in realtà non aveva mai contratto veramente il virus, ma era risultata sieropositiva per il contatto con l’utero della madre. I medici allora avevano fatto nuove analisi, con l’aiuto del Johns Hopkins Children’s Center, che sono state pubblicate ora dal «New England Journal of Medicine»: la bambina aveva davvero contratto la malattia e ora risulta davvero guarita.
Il problema ora è ricavare da questa vicenda delle indicazioni trasferibili sugli altri pazienti. Nessuno può dire con certezza se la paziente è definitivamente libera dall’Aids, perché non esistono protocolli sicuri in questo campo: dopo cinque anni senza ricadute, un sopravvissuto al cancro è considerato guarito, ma per il virus dell’Hiv non ci sono conclusioni simili. Finora solo una persona è stata considerata guarita, ma in una situazione molto diversa: si trattava infatti di un adulto della California che aveva subito un trapianto di midollo da un donatore dotato di immunità dalla malattia. Inoltre alcuni esperti sospettano che la paziente potrebbe avere una speciale resistenza al virus o risposta alle cure, che non si può replicare in altri malati.
Secondo Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases e principale autorità americana del settore, «come minimo la bambina è in chiara remissione. E’ possibile che sia stata effettivamente curata, ma non abbiamo la certezza del periodo di cinque anni come nei pazienti di cancro».
Dunque ci vorrà ancora qualche tempo prima di avere la risposta definitiva. Di sicuro però la bambina ha riguadagnato la sua vita, come tanti altri sieropositivi, salvati dai farmaci che frenano la malattia e la rendono cronica. Poi, magari, sapremo se ha davvero aperto la strada per una cura.