Federico Rampini, la Repubblica 25/10/2013, 25 ottobre 2013
QUEI NOMI PASSATI AGLI 007 DALLA CASA BIANCA ORA OBAMA RISCHIA IL TRATTATO DI LIBERO SCAMBIO
NEW YORK — La Casa Bianca sapeva. Alcuni dei nomi dei 35 leader stranieri spiati li suggeriva proprio lo staff del presidente. Ai tempi di George Bush, è vero. Ma l’imbarazzo per Barack Obama è evidente: sui metodi di spionaggio la continuità fra la sua Amministrazione e quella repubblicana è notevole. La promessa di una svolta, annunciata quest’estate e poi rinnovata dopo il “Merkel-gate”, non è seguita da fatti. Per il secondo giorno consecutivo la conferenza stampa della Casa Bianca deve affrontare lo shock tra gli alleati europei per le nuove rivelazioni sull’attività della National Security Agency (Nsa). «Non commentiamo pubblicamente le singole accuse sullo spionaggio », tenta di tagliare corto Jay Carney, portavoce del presidente. Poi però è costretto ad ammettere che la vicenda «chiaramente sta causando tensioni con i nostri alleati ». Carney ribadisce la promessa fatta da Obama alla Merkel: «Stiamo riesaminando i metodi di raccolta dell’intelligence, per bilanciare le esigenze di sicurezza con quelle della privacy». Ma in che modo avviene questo “riesame”? È una faccenda tutta gestita dagli Stati Uniti? O ci sarà qualche momento di confronto e coinvolgimento degli alleati, almeno quelli della Nato? Di certo non regge più l’alibi dell’anti-terrorismo.
Le rivelazioni ormai riguardano attività di spionaggio su più fronti: per prevenire attacchi di Al Qaeda, certo; ma anche per carpire agli alleati know how tecnologico e industriale; per anticipare le mosse Ue sui negoziati commerciali; o per manipolarli nelle trattative Onu sulle sanzioni all’Iran. La Germania era il sorvegliato numero uno per la sua stazza tecnologica, economica, il suo ruolo leader in Europa. Il Brasile ebbe una posizione- chiave all’epoca delle sanzioni Onu all’Iran. La Francia ha “campioni nazionali” hi-tech. L’Italia una posizione cruciale nel Mediterraneo e dossier bilaterali controversi (basi Usa, F-35). Le rivelazioni del Guardian sull’elenco dei 35 leader mondiali sotto sorveglianza, aggiungono un particolare scottante: nello stabilire quell’elenco di leader la Nsa avrebbe chiesto indicazioni alla Casa Bianca, al Pentagono, e al Dipartimento di Stato. Quindi i nomi dei premier di paesi alleati, potrebbero essere stati suggeriti dagli uffici del presidente. Il documento che è la fonte del Guardian risale al 2006, a metà del secondo mandato di George W. Bush. Obama stava appena cominciando a preparare la sua candidatura alla Casa Bianca. E tuttavia questo sottolinea l’intreccio di responsabilità tra esecutivo e centrali di spionaggio, una concertazione strettissima, altro che “corpi separati”. Un’eredità di cui Obama non si è mai veramente liberato.
Ora quell’eredità può fargli pagare un prezzo altissimo. Su Washington arrivano le bordate di proteste, ritorsioni ventilate in sede europea. Abituati a considerare l’Ue come una “prova d’orchestra” felliniana, gli americani osservano con preoccupazione il bilaterale con cui Angela Merkel e François Hollande mettono a
punto una posizione comune: «Inaccettabile lo spionaggio tra nazioni amiche, tra alleati ci vuole fiducia». Per Obama la posta in gioco è alta: ha puntato molto sul nuovo patto di liberoscambio transatlantico, che dovrebbe contribuire al rilancio della crescita. E che ora viene evocata come un possibile oggetto delle ritorsioni europee.
Che la crisi sia seria, lo conferma un ex collaboratore di Hillary Clinton, attualmente a Berlino. Ben Scott è un osservatore autorevole, ha lavorato a fianco dell’ex segretario di Stato e forse futura presidente degli Stati Uniti. Scott osserva allarmato «la divaricazione tra le aspettative americane e quelle europee in materia di pratiche appropriate nell’intelligencee nello spionaggio all’estero». Dà ragione alla Merkel, sul fatto che «intercettare il telefono di un leader internazionale non è una decisione che si possa prendere a cuor leggero, le conseguenze sono enormi se si viene scoperti ». L’ex consigliere di Hillary Clinton invoca un accordo transatlantico per risolvere questa crisi: «Se gli alleati della Nato possono andare in guerra insieme, certamente possono anche decidere di non spiarsi gli uni gli altri». E infine esorta al realismo: «Tutto ciò che le tecnologie rendono possibile, l’intelligence lo farà. A meno che si creino degli ostacoli giuridici insormontabili”.
L’autodifesa americana viene da ambienti vicini alla Nsa che osservano: così fan tutti. Lasciano trapelare che perfino nel Merkel-gate ci sarebbe uno zampino tedesco: la stessa “gola profonda” Edward Snowden nelle sue rivelazioni a Der Spiegel aveva spiegato che i servizi segreti Bnd della Germania «vanno a letto» con la Nsa. Viene citato a Washington l’ex capo dei servizi segreti francesi, Bernard Squarcini, il quale ha dichiarato al Figaro: «Sono sconcertato da tanta ingenuità. Forse i politici non leggono i rapporti che gli mandiamo. Ciascuna nazione spia anche i propri alleati. Gli americani spiano noi, e noi facciamo altrettanto ». Nel caso degli Stati Uniti però c’è un evidente sproporzione di forze, di mezzi tecnologici in campo, rispetto agli alleati europei. C’è anche un’ipertrofia del Grande Fratello americano, cresciuto in modo smisurato dall’11 settembre 2001. La riforma di Obama in parte è affidata a un uomo che fu scelto da Bush, il Director of National Intelligence, il 72enne generale della U. S. Air Force James Clapper. Il quale dovrebbe mettere ordine in un coacervo di 16 agenzie federali di spionaggio, ciascuna gelosa dei propri poteri. «Un incubo burocratico», lo definisce David Ignatius sul Washington Post.
E intanto la destra intima a Obama di non chiedere scusa a nessuno. «Il vero pericolo — tuona un editoriale del Wall Street Journal — è che passi la linea Greenwald-Snowden secondo cui la difesa dell’America è una minaccia per la libertà mondiale. La peggiore minaccia per la libertà degli americani o dei francesi, sarebbe se queste rivelazioni provocassero lo smantellamento della Nsa, in un mondo sempre più pericoloso».