Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 23 Mercoledì calendario

QUELL’ULTIMO, MALEDETTO, GIRO DI GIOSTRA: STORIA DI MORITZ, CHE VOLEVA ESSERE MERAVIGLIOSO, MA È MORTO DI SUPER LAVORO


Da piccolo, Moritz Erhardt faceva fatica ad addormentarsi. Il padre, Hans-Georg, ricorda perfettamente il giorno della nascita del figlio, il 3 ottobre 1991, uno dei momenti più felici della sua vita. Tuttavia, tornati a casa dalla clinica, a lui e alla moglie Ulrike fu subito chiaro che il bambino non riusciva a rilassarsi. Soffriva, come il padre, di una forma di dermatite.
«La prima cosa che mi aveva colpito era che, quando lo mettevo a letto, si appisolava tenendo un occhio aperto: io restavo accanto alla culla e lui, con quell’occhietto, sembrava controllare che fossi ancora lì», ricorda Hans-Georg.
Negli anni, il rapporto tra Moritz e il sonno rimane fonte di preoccupazione. Bello e brillante, il ragazzo si butta a capofitto nello studio e nella vita sociale con eguale intensità. Ha tanti flirt e tanti amici. Il padre, psicoanalista e life coach, più volte lo mette in guardia sul rischio di bruciare le tappe ma, si sa, quando si è giovani, i consigli dei genitori entrano da un orecchio ed escono dall’altro.
Di certo gli studi non ne soffrono. Dopo il liceo, scarta la London School of Economics per la più accessibile WHU-Otto Beisheim School of Management a Vallendar, in Germania (il corso era finanziato in parte dallo Stato e in parte da una borsa di studio). Frequenta quindi un trimestre alla University of Michigan nell’ambito di un programma di scambio. A Vallendar, valuta di dedicarsi anche a qualche esperienza nel volontariato.
«Non era interessato solo al denaro», racconta Hans-Georg, cinquantadue anni, in questa che è la sua prima intervista a un giornale. «Voleva fare qualcosa di buono per gli altri. Mentre riordinavo le sue cose ho trovato un appunto con una citazione di Marilyn Monroe: “Non voglio fare soldi, voglio essere meravigliosa”».

MORITZ ERA AVIDO di esperienze. Si propone quindi per vari stage nel mondo della finanza d’impresa, tra cui alcuni presso KPMG, Morgan Stanley e Deutsche Bank. A luglio di quest’anno si trasferisce a Londra da Staufen per uno stage di sette settimane alla Bank of America Merrill Lynch, con una retribuzione di seimila sterline. Un ambiente molto competitivo: deve sbaragliare 1.500 candidati per ottenere uno dei due posti disponibili alla divisione di Investment Banking. L’orario è massacrante, lavorare tutta la notte è quasi un rito di iniziazione.
Ad agosto, si avvicina per lui la fine dello stage. Si è dimostrato così in gamba che la banca è pronta, dopo la laurea, a offrirgli l’assunzione a tempo indeterminato con un compenso annuo di 45.000 sterline come analista finanziario.
Ma lui non lo sa. Per mostrarsi all’altezza delle aspettative, lavora per tre notti di fila. Durante quelle settantadue ore, lascia l’ufficio solo una volta, verso le cinque del mattino, per andare in taxi al suo appartamento per fare una doccia veloce. Nell’ambiente della finanza, questo estenuante tour de force è chiamato The MAgic Roundabout, «la giostra magica»: all’alba, il taxista attende sotto casa il cliente che si fa la doccia, si cambia la camicia e salta di nuovo in auto per tornare in ufficio.
Giovedì 15 agosto Moritz viene ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre entra nel suo appartamento a Claredale House, dove alloggiano centinaia di stagisti della City durante l’estate. Da lì non è mai più uscito.
Al lavoro Moritz è benvoluto da tutti, e i colleghi sperano che abbia deciso di riposarsi un po’. Ma alle due del pomeriggio, manca una riunione importante. L’inquietudine sale. Verso sera, un collega lancia l’allarme. Il suo corpo viene ritrovato verso le 20.30, accasciato sul piatto della doccia, i rubinetti ancora aperti. Ha 21 anni.

