Massimo Vincenzi, la Repubblica 25/10/2013, 25 ottobre 2013
SANITÀ, IL DISASTRO DELLA RIFORMA OBAMA IN TILT IL SITO DELLE ASSICURAZIONI MEDICHE
Il comico Jimmy Fallon, una delle star più seguite della televisione americana, dedica all’ormai famigerato sito della riforma della sanità un esilarante monologo, con tanto di riproduzione della homepage in stile videogioco dove il destino del malcapitato che prova a iscriversi è ovviamente nefasto. In studio le risate sono così fragorose che il filmato è virale su YouTube. Ma Barack Obama, che pure è un fan dello show, non deve essersi divertito molto. In queste ore, i collaboratori lo descrivono furioso e avvilito, davanti al disastroso avvio della legge alla quale lui ha affidato il compito di caratterizzare il suo secondo mandato. Dopo mesi di battaglia parlamentare, dopo il via libera della Corte Suprema il primo ottobre doveva essere la data della consacrazione: una copertura assicurativa per tutti, assistenza medica garantita in quella che si annuncia come una rivoluzione per gli Stati Uniti. Invece il sito dove ci si deve registrare è crollato quasi subito dando il via alle polemiche con i Repubblicani che tornano ad attaccare con forza la riforma “più odiata”, quella che li ha spinti nella suicida impresa sul default.
Prima il presidente prova a minimizzare: «Il sito va in tilt perché molta gente ci va, vuol dire che è un successo». Poi l’onda del malumore si alza sopra i livelli di guardia e martedì parla dal Giardino delle Rose ammettendo: «Sono il più frustrato. Siamo già al lavoro per risolvere tutti i problemi e mettere i cittadini nella condizione migliore. Ma la riforma non è solo Internet, ci sono tanti altri aspetti utili che sono già entrati in funzione». Per uscire dal tunnel Obama chiama un team di super esperti guidati dal suo ex consigliere Jeffrey Zients, ma la loro prima diagnosi non è incoraggiante: «Ci vorrà del tempo. I guai sono molti».
Al Congresso, nella commissione Commercio ed Energia, sfilano i manager delle società private alle quali è stato dato l’appalto del sito. Repubblicani e Democratici li attaccano per opposti motivi: «Perché non siamo stati avvisati delle difficoltà? Come è potuto succedere?». I dirigenti provano una difesa, ma l’unico elemento chiaro è che nessuno vuole prendersi la responsabilità: «Non c’è stato il tempo necessario per testare il sito nella sua interezza. Avremmo avuto bisogno di mesi invece avevamo a disposizione solo poche settimane per non costringere la Casa Bianca a far slittare la data prevista. Ma le cose andranno presto meglio: tra metà dicembre i primi di gennaio sarà tutto ok». La Cnn rivela che già nelle prove iniziali il sistema (costato oltre 300milioni di dollari) mostra segni di cedimento. E Time in una sua inchiesta aggiunge che ci sarebbero anche problemi di sicurezza con dati privati finiti online per errore senza alcune protezione.
Nel mirino Kathleen Sebelius, il ministro della Sanità, di cui adesso molti chiedono le dimissioni. Sarà al Congresso nei prossimi giorni e intanto prova a difendersi nelle interviste tv: «Purtroppo devo ammettere che non siamo contenti. E che siamo intervenuti in ritardo nell’affrontare la situazione. Obama non sapeva niente delle difficoltà». Al momento non rischia il posto perché l’ultima cosa che vuole il presidente è riaprire il dibattito sulla legge: conseguenza inevitabile nel caso ci fosse un cambio della guardia. «Sarebbe una mossa politicamente sbagliata sguarnire il ministero adesso», scrive The Politico.
I Repubblicani, spaccati dalla sconfitta sul default, ritrovano un’insperata unità. Alla radio vanno in onda spot che denunciano tutte le inefficienze della legge e a Washington lo speaker della Camera John Boehner cerca la sua personale rivincita: «È nostro dovere vigilare sull’azione dell’esecutivo e la mia impressione è che in questa Obamacare ci siano parecchie cose da controllare e capire. A partire dagli sprechi ai danni dei cittadini. Il sito è solo la punta dell’iceberg». E la minaccia trova conferma in un’analisi del magazine The Atlantic dal titolo: «E se fosse questo il primo, vero scandalo dell’Amministrazione Obama?».