Maurizio Ricci, la Repubblica 25/10/2013, 25 ottobre 2013
DAI DRONI SPIONI AGLI SCONTRI TRA ROBOT LE CAUSE IMPOSSIBILI DEGLI AVVOCATI DEL FUTURO
Ehi! Quel robot mi ha dato uno spintone!». «Brigadiere! Quel drone mi sta seguendo! ». Magari, il robot vi ha fatto cadere e vi siete ammaccati un fianco. Oppure, il drone vi era stato messo alle costole da vostro marito, poco convinto delle riunioni fino a tardi in ufficio e incline, piuttosto, a pensare che vi eravate rifugiate in un motel con quell’aitante collega. Ma, così, non è stata lesa la vostra privacy? E chi è responsabile di quello che fa il robot? Presto, potreste trovarvi a fare al vostro avvocato domande inedite: possiamo fare causa? E in base a quali leggi? Robot, droni e altre meraviglie tecnologiche assortite sono, da tempo, pane quotidiano della fantascienza, ma raramente gli scrittori si sono preoccupati di indagare le conseguenze legali della loro fantasia. Eppure, proprietà, contratti, diritti personali, responsabilità civili o penali saranno il tessuto connettivo della società, domani, come oggi. C’è una giurisprudenza prossima ventura da inventare. E anche in fretta. Sulle strade, assicurano le case automobilistiche, stanno per sbarcare le macchine senza guidatore, con il software al volante: ma chi gli ha dato la patente?
Non è la prima volta che la tecnologia fa saltare i presupposti di regole e legislazioni, faticosamente sedimentati e consolidati in decenni e anche secoli di prassi e applicazioni. Per un po’, nell’800, chi guidava un’automobile doveva preoccuparsi di mandare avanti qualcuno, che sventolasse una bandiera per avvertire del suo arrivo. Ancora all’inizio del ‘900, in America, i diritti di proprietà andavano dalla superficie al sottosuolo, ma anche, in alto, verso il cielo. Ogni volta che si levavano in volo, in altre parole, gli aerei violavano in serie i confini di proprietà private. Tribunali e leggi hanno dovuto adeguarsi in fretta e furia. Molti pensano che situazioni simili si stiano oggi moltiplicando. Ne è convinta una nutrita pattuglia di avvocati e giuristi di varie parti del mondo, riuniti nel Gikii (da “geek law”, come chiamano questa giurisprudenza, prendendo a prestito il termine americano per i sapientoni della tecnologia). Ne discutono insieme una volta l’anno. Le presentazioni (alcune sono consultabili sul sito gikii.org) sono quasi sempre paradossali e scherzose, ma spesso mordono problemi veri. Sono stati loro, in fondo, già nel 2007, quando Facebook era ancora in fasce, i primi ad indicare, per i social network, il problema di una violazione della privacy, che sarebbe esploso anni dopo.
Adesso, il tema più caldo è quello delle auto (e, presto, i camion) senza guidatore. Se una vi viene addosso, è sempre, e comunque, colpa dell’autorobot? Al Gikii non ne sono convinti e hanno rispolverato una giurisprudenza polverosa e dimenticata: quella sui cavalli. In fondo, come i robot, anche i cavalli sono autonomi e, a loro modo, intelligenti. Fino ad un po’ più di un secolo fa, gli incidenti che coinvolgevano i cavalli erano abbastanza comu ni. Ma, non sempre, se un cavallo vi calpestava, la colpa era attribuita al quadrupede e al suo proprietario. Ad esempio, se facevate la sciocchezza di avvicinarvi ad un cavallo da dietro e quello scalciava, la colpa era vostra. Analogamente, se vi sedete sul cofano di una macchina senza guidatore e quella, d’improvviso, si mette in moto e parte, perché il proprietario l’ha chiamata, siete voi che siete stati incauti. Non è escluso che lo stesso principio si possa applicare anche a chi attraversa, o no, sulle strisce.
L’idea di un bilanciamento vale anche più in generale, per i robot. Se il robot netturbino segue un percorso prefissato e ben indicato e voi vi mettete in mezzo, non potete protestare se vi spinge. Se il robot giardiniere del vostro vicino impazzisce e, andando di cesoie, taglia non solo la siepe del vicino, ma anche la vostra (e, si spera, solo quella), la responsabilità, probabilmente, è, in prima battuta, del vicino. Ma valgono le stesse regole che si applicano davanti ad un cane mordace: tenevate il cancello chiuso? Nel caso del robot, il confine di proprietà era avvertibile dai sensori del robot? Il problema legale più intricato, tuttavia, ha notato il New Scientist, riferendo del Gikii, è probabilmente a monte, fra il proprietario del robot e il suo produttore. L’errore di funzionamento, infatti, può essere dovuto ad un difetto di fabbricazione. Ma anche di manutenzione. In futuro, chi compra un robot dovrà firmare anche un impegno nuovo di zecca, quando si tratta di macchine. Dovrà garantire una effettiva manutenzione, a cominciare dal regolare aggiornamento del software del robot. In qualche modo, torniamo ai cani e ai cavalli che il proprietario, per stornare responsabilità, deve tenere in condizioni che non li rendano pericolosi.
Intanto, i robot sono dietro l’angolo, ma i droni sono già qui. Le piccole spie volanti, ormai, possono intercettare anche telefonate e sms. Alla riunione di quest’anno del Gikii, a Bournemouth, però, Lachlan Urquhart, dell’università di Nottingham non ha parlato di quelli pubblici, in mano a polizia e magistratura (più i servizi). Si è concentrato su quelli privati, che, presto, affolleranno i cieli. L’analogia con le telecamere a circuito chiuso di una banca o di un supermercato non vale. Quella sta ferma, siete voi che entrate nel suo raggio d’azione. Il drone, invece, vi segue, anche fin nel giardino di casa (e, da fuori, ascolta le vostre telefonate). Di privacy non resta neanche un brandello. Le varie legislazioni prevedono una serie di limiti, ma, ad esempio, in Gran Bretagna, un drone può tranquillamente trasmettere quello che state facendo nel giardino di casa. Basta che lo faccia in diretta, senza una registrazione permanente. Un buco legislativo che, probabilmente, non può essere sanato con un obbligo di trasparenza, come quando un sito web vi annuncia che vi sta piazzando dei cookies addosso. Altrimenti, chi vi spia può cavarsela con un semplice: «Un bel sorriso! Sopra la vostra testa, un drone vi sta riprendendo».