A QUELL’ORA, A STAUFEN, i genitori stanno già dormendo. Solo alle 6.30 vengono svegliati da qualcuno che bussa alla porta. Ulrike si precipita ad aprire e si ritrova davanti due poliziotti. «Ha capito subito che cosa era successo», racconta Hans-Georg, «negli ultimi tempi era molto preoccupata per Moritz».
Nei giorni precedenti la tragedia, infatti, la madre aveva notato che le email da Londra arrivavano tra le cinque e le sei del mattino. Il figlio, in passato, aveva già sofferto di piccole crisi di epilessia, e per questo era sotto trattamento medico. Nonostante i risultati dell’autopsia non siano ancora noti, Hans-Georg ha una sua idea di che cosa possa essere accaduto: «La mancanza di sonno ha provocato una crisi, poi uno svenimento e il conseguente annegamento sotto l’acqua corrente». Quando parla, si sente nella sua voce lo sfinimento di un padre costretto a sopportare un evento tragicamente innaturale come quello di sopravvivere al figlio.
La famiglia ha raggiunto Londra la settimana successiva per l’addio. All’arrivo, è stato loro suggerito di non vedere il corpo del ragazzo. «Ci hanno detto che era rimasto a lungo sotto l’acqua e che i suoi lineamenti erano molto cambiati». racconta con voce affranta.
Prima che arrivassero i genitori, il personale della Claredale House ha riassettato la camera dello stagista, mettendo a posto le sue poche cose (un orologio, un cellulare, un notebook e un laptop). Moritz era un ragazzo disordinato e, per il padre, quell’improvviso ordine è stato uno shock: «Apprezzo la gentilezza di chi ha fatto il lavoro per noi. Ma quella che ho visto non era più la stanza di mio figlio», racconta.
Nonostante l’immenso dolore, Hans-Georg non prova rancore verso la Bank of America Merrill Lynch, che ha peraltro già annunciato una revisione delle procedure di lavoro. Non ce l’ha con loro per non aver colto in tempo eventuali segnali d’allarme. L’unica rabbia che potrebbe provare sarebbe nei confronti di Moritz, per il fatto di non essersi preso cura di sé.
Il padre pensa che ciò che il figlio amava di più di quel lavoro fossero proprio i ritmi intensi e lo spirito di squadra tra colleghi durante i giorni e le lunghe notti passate insieme in ufficio. Paragona quella sensazione alla scarica di endorfine tipica dei fondisti o degli alpinisti che spingono al limite le loro energie per raggiungere la meta. La banca non stava sfruttando suo figlio, insiste. Era Moritz, invece, che stava portando al limite se stesso. Ma in un mondo così frenetico, dove la concorrenza per un posto di lavoro è diventata ancora più aggressiva dopo la crisi finanziaria e la successiva ondata di licenziamenti nella City, l’ambizione di un giovane dovrebbe essere monitorata. Un ventunenne motivato farebbe qualsiasi cosa pur di avere successo. Avrebbe dovuto essere informato che il 61% dei laureati ottiene un posto di lavoro nell’azienda in cui ha seguito uno stage. A ventun anni è difficile essere consapevoli dei propri limiti: la vita ruota attorno al costante tentativo di metterli alla prova.

