Dagospia 22/10/2013 (Alfio Caruso - Estratto dal capitolo 14 Un secolo azzurro ed. Longanesi), 22 ottobre 2013
DIAVOLO DI UN CAV – MA QUALE MILAN! SE BERLUSCONI NON HA PRESO L’INTER È STATO SOLO PER I RIFIUTI DI FRAIZZOLI
In campionato (’78-’79) al Milan basta gestire il vantaggio accumulato alla fine del girone di andata. Gli resta in scia il Perugia, ma il sagace presidente degli umbri, Franco D’Attoma, è consapevole di non possedere i mezzi e le conoscenze per eccedere nei sogni. Il traguardo diventa allora chiudere imbattuti e entrare in tal modo nella storia calcistica. La sorpresa matura tra le squadre impegnate a evitare la retrocessione. Malgrado la riconferma di Rossi, il Vicenza non ripete l’exploit della stagione precedente.
A dieci giornate dalla fine veleggia a metà classifica. All’improvviso la situazione precipita. La squadra di Fabbri non riesce più a vincere: colleziona quattro sconfitte e cinque pareggi. All’ultima giornata va in casa dell’Atalanta anch’essa coinvolta nella lotta per la permanenza. La vittoria dei bergamaschi sancisce la condanna di entrambe: si salva il Bologna per la miglior differenza reti. Fondamentale lo 0-0 a San Siro contro il Milan troppo impegnato a festeggiare lo scudetto per ricordarsi di vincere.
Farina denuncia un complotto contro di lui. Ovviamente non ha prove, ancora non sono venuti di moda i <>, ai quali addossare qualsiasi responsabilità, quindi lascia intendere che sia stata la vendetta di Boniperti per lo sgarbo di avergli strappato Rossi alle buste. La retrocessione del Vicenza apre il problema di Paolino, che non vuol saperne di giocare in serie B. Per meno di 5 miliardi Farina non intende cederlo. A poterselo consentire sono pochissime società, ma nessuna pare intenzionata a un tale esborso.
L’unico disponibile è un imprenditore al di fuori del sistema, Silvio Berlusconi. Dall’edilizia è felicemente trasbordato all’emittenza televisiva, ha messo un piede nel Giornale e ora vorrebbe metterlo nel Milan, antico amore di gioventù. E’ stato compagno di collegio con Colombo, un pomeriggio di maggio gli spaparanza sulla scrivania dell’ufficio di via Turati cinque libretti al portatore da un miliardo l’uno. Vai a comprare Rossi, gli dice con uno di quei sorrisi in panavision, che diventeranno il marchio del personaggio. In cambio, chiede di fare il socio di minoranza.
Memore della spregiudicatezza di Silvio già famosa ai tempi del collegio, Colombo respinge l’offerta. Non vuole esporsi alla sventagliata di polemiche, che accompagnerebbe una simile trattativa, non vuole mettersi alle costole un socio, che finirebbe con il mangiargli in testa.
...La sosta natalizia (1980) permette di accogliere l’invito dell’Uruguay: un torneo tra i vincitori del mondiale per festeggiare i cinquant’anni della edizione inaugurale organizzata a Montevideo. Si tratta di una manovra propagandistica della dittatura militare appena sconfitta, contro ogni previsione, nel referendum che avrebbe dovuto consolidarla.
Sull’esempio dell’Argentina i generali confidano nella forza dell’evento sportivo per ricevere una legittimazione internazionale, malgrado il regime sanguinario e le indiscriminate persecuzioni degli avversari politici. Accettano di partecipare Brasile, Argentina, Italia e Germania Ovest. Rifiuta l’Inghilterra per la forte opposizione dell’opinione pubblica. Al suo posto è invitata l’Olanda. I diritti televisivi vengono a sorpresa rilevati da una misteriosa società panamense, che li offre all’Eurovisione per un milione e mezzo di dollari. La controproposta è di 750 mila dollari. Nella trattativa s’inserisce Berlusconi, la cui Fininvest è proprietaria delle tre principali emittenti private, Canale 5, Italia 1, Retequattro.
Berlusconi è ai primi passi nella costruzione dell’impero mediatico, tuttavia è abissalmente avanti agli altri. Intuisce che il <>, così gli uruguaiani l’hanno chiamato, può offrire un’enorme cassa di risonanza al suo gruppo e favorire la raccolta pubblicitaria, della quale ha assoluto bisogno. Rilancia perciò fino a 900 mila dollari (circa due milioni e mezzo di euro) e in quarantott’ore mette a segno il gran colpo.
Berlusconi ha rotto lo strapotere della Rai allo stesso modo in cui la marcia dei quarantamila quadri e impiegati della Fiat ha rotto in ottobre a Torino lo strapotere dei sindacati e messo fine all’occupazione della fabbrica automobilistica. La Rai difende la propria scelta con il costo altissimo dell’evento: ognuna delle sette partite è stata pagata circa 130 mila dollari, 150 milioni di lire, mentre per il mondiale in Argentina ogni partita prezzava 20 milioni di lire. Il novello Signore delle Antenne ha però un problema: per trasmettere abbisogna del satellite, gestito in Italia da Telespazio.