CHIEDOAL PADRE se pensa che si dovrebbe fare di più affinché le grandi corporation garantiscano una maggiore attenzione verso i loro dipendenti, e se non ritenga necessario modificare questa cultura che giustifica gli stage con orari massacranti. «Credo che sia nell’interesse di Merrill Lynch far sì che tragedie come questa non accadano più. E spero che il governo britannico avvii subito una revisione degli orari e delle leggi sul lavoro». In Germania, tutti hanno diritto a una pausa tra turni, dal camionista al chirurgo, e forse anche per questo lo stage fatto dal figlio nel 2012 alla KPMG di Francoforte è stato meno faticoso: «Anche allora ha lavorato molto, ma non tanto quanto a Londra».
Questa morte prematura ha attirato l’attenzione mondiale sugli stage presso alcuni dei grandi istituti finanziari della City. Circolano storie di studenti così stanchi da non riuscire a parlare e men che mai a rispettare le scadenze. Alla Merrill Lynch, un’intera notte di lavoro è un segno di distinzione, quasi un onore: alcuni stagisti arrivano al punto di farsi la doccia nella palestra dell’edificio anziché tornare a casa. E pare si dia per scontato che gli stagisti rimangano in ufficio più a lungo dei colleghi anziani, spesso a fare lavori di bassa manovalanza, come le presentazioni in PowerPoint e la compilazione dei fogli di calcolo in Excel. La divisione Investment Banking è famosa per i ritmi molto duri. La media è quattro ore di sonno a notte. «Non si ha vita sociale», ammette un ex stagista. «Se uno va a casa alle undici di sera, lo prendono in giro dicendo che ha “gettato la spugna”. Tutto questo senza alcuna garanzia di ottenere un posto».

DI RECENTE, UNO STAGISTA VENTUNESSE presso una banca d’affari è stato pagato ottomila sterline per tre mesi. Durante quel periodo, poiché viveva a casa dei genitori, è riuscito a spenderne solo duecento. «Lavorava sempre, non aveva tempo di spendere quel che guadagnava», racconta un amico. Tutti gli stagisti con cui parlo vogliono rimanere anonimi e la maggior parte di loro non mi dice nulla di interessante. Alcuni sono ancora scossi dalla notizia, altri temono di mettere in pericolo le loro future prospettive di carriera. Molti sottolineano che, nonostante gli orari sfiancanti, amano i periodi di lavoro frenetico nel cuore della finanza londinese. E poi ci sono svariati lati positivi, molti dei quali erano apprezzati anche da Moritz: cocktail party, cene, auto aziendali... Chiedo al padre se, col senno di poi, avrebbe preferito che il figlio avesse tatto una scelta diversa, come rimanere a casa e fare una tranquilla vacanza anziché volare a Londra in cerca di lavoro. «Niente affatto», ribatte. «Non avrei mai potuto permetterlo, era ciò che desiderava e gli piaceva».
Ulrike Erhardt parla del figlio come di un «vero tesoro». Le mandava lunghissime email in cui le esprimeva il suo amore. In una, datata 8 maggio 2011, il giovane scrive: «Mammina, ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sei la persona più bella e fantastica che io abbia mai incontrato».
Moritz, racconta il padre, «sprigionava luce». Con la sua leggerezza allentava tutte le tensioni. I genitori non erano sposati quando Ulrike si accorse di essere incinta. È questo il motivo per cui lui e la sorella portano il cognome della madre e non quello del padre (Dieterle). La coppia si è sposata dopo la nascita del primogenito. «Ha messo insieme le persone», continua Hans-Georg. «Compresi i suoi genitori».
«Moritz aveva un sacco di amici e se nel gruppo c’era qualcuno che se ne stava un po’ in disparte si prendeva cura di lui e gli dava una mano a integrarsi. È difficile trovare le parole giuste. Credo che potrei definirlo carisma. Era ambizioso, ma anche allegro. Era una persona speciale».
Non posso fare a meno di dirgli che la famiglia deve essere orgogliosa di lui. Hans-Georg annuisce. «Sì, ma soprattutto sono orgoglioso perché moltissime persone gli vogliono bene». Chiede all’interprete di assicurarsi che io abbia compreso il suo uso deliberato del tempo presente.

CON IL SUO QUASI UNO E NOVANTA di altezza e un fisico atletico, Moritz amava lo sport. Racconta Winfried Sturm, suo professore di ginnastica al liceo, che durante l’ultimo anno, agli studenti venne chiesto di completare la frase «La vita è...». Moritz scrisse: «La vita è troppo breve per sprecarla».
Un amico di famiglia era convinto che Moritz avesse tutte le carte in regola per diventare, un giorno, cancelliere della Germania. Le ambizioni del padre per il figlio erano molto più modeste. Citando la famosa canzone Father And Son di Cat Stevens, mi dice che gli sarebbe piaciuto che «si fosse trovato una ragazza e si fosse sistemato». Ma, purtroppo, questo sarà impossibile.
Nelle settimane successive a questa improvvisa e terribile morte, Hans-Georg ha avuto molto tempo per rimuginare. A volte, di notte, lo sogna sulla soglia di casa. Ripensa alla loro ultima conversazione, quando assieme alla moglie lo aveva accompagnato all’aeroporto per prendere il volo per Londra. Nella mattinata c’era stata una discussione di poco conto, qualcosa che aveva a che fare con la valigia, o con il modo in cui la stava facendo. Durante l’estate il padre aveva sofferto un po’ di depressione e si sentiva in colpa per quell’addio con qualcosa in sospeso.
«L’ho abbracciato forte per salutarlo, e avevo una strana sensazione. Forse era preoccupazione, forse altro. Forse era un misto di rimorso per la mia depressione e per non essere stato in grado di trascorrere più tempo con lui». Si interrompe un attimo per proseguire: «Ma era lui che capiva meglio di tutti la situazione». Hans-Georg non ha più rivisto il figlio. «In un certo modo, è stato lui a riportarmi alla vita. Quando mi è stata comunicata la notizia, mi sono reso conto che non poteva succedere nient’altro. Mia moglie non è riuscita a fare nulla per giorni. Io sono stato costretto a prendere in mano la situazione e organizzare le faccende più urgenti».

LA COSA PIÙ DIFFICILE da gestire per la famiglia, continua il padre, è stata l’attenzione dei media. Le foto del figlio sono state copiate e incollate dai social network e divulgate sui giornali nel Regno Unito, in Germania e negli Stati Uniti. Un articolo apparso su un sito tedesco ha scatenato un fiume di commenti al vetriolo da parte di un utente anonimo, il quale augurava la morte al maggior numero possibile di bancari come Moritz. Sono arrivati al punto di equiparare il giovane stagista a un ufficiale delle SS per la passione dimostrata per il lavoro. Altri hanno sostenuto che il modello di riferimento fosse Gordon Gekko, il personaggio impersonato da Michael Douglas nel film Wall Street del 1987, il cui motto era «L’avidità è giusta». A supporto di tale abbinamento, in Rete è apparsa una foto che lo ritraeva in abito scuro gessato, bretelle rosse e capelli con il gel. «Era vestilo per una festa in maschera», precisa il padre scuotendo la testa. «Aveva scelto il personaggio di Gordon Gekko, ma era uno scherzo».
Non è la prima volta che Hans-Georg e Ulrike hanno la certezza che il figlio sia stato frainteso. A questo proposito, è stato più volte citato un curriculum scritto per il social network Seelio. «Sono cresciuto in una famiglia che da me si aspettava l’eccellenza. Per questo sono molto competitivo e ambizioso di natura. Nell’ultimo anno ho imparato che il compiacimento di sé genera la paralisi», e aveva poi aggiunto un lungo elenco di attività. Quando chiedo una spiegazione al proposito, Hans-Georg sorride. «Credo che volesse solo fare dell’ironia. Quando era alla University of Michigan ha dovuto preparare una presentazione su Seelio e ha reinterpretato la sua biografia».
«Ora voglio sapere», continua Hans-Georg. «Perché lui? Perché non io?». A questo tipo di domande, purtroppo, non c’è risposta.

(Traduzione di Saulo Bianco)