Costei l’ha concesso alla tv di Stato con l’eccezione dell’emittente del Vaticano, Telepace, che lo utilizza la domenica per diffondere l’Angelus del Pontefice in Sud America. Berlusconi è già iscritto alla misteriosa loggia massonica P2, vanta amici potenti nei giornali e diversi onorevoli a libro paga. Sulla stampa si scatena la protesta contro la pretesa della Rai di non far vedere il <> agli italiani.
La Rai accetta di concedere l’uso del satellite, ma le partite potranno andare in diretta nella sola Lombardia; nel resto della Penisola dovranno accontentarsi della differita. In cambio la Rai ottiene l’esclusiva delle gare degli azzurri. A Berlusconi va già bene così: tutti hanno parlato di lui e delle sue televisioni, per di più ricava una montagna di soldi dalla pubblicità e dalla cessione dei diritti alle Nazioni interessate.
A carte scoperte, si può intravedere la tela di ragno stesa intorno alla manifestazione dalla P2 (Propaganda 2), la loggia massonica, più o meno coperta, risalente alla fine dell’Ottocento: già allora vi risultavano iscritti pezzi importanti del Regno. E pure nella sua filiazione gestita da Umberto Ortolani, la mente, e Licio Gelli, il braccio, abbondano burocrati altolocati, generali, ammiragli, ministri, politici, industriali, finanzieri, giornalisti, editori, spioni. Gelli possiede diverse proprietà in Uruguay e una villa nell’elitario quartiere di Carrasco.
Lui e Ortolani sono intrecciati in diversi affari sia con la dittatura uruguaiana, sia con quella argentina: uno dei suoi massimi esponenti, l’ammiraglio Emilio Eduardo Massera fa parte, assieme ad altri colleghi, della loggia segreta. Oltre Berlusconi alla P2 sono affiliati il direttore del Corriere della Sera, Franco Di Bella, il proprietario della casa editrice, Angelo Rizzoli, l’amministratore delegato, Bruno Tassan Din. Forse non è un caso se il grande giornale milanese non dà risalto al documento di protesta contro il regime di Montevideo firmato da quarantuno tecnici e giocatori.
Ci si ricorda, allora, degli articoli entusiastici apparsi nel Corriere durante il mondiale del ’78 e si comprende perché un giornalista con la schiena dritta come Enzo Biagi avesse rifiutato di andare a Buenos Aires. A benedire il <> è anche Franchi. Ha fatto opera di persuasione con Sordillo e ottenuto per l’Italia un ingaggio di 130 milioni (poco meno di 300 mila euro). Fra qualche mese pure il nome di Franchi comparirà nelle liste degli appartenenti alla P2 e la sua smentita non convincerà.
... Nell’aprile ’86 pure l’evento destinato a incidere sugli sviluppi del Paese è orientato da un tribunale, stavolta quello milanese. Riguarda il Milan e la perigliosa navigazione, cui l’ha sottoposto la presidenza di Farina. Giussy avrebbe anche buone idee, ma gli difettano i soldi e per tener dietro alle aspirazioni del tifo rossonero ne servono in discreta quantità. Sommerso dai debiti, circa 10 miliardi (11 milioni di euro), si è dovuto dimettere, poi è partito per il Sud America. A ventiquattr’ore dal fallimento l’intervento di Berlusconi risolve l’intricata successione, nella quale è rispuntato il petroliere Dino Armani, già interessatosi dieci anni prima. Il Milan costa a Berlusconi circa 15 miliardi, ma il vulcanico Silvio inquadra l’investimento nella creazione del personaggio carismatico, capace in seguito di trionfare in politica. La televisione gli serve per costruire il consenso, il calcio per affermarsi trasversalmente come dirigente e imprenditore di successo. Sono questi calcoli che gli fanno superare le antiche riserve scaturite da una seduta spiritica dedicata proprio alla società rossonera: alla parola Milan erano stati predetti lacrime e sangue.
Dopo sei anni di pene infinite, i sostenitori del Diavolo inneggiano al novello Messia. Neppure il crollo della squadra, un punto nelle ultime cinque giornate, e la conseguente esclusione dalle coppe scalfiscono l’enorme bagaglio di fiducia. E poco importa che nel ’72 e nell’82 Berlusconi non sia diventato presidente dell’Inter soltanto per il rifiuto di Fraizzoli alle ricche offerte d’acquisto. Un po’ meno euforici appaiono Sordillo e Carraro. Li preoccupa l’eccessiva vicinanza di Berlusconi a Craxi. I due hanno già dovuto fronteggiarlo quando aveva tentato di soffiare i diritti televisivi del calcio alla Rai, ora paventano nuovi attacchi alla diligenza. Neppure immaginano di quanto Berlusconi abbia alzato l’obiettivo delle proprie mire.